Intervista
a Matt RENZI e Jimmy WEINSTEIN
Jazz al Metropolitan
- Palermo, 29 ottobre 2002
di Antonio Terzo
Ciò che ha subito conquistato il pubblico al concerto del
Renzi-Weinstein Group, quartetto composto dalla batteria di Jimmy
Weinstein, dal giovane Matt Renzi al sax tenore, dal chitarrista
Ben Monder e da Dave Ambrosio al contrabbasso, è stata la validità
dei musicisti, la notevole preparazione tecnica di ciascuno di loro, una tecnica
al tempo stesso sobria e virtuosistica, non necessariamente volta a stupire
l'uditorio, ma posta invece al servizio di una variegata sensibilità espressiva.
Che la tecnica
sia al centro della musica del gruppo lo si nota dall'essenzialità del
drumset di Weinstein (cassa, rullante, charleston, timpano, due piatti ed un
unico tom), su cui tuttavia Jimmy scandisce il tempo catturato dalle proprie
bacchette. Lo si coglie pure negli assolo di Ambrosio, un recitato molto
mingusiano con scatti e riprese, rallentamenti, allungando ed accelerando il
ritmo come un elastico. Lodevole anche la chitarra di Ben Monder, finalmente un
suono che non echeggi necessariamente lo stile metheneyiano, molto personale,
con veloci arpeggi che producono un'ondata di note. Per finire con lo
strabiliante sound di Matt Renzi, in grado di sdoppiare i suoni del
proprio sax agendo con la voce sul pitch, per dar vita quasi ad una
piccola sezione ed infondere corposità ai propri solo.
Un concerto che
trasmette anche tensione, in quanto richiede agli astanti di focalizzare la
propria attenzione sul palco per seguire i vari assolo, spesso anche corali, in
un magma di note, fraseggi, glissati, arpeggi, che il pubblico non osa
interrompe neppure per sottolineare con l'applauso l'esibizione dei vari
musicisti, riservandosi di esplodere alla fine del pezzo. Così avviene per
esempio con Fast Blues, brano originale dello stesso Weinstein, tratto da
Sound Emotion [prodotto da Gunther Schuller], un blues che Ben interpreta
con un assolo molto soft, ricco di frasi ed accordi modali e nel quale
Weinstein alterna le spazzole alle bacchette, irrompendo in un solo che alla
fine Renzi riconduce al theme principale. Così succede anche in
New
Line, ancora di Weinstein (tratto dal celebrato Lines&Ballads,
designato dalla rivista Cuadernos de Jazz "migliore disco rivelazione dell'anno
2000"), dove un serrato drumming introduce un riff hard-bop del sax, bruscamente interrotto da una
inaspettata pausa, per riprendere poi con un solo aggressivo in cui Renzi pare
gridare dentro il suo strumento,
rendendone
il suono rauco e quasi sdoppiato. Dilaga quindi una improvvisazione collettiva,
molto free, durante la quale solo il contrabbasso, fedele alla linea
ritmica del pezzo, permette all'ascoltatore di seguire le evoluzioni del gruppo
che dà l'impressione che ognuno vada per sé; sennonché Weinstein riporta tutti
al centro del brano con un altro fulmineo stacco della sua batteria, rallentando
il ritmo fino a divenire padrone della scena con il suo turno di
improvvisazione. Si sentono gli echi dei suoi trascorsi rock, non certamente
mortificati bensì arricchiti dal linguaggio jazz. Belli anche i brani di Renzi e
Monder… Ed alla fine, un Weinstein spossato ma visibilmente soddisfatto
raccoglie l'entusiastico consenso della platea.
Con Jimmy
Weinstein e Matt Renzi riusciamo pure a fare la chiacchierata qui di seguito
riportata.
ANTONIO TERZO:
Le vostre biografie riportano che vi siete conosciuti a Boston, al Berklee
College of Music: raccontereste come è andata?
JIMMY WEINSTEIN:
Non a Boston, ci siamo conosciuti a New York, eravamo a Boston nello stesso
periodo, ma non ci siamo mai incontrati lì, non ci conoscevamo… Ho conosciuto Matt più avanti, tramite il mio bassista
Masa Kamaguchi. Vivevamo a New York, a Park Slope, molti musicisti vivono a
Park Slope e stanno insieme...In effetti un bel po' di musicisti che vivono a
Boston si spostano nella City, a New York, e vanno a Park Slope, e tanta gente
che va a suonare in quella zona condivide gli appartamenti, da compagni di
stanza. Così stavamo suonando in session a casa di Masa e io ho sentito
Matt che suonava per esercitarsi al piano di sopra. Ho chiesto a Masa: "Chi è??"
E lui mi ha presentato a Matt...
A.T.:
E cosa
vi ha fatto scegliere come partners musicali?
J.W.: Ci siamo
messi a suonare insieme in duo, mi piaceva davvero il suono della musica di Matt
e pensammo che avremmo potuto suonare insieme, quindi cominciammo a suonare con
Masa. Abbiamo due dischi per la FreshSound con Masa, uno è
Lines&Ballads,
l'altro è Dreamlife...
A.T.:
E così
avete cominciato subito a registrare insieme?
J.W.: No, prima
abbiamo suonato per un po' insieme in tour, quindi dopo il rapporto con la
FreshSound siamo andati in tour per la Spagna.
A.T.:
Nel
booklet della stagione jazzistica al Metropolitan di Palermo si parla di una
co-leadership tra di voi.
MATT RENZI:
Abbiamo suonato assieme per un certo tempo, ci siamo lasciati nel 1996, poi
siamo ritornati a registrare insieme con Ben, in quartetto. Questo quartetto ha
tre leaders, è un lavoro di tipo collettivo, una cosa collettiva.
A.T.: Il
primo album pubblicato insieme è stato
Dreamlife?
J.W.: No
Quartet, con
Ben Monder alla chitarra ed il bassista Chris Higgins: è
intitolato Matt Renzi – Jimmy Weinstein Quartet.
A.T.:
Jimmy, nel tuo
albumSoundEmotion, ha suonato il chitarrista
Elie Massia: sembri
avere una predilezione per questo strumento, è una scelta specifica?
J.W.: Sì, perché
io stesso suono la chitarra. Mi piace il suono della chitarra, mi piace la gamma
dinamica che si può impiegare dal vivo con la chitarra elettrica…
A.T.:
Con gli
effetti?
J.W.: Sì, mi
piace utilizzare parecchio la gamma dinamica per orchestrare le cose. La
chitarra può suonare forte, piano, con colori differenti…
A.T.:
Così
quando crei musica la scrivi con la chitarra?
J.W.: Talvolta...Scrivo anche con il piano e con il basso.
A.T.:
Un musicista completo!
J.W.: Ho
studiato chitarra con alcuni bravissimi chitarristi e potevo suonare con loro,
imbracciando la chitarra e suonando con loro.
A.T.:
Un bel vantaggio poter
suonare vari strumenti...
J.W.: Mi aiuta
anche nell'insegnamento, perché quando vengono a studiare da me la batteria
posso suonare con loro, posso suonare la chitarra, il piano, il basso ed è bello
perché crea un buon rapporto con i miei allievi, in quanto loro vengono per
suonare con me.
A.T.:
E lo
stesso avviene con i tuoi musicisti!
J.W.: Già.
A.T.:
Poi avete
pubblicatoLines&Ballads...Il booklet della rassegna riporta anche
che Cuadernos de jazz, autorevole rivista spagnola, ha designato quest'album
"Disco rivelazione dell'anno 2000". Dunque, com'è trovarvi così giovani al
centro dell'attenzione di critici ed esperti?
J.W.: Registro
dischi da quasi dieci anni…
A.T.:
Sì, ma nel jazz non è
facile catturare l'attenzione dei critici, sai...
J.W.: Già...Beh,
ho sempre cercato di suonare la mia musica, ciò che per me è jazz è fare la
propria musica, sviluppare la propria musica così che si possa sviluppare il
proprio vocabolario. Così, mi piace scrivere musica e sperimentare, ma ho anche
un'eredità che è molto rispettosa della storia della musica, della storia del
jazz. Quello che sto cercando di fare è suonare musica che faccia riferimento
alla storia del jazz, ma sto provando ad avere la mia voce. Quindi, questa è una
cosa molto difficile da realizzare e sto proprio tentando di fare del mio
meglio. Mi piace suonare la musica di Ornette Coleman… E mi piace anche
molto la musica di Joni Mitchell, Neil Young...
A.T.:
I
jazzisti europei sono soliti andare negli States per fare una buona esperienza
musicale e poi tornare con un bagaglio di conoscenze più ricco. Al contrario,
voi, entrambi statunitensi, avete posto la vostra base in Spagna. C'è un motivo
specifico?
J.W.: Beh, non
proprio...Abbiamo lavorato un bel po' in Spagna, a Barcellona, ma al momento ho
posto la mia base a Genova e lo stesso ha fatto Matt, proprio adesso viviamo
entrambi in Liguria.
M.R.:
E' solo capitato, penso. Funziona così, perché ci
sono altri musicisti...Beh, tanti Newyorkesi fanno avanti e indietro dalla
Spagna, abitando dove stanno gli altri...E' solo successo così!
A.T.:
Matt,
senti qualche sassofonista come modello?
M.R.: Oh sì,
certo, tanti! Joe Henderson,
George Garzone, John Coltrane, Stan Getz. Mi piace
molto anche la musica Indiana, amo la musica del Sud Indiano.
A.T.:
Jimmy,
hai studiato con Max Roach: qual è la lezione più grande che hai appreso da lui?
J.W.: Penso
d'aver compreso molto sull'improvvisazione, riguardo il modo in cui lui lavora:
è un genio e mette insieme una band, mette dieci musicisti a suonare le
percussioni, insieme per un minuto suoni bene, sorprendente, ed in dieci minuti
suoni alla grande! Avevamo un gruppo, un ensemble, tutti insieme, e così
lui ci faceva suonare tutti insieme: guardarlo lavorare, lavorare con lui è
un'esperienza grande, significativa!
A.T.:
Max
Roach per te è un modello?
J.W.: Sì,
completamente, al cento per cento, come batterista, come leader, come
compositore, teorico, grande ispiratore...
A.T.:
Suoni
il suo stesso set di batteria? Quello per lo spettacolo è un modello essenziale…
J.W.: Sì, di
base.
A.T.:
Matt,
parliamo della tua notevole tecnica; alcune volte sembri gridare dentro il tuo
sax…
M.R.:
Sì, ci
canto dentro, così che l'intonazione può sembrare armonizzata o un po' stonata...In Spagna è molto usata. Penso renda più interessante il modo in cui si suona,
il sound che si usa, e può catturare l'attenzione del pubblico.
A.T.:
Tu sei
considerato una giovane promessa per la musica jazz. Così, come senti questa
responsabilità?
M.R.:
Non so,
non ho mai davvero pensato a questo… Provo solo a suonare meglio che posso, e
sviluppare sempre di più il mio stile. Continuo a cercare nuove idee,
espressioni…
A.T.: Nei
vostri CDs ci sono vari standards, poc'anzi parlavamo di Ornette Coleman...
J.W.: Non
considero la musica di Ornette Coleman come standards, la considero la sua musica...
A.T.:
Ad ogni
modo, la musica di vari importanti autori dimostra che fai attenzione alla
tradizione. Quant'è importante per voi la tradizione, e quanto è fondamentale
per un giovane jazzista nella sua crescita musicale?
J.W.: Il modo in
cui mi piace farla è questo: mi piace scrivere la mia musica, mi piace anche
eseguire gli standards così che io possa incorporare negli standards ciò
che vado imparando e, vedi, vado avanti ed indietro, uso ciò che ho appreso
suonando gli standards e lo metto nella mia musica, avanti ed indietro…
A.T.:
Quindi
senza differenziazione…
J.W.: Sì, come
in un interscambio…
A.T.:
Qual è
l'ultimo CD che avete comprato?
J.W.: L'ultimo
CD che ho comprato? Ne ho due, li ho comprati contemporaneamente. Uno è di
Joe Lovano, sax tenore,
Viva Caruso, è un disco dedicato alla musica
di Caruso, lirica; l'altro è Laurie Anderson,
Live at Town Hall.
A.T.:
E tu,
Matt?
M.R.:
Un CD di
Kadri Gopalnath, un sassofonista indiano del Sud dell'India.
A.T.:
So bene
che di solito agli artisti non piacciono le definizioni, ma dato che avete
esperienze diverse, non soltanto con il jazz, come definireste il vostro stile,
il vostro jazz?
J.W.: Penso che
il modo in cui suoniamo sia di tipo sperimentale, anche se non mi piace parlare
di stili, e quando insegno in effetti dico agli studenti di non preoccuparsi
dello stile, di studiare la musica e non preoccuparsi dello stile. Mi piace
incorporare una certa universalità nella mia musica, cosicché l'ultima cosa a
cui penso è lo stile.
A.T.:
Suoni
la tua musica e basta.
J.W.: Già,
spesso suono musica già scritta, così non credo di avere alcun problema con lo
stile.
A.T.:
Piani
per il futuro?
J.W.: Beh...Sto studiando una scuola, una scuola
sperimentale di improvvisazione musicale, in Italia, come teorico,
effettivamente, non come insegnante, in cui spero che i giovani apprendano
l'improvvisazione. Si chiama "Travelling School" [scuola viaggiante], in quanto
andrà in giro: prendo gli studenti in tour con me. In Spagna, facciamo seminari
interattivi, basati sull'interazione umana, improvvisazione ed interscambio
culturale.
A.T.:
Hai un sito web? Solo
perché penso che la gente che sente di questo progetto voglia forse
contattarti...
J.W.: Stiamo per
realizzarlo adesso...Stiamo lavorando, c'è l'intenzione di partire quest'anno,
partiremo con due o tre attività principali...Ci stiamo lavorando giusto adesso,
in quanto stiamo facendo un po' di cose anche in modo gratuito, stiamo appena
partendo, quindi, capisci...I giovani che volessero prender parte lo troveranno,
avremo un sito, avremo una base. Quindi ci troveranno, attraverso le scuole, i
musicisti...Quando verrà fuori ti farò sapere.
A.T.:
Pensi
allora di contattare direttamente le scuole di musica?
J.W.: Non solo
scuole di musica ma anche altre scuole, quelle regolari.
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Data pubblicazione: 14/11/2002
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