Il 12 luglio del 1995 mentre armonizzavo al pianoforte alcuni modi della scala maggiore (in particolare il dorico, il misolidio e il lidio) a parti strette (per la gioia delle mie orecchie!) mi lamentavo di non poter fare altrettanto sulla chitarra nonostante i numerosi tentativi - tutti rovinosamente falliti, dati gli oggettivi limiti d'estensione della mano umana - e siccome oltretutto compongo prevalentemente al pianoforte e le mie composizioni sono spesso e volentieri caratterizzate da armonie con voci disposte in maniera molto stretta, quel giorno cominciai a "scordare" la chitarra, o meglio, a modificarne l'accordatura in vari modi, basandomi sui voicings che solitamente prediligo al pianoforte, per esplorare la possibilità di eseguirli alla chitarra. Questo esperimento ha prodotto due risultati: il primo è l'accordatura
DAEGAB (Re, La, Mi, Sol, La, Si nell'ordine progressivo dalla sesta alla prima corda); il secondo è stato il definitivo abbandono da parte mia dell'accordatura tradizionale
EADGBE (Mi, La, Re, Sol, Si, Mi). In questo modo ho
voluto afferrare la possibilità di esprimermi alla chitarra in un linguaggio
armonico che fino ad allora era facilmente padroneggiabile soltanto al
pianoforte (oppure componendo "a tavolino" ad esempio per una sezione di fiati);
un linguaggio caratterizzato da voicings molto "ampi" (fino a sei voci) ma
densi, spesso contenenti intervalli di seconda (fino a tre simultaneamente)
senza più essere costretto a "sfoltire" eccessivamente il tessuto armonico
usando prevalentemente triadi o bicordi per poter sottintendere accordi ad alta
densità armonica (anche se ciò può essere fatto, magari per scelta, come
dimostra Bill Frisell in modo meraviglioso, essenziale e
poetico). Ma rimane pur sempre una scelta dettata dai limiti dello strumento
accordato tradizionalmente.
Vorrei proporre questa mia dispensa introduttiva all'accordatura DAEGAB a quei chitarristi, principianti o meno, amanti delle armonie a parti strette ma frustrati dal fatto che la chitarra corrisponda poco questo loro amore armonico, costringendoli a fare il passo più lungo della... mano sinistra.
L'accordatura tradizionale ha indubbiamente una personalità armonica molto forte e distintiva, fatta di accordi ad intervalli molto dilatati... però, dopotutto, non è che una questione di gusti e probabilmente per quei chitarristi che hanno predilezioni armoniche simili alle mie, la DAEGAB non verrà considerata come un'accordatura "aperta" da utilizzare saltuariamente per brani specifici, ma piuttosto come uno "strumento armonico" definitivo. So che Robert Fripp
ha già da tempo fatto una scelta simile alla mia, accordando la sua chitarra (se
non erro) per quinte.
Su questa falsariga mi auguro si possa arrivare ad un giorno in cui la chitarra "parli" tante lingue armoniche e melodiche quanti sono i chitarristi!! Beh, forse qui ho esagerato un po'! Ma mi auguro lo stesso che un giorno (possibilmente non troppo lontano) possa diventare "normale" la circolazione di molte differenti accordature per chitarra adottate definitivamente da altrettanti chitarristi, secondo le esigenze armonico-espressive di ognuno di loro... e che dire poi di due o più chitarristi che suonano insieme usando accordature diverse tra loro? Direi che questo è un futuro possibile per la chitarra... anzi... auspicabile!
Ecco dunque un piccolo "assaggio" di alcune possibilità offerte dall'accordatura DAEGAB; una semplice serie di esempi dimostrativi che precede la pubblicazione di un testo, al quale sto tuttora lavorando, molto più approfondito, ampio e completo sull'argomento, sperando nel frattempo che ciò possa interessare un certo numero di chitarristi, indipendentemente dallo stile musicale nel quale si esprimono.
Scalatura delle corde ed impostazione generale della chitarra:
Ho ideato tre "mute" di corde ideali: una leggera, una media ed una "heavy" che purtroppo vanno composte con corde "sfuse": (personalmente mi sono fatto fare un po' di mute "fuoriserie" dalla Dogal.
Leggera:.011;.012;.013;.018;.036;.046
Media: .013;.014;.015;.020;.038;.048
Heavy:
.015;.016;.017;.022;.040;.050
Naturalmente quella che suona meglio è la "heavy" ma è anche molto dura sotto le dita.
Sarà meglio dare una nuova regolata all'assetto dello strumento (truss rod, action etc.) per adeguarlo ad un tiraggio delle corde di intensità e distribuzione dei pesi diverse rispetto all'accordatura tradizionale.
A prima vista: cosa cambia e cosa rimane:
Due cose rimangono invariate: la terza e la quinta corda presentano rispettivamente lo stesso Sol e lo stesso La dell'accordatura tradizionale; abbiamo anche lo stesso Si ma nella prima corda anziché nella tradizionale seconda; c'è anche un intervallo di ottava tra La e La (seconda e quinta corda) anziché quello di due ottave tra Mi e Mi (prima e sesta corda); il Mi cantino ed il Re scendono di un'ottava rispetto alla loro altezza nell'accordatura tradizionale.
Come avrete notato, le note rimangono sostanzialmente le stesse ma disposte (quattro su sei) in maniera diversa, il che cambia molte cose (se non proprio tutto) ma rende abbastanza agevole l'individuazione delle note sulla tastiera dello strumento a quei chitarristi che molto avevano lavorato in questo senso sulla chitarra accordata tradizionalmente.
Notate bene anche quell'intervallo di quarta giusta tra la quarta e la seconda corda e quello di terza maggiore tra la terza e la prima corda: è bene approfittarne, dal momento che le dita del chitarrista abituato all'accordatura tradizionale hanno una memoria "inconscia" che potrebbe saltar fuori anche se questi ultimi due intervalli non sono più eseguibili su corde adiacenti.
In sintesi, questa accordatura offre la possibilità di eseguire armonie a parti strette, magari sottolineate da una "Tyneriana" quinta nei bassi.
Dal punto di vista melodico, sulle prime quattro corde
si trovano a portata di mano gli arpeggi, gli unisoni, gli intervalli di seconda
e può anche essere eseguito un intervallo di ottava (tra la quarta e la prima
corda) nello spazio di sei tasti; mentre sulle ultime tre corde sono eseguibili
intervalli ancora più distanti rispetto a quelli ottenibili sulla chitarra
accordata normalmente (ad esempio un intervallo di dodicesima, tra sesta e
quarta corda, nello spazio di sei tasti). L'intervallo più ampio che possa
essere raggiunto, tra sesta e prima corda nello spazio di sei tasti, è quello di
sedicesima.
La facile esecuzione degli unisoni all'interno degli accordi permette alla chitarra di suonare un po' come un liuto (con una sorta di effetto chorus naturale e parziale) mentre, dal punto di vista melodico, rende molto agevole e naturale il frequente impiego di note ribattute (magari leggermente sfasate fra di loro) alla maniera dei sassofonisti piuttosto che dei pianisti.
La successione degli intervalli (dal Re basso in poi) è la seguente: quinta giusta; quinta giusta; terza minore; seconda maggiore e seconda maggiore. In questa maniera la chitarra suonata con le corde a vuoto può dare l'impressione di una mini-arpa a sei corde, tantoché a volte mi diverto ad eseguirvi alcune melodie tradizionali per Koto giapponese.
Trovo, e concludo, che questa accordatura fornisca anche un valido strumento di composizione alternativo sia al pianoforte che alla chitarra normalmente accordata.
Note istruttive per l'esecuzione alla chitarra:
- Un numero romano, posto sul pentagramma alla sinistra dell'accordo, identifica la posizione del dito indice sulla tastiera. Ad esempio VIII = ottava posizione o, se si preferisce, ottavo tasto.
- I numeri arabi posti sul pentagramma accanto ad ogni singola nota rappresentano la diteggiatura (con la mano sinistra) dell'accordo: 1 = indice; 2 = medio; 3 = anulare; 4 = mignolo. Quando uno stesso numero si trova accanto a più note, significa che dobbiamo ricorrere al barré (nel caso ad esempio di più numeri "1" il barré va eseguito con l'indice. Quando accanto ad una nota appare uno zero, quella nota non va diteggiata ma suonata sulla corda a vuoto.
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Data ultima modifica: 08/12/2004
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