Solo andando a consultare la sua biografia artistica – canta dal 1969 – ci si rende conto di quanto Linda Sharrock possa essere considerata precorritrice di un certo modo di cantare, di articolare, di interpretare, un'estetica costituita da sonorità graffiate incastonate in ambientazioni incredibilmente confidenziali. Confessions, sua nuova pubblicazione discografica, si apre con una Sometimes I feel like a Motherless child cantata "a cappella" che mette l'ascoltatore spalle a muro, riducendolo al silenzio e all'immobilità, con le vocalità chiare e profonde, asciutte e senza riverbero, gutturali, rotte, che protendono all'introspezione, implodono, in un'atmosfera immanente sofferta che resta pure con l'inserimento degli strumenti, il piano di Stephan Oliva ed il contrabbasso di Claude Tchamitchian, ad incorniciare in modo minimale la voce della protagonista, centro catalizzante di tutto.
Già questo incipit sottolinea come a distanza di più di sette anni dall'ultima sua release ("Dream Weaver" con
Michel Godard e Wolfgang Puschnig, per la Hopi francese) la Sharrock sia rientrata con la procace passionalità di sempre e grinta persino rinnovata, allo stesso modo in cui rinnovate sono le densità espressive,
sintomatiche di una personalità artistica ormai matura, rispetto al cd "Black Woman" (Vortex, 1969) con l'allora marito
Sonny Sharrock (ricordate l'assolo di chitarra nel milesiano "Tribute to Jack Johnson"? Peccato che purtroppo il nome non figuri nei "credits"!) o ai suoi "Paradise" (Water, 1975) e "Linda Sharrock & The Three Man Band" (Moers Music, 1994).
Ad accompagnarla nel secondo brano, Goodbye, il contrabbasso viene cameristicamente – ed intimamente – accarezzato dall'archetto, a dar vita a lancinanti stridori che fendono le rarefatte sonosfere create dagli unisono fra piano e recitato canoro.
Una veste più "acoustic-pop", disegnata dal giro armonico, è invece riservata a You didn't know me, con triadi del contrabbasso e penetrante spazialità vocale della
Sharrock, estesa su richiami rhythm'n'blues, stemperati dalle elastiche note di passaggio del contrabbasso e dalle quinte del piano. Struggente e cerebrale il motivo che Oliva suona a supporto dell'intenso testo di Sable, (parole della Sharrock, musica di Tchamitchian) squarciata dai poderosi accenti del contrabbasso, vividi ed in primo piano, e da alcune studiate – ma mai artefatte – incertezze nel canto della leader, che creano ancora maggior tensione.
Dopo l'introduzione in combinazione piano/contrabbasso in Ooh Boy, è la corposità della cantante che si unisce all'unisono con il contrabbasso ad affascinarci con i suoi pacati vocalizzi di chiusura, sul giro di coda – quasi un loop – della ferrata ritmica, dove si percepisce tangibile l'assoluta duttilità dello strumento vocale.
Mentre Prayer tende più ad atmosfere da moderna musica cameristica, anche se la bellezza del pezzo potrebbe lasciare interdetti gli ascoltatori meno disponibili alle aperture extra-jazzistiche, sinuosa ed ancora ricca di riflessi interiori è Clair Obscur, le cui modulazioni sono indiscutibilmente jazz, tanto quanto la struttura melodica, il cui tempo rallentato, largo, si adatta perfettamente al delicato percorso sonoro tracciato dall'intero cd.
Pedale di piano e contrabbasso che ruota attorno all'armonia lirica di Suddenly, sensuali i bisbigli della
vocalist, toccante il fraseggio pulito e disteso di Tchamitchian al contrabbasso, cui si sussegue il tocco limpido e cadenzato di Oliva… escursioni finali giocate tutte sulle sillabe appena sussurrate dalla diafana voce dell'eccezionale interprete. Infine, You said you love me, un prezioso connubio – questa volta totalmente pianoless – fra le suggestioni canore ed il cantabile contrabbasso, introduzione quasi danzante, poi un giro di funky-blues sul quale la Sharrock si produce non tanto in virtuosistiche evoluzioni in estensione, quanto proprio in intensità d'interpretazione ed espressività.
E la raccolta poesia assorbita nel corso dell'ascolto spiega il titolo dell'intero lavoro, Confessions: calde dichiarazioni d'intimità che creano un rapporto di complicità tale che risulterà difficile sfuggire ad un secondo ascolto. Magari sfogliando le splendide fotografie che costituiscono il libretto a custodia dell'involucro cartonato del cd, contrassegno ormai distintivo di questa linea della Quinton, come del resto il buon livello della musica proposta dall'etichetta svizzera.
Antonio Terzo per Jazzitalia