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Intervista a Regina Carter
  Milano, 7 luglio 2004
di Claudia Bernath e Marco Losavio
foto di Alberto Gottardelli
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Regina Carter nasce a Detroit, città cosmopolita, che le offrirà l'opportunità di essere attorniata da differenti culture. Ciò influenzerà la sua stessa formazione culturale che le ha permesso di interessarsi in modo aperto a tutta la musica dalla classica, origine del suo percorso formativo, fino al jazz senza trascurare la musica folk o il pop da cui tuttoggi attinge per il suo repertorio. Ha inciso vari CD tra cui si possono segnalare Rhythm of the Heart, nel 1999, che vede la partecipazione di Cassandra Wilson e Kenny Barron con cui, nel 2001, ha inciso in duo Freefall. La sua carriera di violinista l'ha portata sino all'invito da parte della città di Genova a suonare il celebre violino di Niccolò Paganini. Denominato "Il cannone", costruito da Giuseppe Guarneri detto Del Gesù nel 1742, fu donato alla città di Genova nel 1840, alla morte di colui che probabilmente è ancora oggi il più grande violinista di tutti i tempi. Ovviamente tale invito non ha potuto non suscitare grandi polemiche subito smorzate dopo l'esibizione di Regina Carter al Teatro Carlo Felice tenutasi il 30 dicembre 2001 dinanzi ad una platea che le ha saputo tributare un gran consenso. Il tutto è diventato anche il CD Paganini: After a dream.

Abbiamo incontrato Regina Carter tra il primo e il secondo set del concerto tenutosi al Blue Note di Milano il 7 luglio
2004.

JI: So che hai utilizzato il metodo Suzuki, ci puoi dire qualcosa in merito?
RC: E' un metodo giapponese che si utilizza per insegnare musica a bambini sin dall'età di due anni e consiste nell'insegnare allo stesso modo in cui i bambini imparano a parlare a casa, imitando ciò che si ascolta. C'è molto ear training e ciò che si ascolta lo si deve ripetere suonando o cantando e così si impara il proprio strumento. Tutti coloro che studiano lo stesso metodo nel mondo procedono allo stesso modo...se si è sul book 1 o sul book 2 si suona la stessa musica inoltre, una volta all'anno, gli insegnanti di tutto il mondo si incontrano per un grande congresso.
Ritengo che sia un ottimo metodo poichè pur non imparando a leggere la musica, si impara a suonarla in modo diretto abbastanza velocemente e penso che ciò mantenga attivo l'interesse dei bambini per la musica anche perchè altrimenti sin dall'inizio si devono acquisire tutti gli aspetti tecnici e ciò è molto noioso...

JI: Quindi hai iniziato ad utilizzare il tuo cuore piuttosto presto...
RC: (ride...)...e voi lo prendete, grazie...

JI: Qual è il tuo approccio alla musica, so che ti piacciono molti stili differenti...
RC: Se ascolto un pezzo che mi piace allora lo provo e lo suono, ma prima devo vedere se funziona sul mio strumento, se funziona per me, perchè non tutto funziona; mi piacciono così tanti stili e ciò penso sia dovuto alla città in cui sono cresciuta (ndr. Detroit) che è stata effettivamente una città molto atipica. Ero circondata da molte culture di gente di ogni tipo e ciò senza dover lasciare gli Stati Uniti. Essere immersa nella loro musica, nella loro cultura, nel loro cibo è stato molto stimolante per me. Quando ero una bambina la cultura di ognuno era come un'ambizione; a me sembrava che tutti avessero una cultura mentre io non sentivo di averne una ed ecco perchè ho catturato la cultura circostante...esterna agli Stati Uniti.

JI: Ho letto che hai anche interesse per la musica indiana...
RC: Sì...più o meno ogni musica che esiste nel mondo ha strumenti a corda siano essi il violino o qualcosaltro di simile.

JI: Utilizzi effetti speciali?
RC: ...Non uso effetti esterni, uso il violino da solo. Utilizzo gli armonici, "finti" armonici, presi con le dita, e cerco di fare alcune cose con l'archetto per ottenere un suono che sia in alcuni casi simile alla chitarra. E' tutto ottenuto con quanto si possa fare di naturale sullo strumento. Quando ero più giovane avevo tutti quegli effetti a pedale ma trovo che in primo luogo non voglio trasportarmi tutta quella roba e inoltre trovo che sia molto più eccitante provare ad ottenere quei suoni dallo strumento in modo naturale.

JI: Che tipo di violino utilizzi?
RC: E' un vecchio violino tedesco...

JI: Ha un soprannome?
RC: No, non ce l'ha...(ride divertita)

JI: Cosa ci vuoi dire a riguardo del duo con Kenny Barron
RC: E' stata un'esperienza entusiasmante. La prima volta che abbiamo suonato insieme c'è stata come una connessione, una connessione musicale, …non ci potevamo neanche guardare l'un l'altro, suonavamo cose che non avevamo mai suonato prima stando nello stesso posto allo stesso tempo...ci sono voluti cinque anni per poter pianificare questa seduta di registrazione insieme e per me è stato davvero speciale poichè è stata una registrazione completamente dedicata all'arte, alla musica; non c'era nulla da tenere in considerazione riguardo le vendite, nulla da parte delle case discografiche, nulla di tutto ciò. Siamo giusto andati nello studio, abbiamo entrambi portato un elenco di brani che ci piaceva e li abbiamo suonati. Se funzionava registravamo, altrimenti no. Mi ha catturato questa cosa. E' stato come un regalo perchè non dovevo preoccuparmi dell'esterno...aver timore...è stato solo musica.

JI: Ti piacerebbe ripetere questo tipo di esperienza magari con qualcun altro?
RC: Sì, ho avuto il piacere di suonare in un concerto con il gruppo di Christian Mc Bride proprio un paio di settimane fa. Con Geoff Keezer, che suonava il piano, abbiamo eseguito un pezzo completamente improvvisato. Non avevo mai suonato prima con Geoff e credo nuovamente di aver avuto una specie di connessione musicale, perciò mi piacerebbe lavorare con Geoff, fare qualcosa di simile, magari in futuro.

Ringraziamo Regina Carter per il tempo concesso salutandola augurandole di gioire sempre per la sua musica.







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Data pubblicazione: 08/08/2004

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