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Intervista a Stefon Harris
Calagonone, 28 luglio 2004
di Fabio Pibiri
photo by Roberto Cifarelli
(nota: le foto sono relative al concerto tenuto presso il Blue Note di Milano)

Incontriamo il trentenne vibrafonista Stefon un'ora prima del concerto che lo vedrà impegnato col quintetto di Kenny Barron, grande maestro e scopritore di talenti. E possiamo affermare che il talento è già chiaro e cristallino. Stefon oltre ad avere al suo attivo numerose collaborazioni con vari artisti di fama internazionale – Buster Williams, Joe Henderson, Wynton Marsalis - vanta anche numerosi lavori a suo nome, tra cui gli ultimi due, Evolution e The Grand Unification Theory, molto lodati dalla critica.

F.P.: Chi sono i musicisti che più apprezzi, e quelli che più hanno influenzato il tuo modo di suonare?
S.H.:
Quelli che sicuramente più ho ascoltato e che più mi hanno influenzato sono stati i tre grandi del vibrafono: Lionel Hampton, Milt Jackson e Bobby Hutcherson. Ma nel jazz non è importante quale strumento suoni, l'importante è la musica in sé; è per questo che dico che tutti i grandi maestri del passato sono fondamentali. Ho sempre ascoltato molta musica, non solo jazz, ed ho sempre scritto molto, la scrittura è importantissima per un musicista. Sin dall'inizio, appena sento qualcosa che mi piace, che mi colpisce, scrivo subito, prendo appunti, e poi cerco di suonarlo, di coglierne lo spirito, quello che può servire per lo sviluppo della mia musica. Quando sentivo gli assolo di Charlie Parker, di John Coltrane, di Milt Jackson rimanevo fulminato, scrivevo e subito provavo a rivivere quelle emozioni col mio strumento. Ma il passato è passato! I grandi maestri sono importanti è vero, ma è della musica che c'è ora, ai giorni nostri, che bisogna parlare.

F.P.: Bene, parlaci di te allora, come hai cominciato a suonare…
S.H.:
Ho cominciato con la musica classica. E' stato molto importante perché grazie agli studi classici ho appreso la tecnica dello strumento, la conoscenza della musica, e questo mi ha aiutato poi a crearmi uno stile mio, a poter suonare ciò che a me piace. Quando avevo 18 anni un mio amico mi fece ascoltare Parker… pensai: wow! All'università studierò jazz! E' li che capii che avrei voluto diventare un musicista di jazz. Cominciai ad ascoltare ed a suonare i pezzi dei grandi, Monk, Coltrane. Di Miles invece non trascrivevo mai niente, erano le sue idee, la concezione che aveva della musica che mi lasciavano senza fiato.

F.P.: Qual è la musica che preferisci?
S.H.:
Intendi quale preferisco suonare od ascoltare?

F.P.: Tutte e due…
S.H.:
Nonostante io sia un musicista di jazz e suoni solamente questa musica sono un ascoltatore onnivoro, ascolto tutti i generi musicali… il mio musicista preferito in assoluto è Stevie Wonder! So che può sembrare strano, ma per me non è tanto importante il genere, ma è la qualità della musica. La musica fatta bene è bella musica e basta, che sia jazz, rock, classica o pop!
Per quanto riguarda la mia musica, io sono affascinato dalla melodia! Si, impazzisco per la melodia, e con la mia musica cerco sempre il rapporto col pubblico. Per me è molto importante che il pubblico sia soddisfatto della musica che sta ascoltando, è la carica grazie alla quale riesco ad andare avanti. A me non piace suonare per me stesso, suonare musica troppo ostica, o dimostrare quanto sono bravo tecnicamente, con la tecnica mi interessa comporre della musica melodica che piaccia a me quanto a chi la sta ascoltando.

F.P.: Quindi non ti piace il free jazz…
S.H.:
Ognuno deve suonare quello che crede! Sicuramente gli anni in cui esplose il free jazz negli States erano anni particolari, erano anni in cui in America si compivano incredibili ingiustizie verso il popolo afroamericano, e quella musica era una forma di protesta verso questa condizione. I musicisti neri erano molto incazzati per ciò che dovevano subire ogni giorno e protestavano ed alzavano la voce grazie alla loro musica… adesso le condizioni non sono più quelle, quindi non riuscirei a suonare come si suonava 50 o 40 anni fa, bisogna andare avanti.

F.P.: Cosa si prova a suonare con un musicista come Kenny Barron?
S.H.:
Oh, Kenny è un grande! Da lui puoi solo imparare, e poi mi diverto molto a suonare con lui. Ma è solo quando torno a New York e suono col mio gruppo che mi sento davvero libero, lì posso suonare la mia musica!… oggi forse suoneremo qualche mio pezzo, ancora non lo so.

F.P.: Progetti per il futuro?
S.H.:
In testa ho molti progetti, ma per ora mi voglio dedicare alla scrittura di nuovi pezzi ed alle esibizioni live. Per me è molto importante suonare, è la mia vita, il mio lavoro! Quando salgo sul palco e comincio a suonare, lì sto bene, rimarrei anche 5 ore di seguito, mi realizza suonare per il mio pubblico!

F.P.: Cosa ne pensi del premio che ti ha conferito la Jazz Journalists Association?
S.H.:
Premio?… quale premio?… non so niente di premi… (ride)

Salutandolo gli facciamo i complimenti per aver vinto il premio come miglior vibrafonista jazz "2004 Mallets Player of the Year", ma a lui interessa solo suonare!

 







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Data pubblicazione: 09/11/2004

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