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The Manhattan Transfer Bari,TeatroTeam - 24 febbraio 2003 di Marco Losavio
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Tim
Hauser,
Janis
Siegel,
Cheryl
Bentyne,
Alan
Paul - vocals
Yaron Gershovsky -
piano
Wayne Johnson -
guitar
Steve
Hass - drums
Richie Goods -
bass
Sandro Deidda - tenor
and soprano sax
Quando il concerto inizia c'è grande fermento da parte di tutti.
C'è il pubblico delle grandi occasioni tra cui molti musicisti baresi
sicuramente attratti dal desiderio di vedere ed ascoltare qualcosa di unico.
Appena si spengono le luci arrivano subito inaspettate, anche per me che avevo a
disposizione la scaletta, dritte nello stomaco, le 7 fatidiche
note che scandiscono l'inconfondibile
Birdland
(Extensions, 1979). L'emozione comincia a farsi
sentire perchè non si può non aver mai ascoltato questo brano almeno una volta e
il desiderio di vederlo eseguire si sta per trasformare in realtà. Eccoli entrare
Tim, Janis, Cheryl e Alan che affrontano quello che è uno dei loro cavalli
di battaglia più famosi. Siamo un po' frastornati ma la perfezione vocale è
disarmante. Cantano Birdland con una naturalezza tale da non mostrare il
minimo indugio: sono all'unisono
su ogni obbligato, ogni accento ritmico è perfettamente colto. Insomma,
un'esecuzione da manuale. Al termine di questo brano il pubblico era già in
visibilio. Non c'è dubbio, la versione originale strumentale dei Weather Report
e quella vocale dei Manhattan Transfer rimarranno uniche e
ineguagliabili.
Dopo questo
inizio da shock, è la volta di
Route 66
(Bop Doo Wop, 1983). Swing
morbido, spazzole, voci compatte e armonizzate perfettamente. E' solo un
preludio ad un'altra grandissima esecuzione: si tratta di
A Tisket, A Tasket
(Swing, 1997),
brano reso famosissimo da Ella Fitzgerald. Ad un certo punto Janis
Siegel si cimenta in un solo che riproduce il suono di una tromba con
sordina con una fedeltà incredibile. Al termine del suo solo il pubblico
ringrazia con un grosso e meritatissimo applauso. Bravissima.
Ancora
swing con King Porter
Stomp, omaggio a
Benny Goodman, in cui Janis si ripete in un altro solo. Da Benny
Goodman a Count Basie con
To You
(Vocalese, 1985) eseguita piano e voci. Il brano è composto da Thad
Jones, con parole di Jon Hendricks, ed è ispirato alla versione
tratta da "First Time! The Count Meets The Duke" di Count Basie e Duke
Ellington. L'esecuzione è ancora una volta impeccabile con le quettro voci
incastrate ottimamente come una sezione di sax.
Giusto il tempo di rilassarsi un po', perchè il brano seguente è un
omaggio a Charlie Christian e Benny Goodman: si tratta di
Airmail Special
(Swing, 1997). Qui la tecnica del vocalese è utilizzata al massimo
con un metronomo altissimo.
E' la volta di
Cheryl Bentyne che rimane sola sul palco per una performance un po' funky
e un po' r&b molto gradita dal pubblico. Cheryl mostra una grinta e
una carica notevoli e si produce in un bel duetto col sax soprano, unico
strumento che riesce a raggiungere la sua voce! Il soprano in questione è di
Sandro Deidda che li ha egregiamente accompagnati per tutte e quattro le
date del tour italiano.
Dopo Cheryl entra Alan Paul che propone un suo blues. E' un vero
dominatore del palco, si muove elegantemente e duetta con i vari musicisti tra
cui Wayne Johnson alla chitarra e ancora Deidda , questa volta
al tenore.
Il
quartetto si ricompone e ripercorre ancora brani storici del repertorio come
Java Jive,
That Cat is High
(entrambi da The Manhattan Transfer, 1975) eseguita in duo chitarra e
voci, e Ray's Rock
House (Vocalese,
1985). Un altro momento di altissimo livello è stato segnato dall'esecuzione di
Four brothers
(Pastiche, 1976) di Jimmy Giuffrè, eseguita soprattutto da
Woody Herman. Sono questi i brani in cui i Manhattan
Transfer diventano irrangiungibili, le quattro voci si rincorrono, si supportano, cavalcano il ritmo
e l'armonia come i delfini sulle onde. Sicuri, naturali, 4
voci che diventano una sola in un'armonizzazione perfetta. Grande esecuzione!
Non è certo finita
qui: si prosegue con
Tuxedo Junction
(The Manhattan Transfer,
1975), omaggio a Glenn Miller in cui Janise ci fa riascoltare la
tromba a-la Armstrong duettando con la voce di Tim.
Ancora due esibizioni solitarie. La prima è di Janis Siegel che chiama
il batterista (solo col rullante) e il chitarrista (con chitarra classica)
per un bell'arrangiamento bossa di
Tea for Two
in cui ci sono anche
molti cambi ritmici. Wayne Johnson ha accompagnato per tutto il pezzo
in modo impeccabile seguendo come un'ombra l'eccellente
Janis
in tutte le sue evoluzioni.
L'ultimo ad esibirsi in solo è Tim che propone un blues in cui il pubblico scandisce il ritmo con
le mani. Esperienza da vendere, gran trascinatore.
Al
rientro dei suoi compagni, iniziano
Operator
(The Manhattan Transfer, 1975) a cappella supportati sempre dalle mani
del pubblico finchè la band si unisce in uno shuffle pieno di atmosfera
anni '50. Sandro Deidda
si mette in evidenza con un altro bel solo. Stessa atmosfera per
Trickle Trickle
(Extensions, 1979) che porta il pubblico ad una vera e propria apoteosi.
Anche loro sono visibilmente soddisfatti della serata e sembrano non avvertire
la stanchezza di più di un'ora e mezza di musica continua, tanto da invitare il
pubblico a ballare su
Boy from New York City
(Mecca from Moderns, 1981) in cui Janis si distingue ancora in modo
particolare.
Arriva
come ultimo brano previsto quello che è diventato di fatto il più grande
successo dei Manhattan Transfer:
Soul food to Go
(Brazil, 1986) di Djavan.
Il pubblico a questo punto canta all'unisono e i volti della gente sono
realmente entusiasti.
Il bis è reclamato a gran voce per ben due volte:
magistrale la versione di
Embraceable You. E' davvero finita, tra
applausi scroscianti.
All'inizio del
concerto Tim Hauser, sopreso dal clima rigido, ha detto che non credeva
che ci fosse l'inverno anche qui da noi e devo dire che all'interno del
TeatroTeam non ce ne siamo accorti perchè c'era il calore delle loro voci,
della loro musica, e di un pubblico che ha contraccambiato degnamente
un'esibizione di assoluto livello artistico. I
Manhattan Transfer sono il gruppo vocale più famoso della storia e non so
se mai ci sarà qualcuno in grado di superarli nel loro genere. Purtroppo, e
questa è una constatazione che non si può non fare, il repertorio, basato sui
grandi successi del gruppo, delinea come l'apice raggiunto negli anni ottanta
non è stato poi adeguatamente supportato dalle major e da progetti degni di
questi artisti. Loro rimangono comunque grandi e l'emozione ricevuta in questo
concerto è stata notevole: averli visti cantare, dominare il palco sempre gioiosi
e sorridenti, donare al pubblico tutti loro stessi, è senza dubbio un'esperienza
che rimarrà nei ricordi di tutti e un esempio di amore vero per la musica.
Con piacere
abbiamo visto Sandro Deidda ben integrato in questa band capitanata dal
fedelissimo pianista
Yaron Gershovsky
, dal chitarrista
Wayne Johnson, ottimo
supporter, e dai giovani
Steve
Hass alla batteria e
Richie Goods
al basso.
Un ultima cosa: abbiamo avuto
anche il piacere di intervistarli prima del concerto. Disponibilissimi e
cordiali, abbiamo parlato di vari aspetti interessanti legati alla loro musica.
Fai click qui per leggere
l'intervista.
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Data pubblicazione: 02/03/2003
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