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CNI – La Frontiera, 2004
John B. Arnold
Logorythms


1. Punishment Square 7:17
2. Impressionist Techno 4:17
3. Metropolitan Techno 4:20
4. Access Denied 3:17
5. Interval 1 2:35
6. Nu House 6:29
7. Techno 2 3:40
8. Static 3:01
9. The Second Thing 2:12
10. Slow Motion 4:30
11. The Evolution Theory 5:15
12. Interval 2 1:40
13. Interval dB 2:00
14. Delirium 3:55

John B. Arnold - electronic drums, acoustic drums (#13), piano (#1,2,7,14), samples (#1,5,6,9,11,12.14), keyboards (#6,10,11,14), keyboard arr. (#3), sequencers (#4)
Uri Caine - piano
(#1,5,6,12)
Jason Moran - piano
(#3,4)
Stefano Sastro - piano
(#8,10,11)
Gary Thomas - tenor sax
(#1,3,4), flute (#6)
Dave Binney - alto sax
(#1,7,11,13,14)
Daniele Tittarell - alto sax
(#2,10)
Massimo Urbani - alto sax sample
(#11)
Tim Lefebvre - upright bass
(#2,7,11,13)
Reggie Washington - upright bass and electric bass
(#14)
Matthew Garrison - upright and electric bass
(#14)
Marc Abrams - upright bass
(#10)
Carolyn Leonhart - voice




"Questo progetto è la naturale conseguenza della mia attrazione per la musica come un tutto, non solo per un genere particolare", scrive John B. Arnold nelle note del suo Logorythms. Certo, ascoltando Logorythms, nessuno mai si azzarderebbe ad attribuirgli un genere specifico, tuttavia da qualche parte bisogna pur cominciare per poter apprezzare il lavoro musicale di Arnold. Pur non volendo cadere in generiche e facili etichettature, quantomeno è necessario individuare la specificità e la qualità di Logorythms rispetto alle ormai numerose operazioni di contaminazione tra jazz e musica elettronica. Prima di tutto, a scanso di equivoci, Logorythms non appartiene a quelle pubblicazioni jazz che, ricorrendo all'ausilio dell'elettronica, così presumono di essere "al passo coi tempi", ma in effetti l'aggiunta di bit risulta spesso estrinseca e forzata: "contaminazione" non è il risultato di una semplice addizione e la traccia d'apertura, Punishment Square, lo dimostra esemplarmente.

Nonostante Arnold sia nipote di Hoagy Carmichael, autore di celeberrimi standard quali Stardust, Georgia On My Mind, Skylark e nonostante, tra New York e Roma, possa vantare prestigiose collaborazioni (Chet Baker, Lee Konitz, Massimo Urbani, Enrico Pieranunzi, John Abercrombie, Kenny Garrett, John Patitucci, tra gli altri), di Logorythms si apprezza come sia proprio la musica elettronica (dance, techno, drum&bass) a costituirne il tessuto sonoro. Forse, in quanto batterista, Arnold ha una naturale sensibilità per il linguaggio dei beats, sia pure elettronici: non è un caso quindi che, sempre nelle note del cd, ci tenga a precisare che il 95% del suono delle batterie (elettronica soprattutto) sia live, senza programming e senza trucchi, ma effettivamente suonato. Tuttavia, che Ladybird sia suonato live non può certo bastare a incuriosire un appassionato di jazz – che comunque, nel giudicarlo, ne dovrà considerare la scelta stilistica "di confine". Il jazz è piuttosto nelle note degli strumenti e nelle improvvisazioni degli affermati musicisti chiamati da Arnold a collaborare al suo progetto. Nomi di gran prestigio, ma soprattutto jazzisti che con i linguaggi dell'elettronica hanno una certa familiarità; basti citare i pianisti Uri Caine e Jason Moran. Musicisti, inoltre, che provengono dal free, a ribadire come un linguaggio radicale dell'improvvisazione abbia meno imbarazzi a seguire i "battiti" dell'elettronica. Anche i sax di Gary Thomas, Dave Binney e Daniele Tittarelli riescono ad entrare in sintonia con una musica elettronica che Arnold cerca di sperimentare nei suoi diversi stili. E funziona bene anche il sample di un assolo di Massimo Urbani in chiusura di The Evolution Theory.

Logorythms è un lavoro sicuramente pensato a fondo, ricercato e raffinato; Arnold dimostra di conoscere bene la musica elettronica, compreso il rischio di una certa mono-tonia in cui a volte incorre: l'improvvisazione jazz innerva in brani quali Metropolitan Techno, Slow Motion, The Evolution Theory quel "carattere" che consente anche di diversificare i pezzi tra loro, non disdegnando affatto il ricorso a dei temi, che riescono a lasciare tracce nella memoria dell'ascoltatore. È una formula che funziona quella di Logorythms, ma aspettiamo la seconda prova di tale sperimentazione, per capire se Arnold sarà in grado di non cadere nella ripetitività in cui sono già incorse operazioni affini.
Dario Gentili per Jazzitalia







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Data pubblicazione: 26/11/2005

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