INTERVISTA SU "RITMO" Dicembre 1997
Chitarrista dal
suono limpido e dal fraseggio ricco di drive, Sergio Coppotelli sa
alternare momenti di slancio e destrezza risolutiva con frangenti di armonioso e
rigoglioso, ben miniato lirismo. Ancora oggi, dopo tante esperienze musicali
vissute nell'arco di 50 anni, possiamo apprezzare il suo feeling, il suo senso
del blues, il suo swing. La parola ora passa a Sergio, che passo passo ce le
racconta...
RITMO:
Sergio, come li sei avvicinato
al jazz in tempi tanto lontani?
S.C.:
il mio incontro con il jazz è stato occasionale fu mio zio che un giorno mi
invitò ad ascoltare dei militari inglesi e americani che si riunivano per
suonare. Per me fu un colpo di fulmine, e da allora il jazz non mi ha più
lasciato.
RITMO:
Parlaci della tua attività
musicale nell'immediato dopoguerra e negli anni '50 e '60...
S.C.:
Già nella seconda metà degli anni
'40
ho l'opportunità di conoscere due
musicisti allora emergenti del jazz romano:
Carletto Loffredo e Umberto Cesari,
con cui appena diciassettenne formai un trio. In quel periodo, a Roma, c'era un
bel fermento musicale: si ascoltavano e si analizzavano insieme i dischi
dell'epoca (i famosi V Disc), ci si riuniva in jam session, e ricordo i primi
incontri con Mussolini, Nebbia, Crisostomi e altri. Proprio
in occasione di un'importante jam session, Bruno Martino mi scritturò per
far parte del suo gruppo: questo avvenimento segnò l'inizio della mia attività
professionale. Nel '50 faccio parte di un'orchestra che suona alla "Capannina"
di Forte dei Marmi, uno dei locali più "in" di allora, insieme fra gli altri a
Franco Chiari e a un sassofonista tunisino molto apprezzato all'epoca,
Dasi Messana. Nel
'56 partecipo al primo
festival jazz di Roma al Teatro Quirino. Nel
'57
nasce la fruttuosa collaborazione
con l'ex sassofonista di Carosone, Riccardo Rauchi. Poi nel
'60,
Bruno Martino, all'apice del suo successo, mi chiama di nuovo a suonare
con lui, fino al '64.
In questo periodo soggiorno a lungo a Milano, e così ho l'occasione di entrare
in contatto con musicisti di rilievo, quali Cerri, De Filippi,
Daccò, Basso, Valdambrini, Masetti, Cuppini e
altri. Ritornato a Roma dopo 8 anni, sono di lì a poco il chitarrista più
richiesto sia dalle Orchestre della RAI, sia da maestri, quali Ferrio,
Simonetti, Piccioni, Ortolani, Bacalov, Trovajoli,
Morricone. Fino al
'74, seguono per me
anni intensi di lavoro, che da un lato mi allontanano dal jazz per rispondere
alle più disparate situazioni musicali, dall'altro affinano lamia sensibilità
musicale e la mia professionalità.
Teatro Dell'Opera nel 1978
orchestra della RAI diretta da
Gil Evans, al Piano, con, alla ritmica:
Sergio Coppotelli Chitarra
Giovanni Tommaso Contrabasso
Bruce Ditmas Batteria
Con questo concerto il Teatro dell'Opera apre alla
musica jazz con un susseguirsi di numerosi concerti
organizzati dalla III rete RAI con i nomi più famosi
del jazz internazionale: George Russel, Archie Shepp,
Steve Lacy, Lee Konitz.
RITMO:
E siamo così giunti agli anni
'70...
S.C.:
Nel '74
ho la grande soddisfazione di
vincere il concorso nazionale per professore d'orchestra, bandito dalla RAI, per
il ruolo di prima chitarra. Poi nel
'78
la terza rete radiofonica
organizza un'importante serie di concerti jazz, in cui famosi musicisti
americani ed europei si avvicendano alla direzione dell'orchestra della RAI di
Roma. Fra questi, Gil Evans, George Russell, Archie Shepp e
Lee Konitz. È questo il momento più entusiasmante della mia carriera,
avendo la possibilità di entrare in contatto con questi grandi musicisti.
Ricordo con grande piacere che durante uno di questi concerti, Gil Evans si
complimentò con me, dicendomi "I am glad to hear vou" (Sono contento di
sentirti).
RITMO:
Nel corso dei 50 anni della tua
attività musicale, quali sono stati i musicisti che ti hanno colpito di più?
S.C.:
Oltre a quelli già citati, posso ricordare D'Andrea, Rava,
Giovanni Tommaso, Urbani, Scott, Pocho Gatti,
Giammarco, Pieranunzi, Kramer, Simonetti, Canfora
e altri ancora. Avere avuto la possibilità di confrontarmi con musicisti di
tale levatura non può che aver giovato notevolmente alla mia crescita artistica
e allo sviluppo della mia concezione del jazz.
RITMO:
E tra i chitarristi, chi ami di
più?
S.C.:
AI primo posto, senza dubbio, metto Charlie Christian, il più grande di
tutti e punto di riferimento fondamentale per tutti i chitarristi nella storia
del jazz. Mi sono formato sull'ascolto della sua musica ed è lui che più di
tutti mi ha influenzato. Poi cito senz'altro Django Reinhardt, Oscar
Moore, Montgomery, Hall, Farlow, Kessel, Pass.
Fra i moderni mi piacciono Scofield e Abercrombie. In particolare
mi sono trovato un pomeriggio con Jim Hall e inevitabilmente abbiamo
finito per suonare insieme. Di ciò conservo gelosamente una registrazione.
RITMO:
Quali sono per te gli elementi
fondamentali che identificano il jazz?
S.C.:
Lo swing, l'armonia, la pronuncia, l'improvvisazione, il cuore e la poesia, che
non devono mai essere disgiunti dalla tecnica, sono gli elementi fondanti di
questa musica, senza i quali il jazz perde tutto il suo fascino.
RITMO:
Un tuo ricordo del tuo disco "Everything's
Music", del
1986.
S.C.:
Ho un ricordo bellissimo di questo disco, che segna il mio debutto in qualità di
leader. Ci sono incisi dei brani, che ancora oggi includo nei miei concerti:
Suspence Suite,
Everythin's Music,
Calypso for You.
RITMO:
E ora passiamo a parlare del CD "Remembering
Gil" , del
'90.
S.C.:
"Remembering Gil"
segna un'altra tappa importante della mia carriera. A parte il ricordo e la
dedica in memoria di Gil Evans, vi sono in questa incisione esperienze di
ricerca e tentativi da parte mia di portare avanti un discorso musicale più
vicino all'evoluzione del jazz attuale.
RITMO:
Qual è il rapporto tra
modernità e tradizione jazz nella tua musica?
S.C.:
Nella mia musica questo rapporto è basato soprattutto sull'equilibrio. Non posso
rinnegare niente di tutto quello che la tradizione del jazz mi ha insegnato, e
al tempo stesso però non accetto tutto Quello che passa per moderno.
RITMO:
La tua concezione del blues nel
tuo più recente CD "Blues
in the Sky".
S.C.:
Il blues è per me la chiave di molta di questa musica. In quest ultimo CD sono
presenti ben 4 blues, di cui uno in due versioni, e ogni brano ha un mood
diverso dall'altro; in ciascuno di essi cerco di dare una lettura attenta del
blues, sviluppandolo con intenti innovativi e soluzioni inusitate.
RITMO:
Progetti futuri...
S.C.:
Penso a un CD prossimo venturo con una registrazione per sola chitarra,
alternando brani originali e standard. Sono stati 50 anni di musica molto
intensi, e sono ancora impegnato a tuttoggi nello sviluppo del linguaggio
jazzistico e della conoscenza sempre più profonda del mio strumento.
GIORDANO SELINI
Questa pagina è stata visitata 3.056 volte Data ultima modifica: 16/12/2007 Segui @Jazzitalia
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