INTERVISTA SU "GUITAR CLUB" Luglio/Agosto 2001
Non è da tutti riuscire a superare i cinquant'anni di musica e, quando il
risultato si mostra ancora di pregio ed il playing brillante ed attuale, allora
tutto assume significato e spessore di rilievo. Non è cosa consueta ma accade e,
al chitarrista romano Sergio Coppotelli,
tutto ciò è accaduto. Negli anni del primo dopoguerra si forma sotto l'influenza
del jazz importato dalle truppe americane, maturato successivamente con lo
studio e la pratica del chitarrismo di matrice bop. Poi per anni è free lance
nell'ambito della musica leggera, spesso accanto al Maestro Bruno Martino,
nonché turnista in sala d'incisione per le registrazioni di colonne sonore
dirette dai più celebri compositori di casa nostra tipo Moricone,
Rota, Piccioni.
Senza dimenticare la sua presenza nell'orchestra della RAI di Roma grazie alla
quale, nel corso del tempo, ha l'occasione di suonare accanto ad affermati
jazzmen americani. Attorno alla metà degli anni
'80
l'intensità di questo genere di impegni viene a diradarsi a favore di un
percorso solistico, tutto dentro al jazz, che lo porta ad incidere
"Everything's
Music", "Remembering
Gil", "Blues
in the Sky"
nonché "The Best Live":
incisioni che hanno rivelato ai molti appassionati del jazz un talento
chitarristico di primo piano che poggia i suoi punti di forza su swing, blues
feeling e freschezza melodica.
GUITAR
CLUB:
Ascoltandoti, ciò che colpisce subito è il tuo
playing così contemporaneo e godibile. Elemento singolare soprattutto se
pensiamo alla tua generazione di chitarristi, tu che hai cominciato a suonare
professionalmente nei primi anni del dopoguerra...
S.C.:
Sono
diversi i fattori che hanno concorso a tale risultato e, comunque, fondamentale
è stato l'aver seguito con costanza e profondo interesse l'evoluzione dello
stesso jazz dal dopoguerra ad oggi. In secondo luogo credo che abbia giocato un
ruolo determinante il fatto di mettermi sempre in discussione, con umiltà, senza
mai sentirmi arrivato anche se già a vent'anni ero, e lo dico senza falsa
modestia, un musicista affermato nel jazz ma anche nella musica leggera. E poi,
senza dubbio, un ulteriore importante elemento della mia crescita musicale è
stato l'incontro con musicisti di vaglia. Quando ero agli esordi, ad esempio, ho
avuto la fortuna di lavorare accanto a
Umberto Cesari, un grande e spesso
sottovalutato pianista, che mi ha influenzato parecchio con la sua singolare e
moderna concezione del jazz. Anche lo studio della chitarra classica fatto dai
dieci ai quindici anni è stato fondamentale poiché mi ha permesso di sviluppare
la mia tecnica, in particolare della mano sinistra, la tecnica che lo stesso Jim
Hall, anni dopo, durante una jam privata, ha mostrato di apprezzare parecchio.
Una soddisfazione…
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Questa pagina è stata visitata 5.783 volte Data ultima modifica: 16/12/2007 Segui @Jazzitalia
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