Che dire di un cd in buona parte votato ad una sorta di sperimentazione
delle possibilità espressive della chitarra elettrica filtrata attraverso una serie
di diavolerie elettroniche applicate allo strumento stesso o aggiunte in sede di
missaggio e di completamento del lavoro?
Il chitarrista Gary Lucas e Gérald Zbinden si muovono su
questo versante con un nuovo lavoro dove in alcuni brani aggiungono le percussioni
di Marcel Papaux. Un lavoro che a parte qualche richiamo alla memoria Hendrixiana
lascia sostanzialmente indifferenti, insensibili alle note votate sfrenatamente
ad una timbrica distorta in continua oscillazione tra musica elettronica e avanguardia,
una attività di decostruzione più che di costruzione sonora indirizzata verso una
ricerca che trova in perfetta sintonia i due chitarristi.
Non si discutono in questo caso le abilità tecniche e i presupposti artistici
che avranno ispirato l'opera ma da ascoltatori abbiamo atteso pazienti e invano
che arrivasse un passaggio più umano o comunque capace di sollecitare il nostro
interesse all'opera ma è accaduto poche volte in tutte le undici tracce di cui si
compone il cd. Non vogliamo per questo sconsigliarvene l'ascolto ma mettervi in
guardia o comunque rendervi partecipi di ciò che noi non siamo riusciti a percepire
all'ascolto di un'opera un po' troppo plastica, tecnica, un po' troppo oltre il
lecito, per soli specifici appassionati o addetti ai lavori. Che non sia stato un
incidente di percorso nel vano ed tentativo di stupire con la tecnica dimenticando
per strada l'anima?
Da musicisti come Gary Lucas ci si può e ci si deve aspettare di
più perché non abbiamo dimenticato i suoi trascorsi accanto a nomi come Captain
Beefheart o Leonard Bernstein.
Giuseppe Mavilla per Jazzitalia
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Data pubblicazione: 28/06/2009
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