Intervista a
Rachel Z
Bari, 10 settembre 2004
di Marco Losavio
Rachel Z, affascinante e
talentuosa pianista, grazie ad una solida preparazione, ad una non usuale
tenacia, ha collezionato collaborazioni importantissime tra cui spiccano senza
dubbio Mike Mainieri, Wayne Shorter e Peter Gabriel. La
prima si è rivelata fondamentale per la sua crescita professionale, la seconda
le ha permesso di mettersi alla prova e di migliorarsi confrontandosi con un
icona come Shorter e l'ultima è quella che le ha offerto l'opportunità di girare
il mondo, suonare dinanzi a migliaia di persone e...di ritornare a cantare.
L'abbiamo incontrata a
Bari, durante un suo tour italiano, in un bar un po' rumoroso...durante una
pausa al termine della master class. Vorrei cogliere l'occasione per ringraziare
Giampiero Doria dell'Accademia
Unika per la collaborazione.
M.L.:
Il tuo nome è Rachel Nicolazzo quindi hai origini italiane vero?
R.Z.:
Sì, sono nata a New York e vengo da Manhattan, mia madre è francese e italiana e mio padre è calabrese, viene da Platania un piccolo paese sulla cima di una montagna, vicino Nicastro, in provincia di Catanzaro.
M.L.:
Ci sei mai stata?
R.Z.:
sì...
M.L.:
E' stato emozionante?
R.Z.:
Oh, sì, è stato molto bello. Una grande emozione...
M.L.:
E qual è l'origine della "Z" nel tuo cognome?
R.Z.:
Quando ho suonato con gli Steps Ahead, Mike Mainieri mi disse: "Tu non puoi spendere il resto della tua vita a fare lo spelling di Nicolazzo..." e così dovendo scegliere qualcosa vedemmo che Rachel N non funzionava bene e così optammo per Rachel Z (ndr. la "Z" viene pronunciata "zee").
M.L.:
Ha un bel suono...Come hai cominciato a suonare il piano?
R.Z.:
Volevo cantare l'opera poichè mia madre cantava, e mia madre mi disse che se avessi voluto cantare l'opera avrei dovuto imparare a suonare il piano.
Pertanto mi comprarono un piano. Ma l'anno successivo non volevo suonare più e così lei prese una bacchetta e mi impose di far pratica ogni giorno dopo la scuola e mi disse "...noi abbiamo comprato il piano e quindi tu ora devi imparare a suonare...". Ma dopo ne ho tratto vantaggio, dieci anni dopo ho trovato molto utili quegli esercizi. Quando si è bambini e si vuole imparare a suonare, quando si è all'età di 11 anni, si dovrebbe studiare, far pratica quotidianamente...probabilmente senza una "bacchetta"!
M.L.:
Quando hai deciso di diventare una musicista?
R.Z.:
Quando avevo due anni e mezzo, mi piaceva cantare e poichè ero una bambina piccola, mia madre mi registrava mentre cantavo, poi a nove anni, quando volevo diventare una cantante d'opera, mia madre mi disse: "quando avrai sedici anni, canterai l'opera" e così mi fece studiare al Metropolitan Opera House. Ma quando compii sedici anni le dissi: "Mamma io non voglio diventare una cantante d'opera, voglio diventare una pianista jazz...". E lei mi disse: "Cosa??"...era molto arrabbiata...Così disse "tu devi lavorare se vuoi mantenerti agli studi". Allora lavorai al McDonald per risparmiare i soldi per poi poter frequentare i corsi estivi del Berklee College of Music a Boston prima dell'inizio della High School. E quando andai, non improvvisavo per niente, facevo tanto esercizio. Poi tornai a casa e formai una band ed in seguito andai al Conservatorio per piano sia jazz che classico.
M.L.:...sfrutti molto la tua formazione classica?
R.Z.:
sì, sì, sicuramente, è molto utile, soprattutto nell'impostazione. Solo che io ero anche in grado di cantare il classico ma odiavo l'immagine di una cantante-pianista e così decisi di non cantare ma solo di suonare il piano e sono stata effettivamente un po' stupida...Peter Gabriel mi ha dato l'opportunità anche di cantare durante il tour così ho riprovato...anche Bobby mi dice sempre "canta, canta..."...
M.L.:
Come hai incontrato il jazz?
R.Z.:
Mio padre aveva un disco dal titolo "Working and Singing with the Miles Davis Quintet" e sentivo cose del tipo...(esegue una frase simulata alla tromba,
)...quel modo di suonare era formidabile...
M.L.:
Quindi Miles è il "colpevole"?
R.Z.:
Eh, sì e poi ebbi il disco "Miles Smiles" ed era veramente bello, amavo particolarmente il brano
Circle.
M.L.:
Cosa ci puoi raccontare circa l'esperienza con gli Steps Ahead?
R.Z.:
E' stato veramente interessante. E' stato il mio primo vero gig. Quando ho traslocato a New York
portai un demo a Mike Mainieri in inverno, perchè non avrei avuto soldi il mese successivo.... dunque dovevo fare qualcosa per guadagnare. Qualcuno mi disse che Mike Mainieri ascoltava i nastri. La maggior parte delle persone non lo fa, ma lui sì. Dunque portai un nastro al suo ufficio, lui stava uscendo e dunque lo incontrai di persona... E lui si fermò a parlare e si interessò a me. Forse se l'avessi dato alla sua segretaria, magari non l'avrebbe ricevuto, ma avendo avuto l'occasione di incontrarlo personalmente gli dissi anche che avevo suonato con Randy Brecker e lui mi disse "Veramente?". Chiamò e controllò, e ascoltò il nastro, sul quale c'era anche Randy Brecker perchè avevo suonato con Randy per un
gig a Boston. Rimasi con Mike per 6 anni. Mi faceva sempre delle ramanzine... Mi diceva che dovevo allenarmi molto, che ero una ragazza e che dovevo darmi da fare... Lui faceva parte della vecchia scuola, il bebop... e con me ha funzionato.
M.L.:
Mike Mainieri ha poi prodotto il tuo primo CD "Trust of Universe". Si può considerare come una specie di tuo mentore...
R.Z.:
Sì, esattamente e mi ha prodotto anche il secondo (Room of One's Own). Ha fatto un gran bel lavoro, mi ha veramente aiutata e ancora molto più importante del fatto che mi abbia aiutata è che lui è sempre stato molto chiaro, sincero, con me nel dirmi cosa avevo bisogno di fare per raggiungere un livello elevato. Lui non mi diceva mai "Sì, va bene...", lui mi diceva sempre: "No, devi fare questo, questaltro ecc...entro la prossima settimana" e questo sempre per puntare ad ottenere il meglio...
M.L.:
Poi, giusto come "esercizio", hai inciso un CD con Wayne Shorter....
R.Z.:
(ride)...Sì, sì...è stato grande...una grande esperienza. Wayne ha un livello compositivo che adoro, considera che lui suonava nel mio disco favorito che è
Miles Smiles e così io potevo suonare con chi aveva contribuito a creare quel sound, e per me era incredibile.
Inoltre l'ho aiutato nella scrittura dell'orchestrazione dei brani utilizzando insieme
con lui la programmazione delle tastiere ed è stata molto dura ottenere un suono che fornisse le linee di un'orchestra...
M.L.:
penso che sarai stata un po' intimorita in quel momento, avere davanti una leggenda come Wayne Shorter
e dover supportarlo completamente in un suo disco...
R.L.:
oh, sì, certamente...lui era bravo...quando mi fece l'audizione mi disse: "Ecco qui, suona questa partitura, vediamo cosa riesci a fare"...e io dovetti orchestrare la cosa in... diciamo, un'ora, e fu grandioso, fu facile.... ed è su "High Life" nel brano "Black Swan", e penso che decise di prendermi dopo questa cosa, e fu bello...sono rimasta con lui per circa un anno.
M.L.:
...penso che in quell'occasione ti sia tornata molto utile la tua formazione classica...
R.Z.:
be', sì, lettura a prima vista. Ho letto blocchi e blocchi di spartiti per sette anni...in quel caso misi migliaia di battute in un sequencer e ci suonavo su...e poi l'hanno tagliato in dieci songs...
M.L.:
Hai anche registrato un eccellente album dedicato alla musica di Shorter. Non è certo una musica facile e in quell'album hai scritto ottimi arrangiamenti e i brani hanno una nuova interpretazione. Come hai maturato questa scelta?
R.Z.:
...dopo aver lasciato il gruppo di Wayne...sentivo l'esigenza di volere qualcosa di più dalla musica...non avevo mai suonato i brani vecchi con lui, vi ho suonato cose nuove, va bene, ma non volevo suonare i vecchi brani col sax, volevo farlo con un trio. Inoltre molti ritenevano che alcuni brani del CD
High Life fossero un po' troppo elettronici quindi desideravo suonare quei brani in una situazione acustica, in trio, per mostrare ai critici che erano dei grandi brani. Bisogna ascoltarne gli accordi, la linea del basso, è veramente
cool, come On The Milkyway Express, grandi accordi, grani linee di basso, è veramente bello improvvisarci su.
Ed ho voluto suonare questa musica in trio in modo che la gente potesse comprendere meglio il grande genio
di Wayne.
M.L.:
Tu hai anche formato un trio
composto esclusivamente da donne. Come donna, hai mai incontrato un po' di
scetticismo)
R.Z.:
Sì, è stato difficile essere presi
seriamente...
M.L.:
Hai anche registrato un album, "Room of one's own", completamente dedicato alle donne, da tua madre a Billie Holiday, Joni Mitchell...qual è il brano di questo CD che ti piace ricordare particolarmente?
R.Z.:
Mi piace "Gently Spleeps the Pear Tree" che è dedicata alla scrittrice
Zora Neale Hurston...
M.L.:
Un altro tuo album è invece dedicato alla musica di Joni Mitchell, ami la sua musica?
R.Z.:
Sì, mi piace molto Joni Mitchell. E' stata una buona opportunità. A me piace molto il jazz moderno contemporaneo, come
Herbie, McCoy, ma anche qualcosa che è più "fuori", è strano. Molta gente veniva ai miei concerti e non comprendeva i brani, e si chiedevano: "Ma cosa sta facendo?" Il pubblico mi guardava così (ndr. fa un'espressione di dubbio)...Era perplesso. e poi quando abbiamo suonato la musica di Joni...avevano un'espressione così...(fa un'espressione più compiaciuta ma sempre un po' perplessa)...e quindi non potevamo suonare cose un po'
"strane". Ma sai probabilmente questo risponde a Bobby, perchè Bobby voleva fare cose più.... sai lui è un batterista jazz unico con il suo stile perchè proviene da un posto completamente diverso, dunque io e lui abbiamo fatto gli arrangiamenti per quel disco.
Aveva varie contaminazioni rock, un largo uso dei piatti, un po' come Jack De Johnette, e abbiamo usato molto tutto ciò, e potevamo eseguire degli intro free prima dei brani, ed è lo stile che abbiamo portato avanti con questo trio.
Si può eseguire un'apertura di questo tipo per poi suonare hot songs in stile jazz con modulazioni metriche come il Bill Evans Trio. E ci è sembrata una buona idea eseguire degli standard moderni.
M.L.:
Un po' come su
Everlasting...
R.Z.:
Sì. Ne abbiamo fatto uno prima di quello, solo per il Giappone e si chiama "First Time Ever I Saw Your Face", dove ci sono brani come
Hurt
degli Nine Inch Nails,
Heart-Shaped Box
(di Kurt Cobain)....ed è molto delicato. Invece "Everlasting" è un po' più "forte" perchè abbiamo "Here Comes The Sun" nello stile di McCoy Tyner, ed è interessante perchè Bobby in quel periodo ascoltava vari brani di Wayne Shorter e suonando,... diceva: "Oh, Suoniamo Here Comes The Sun con questo gruppo!" E io ho risposto: "Ah! E' interessante!" Perchè io non ci avrei
mai pensato...e poi ad esempio "Wild Horses" (ndr. di Mick Jagger)... Bobby diceva: "Vorrei suonarla proprio.... alla Miles Davis....". E io gli rispondevo: "Cosa? Wild Horses? OK". E l'abbiamo fatto. Ma in realtà si è trattato di sue idee. Lui ed io abbiamo messo assieme tutto il progetto, e ci abbiamo messo dei mesi a preparare tutti gli arrangiamenti. A volte bisognava riarmonizzare, come per "From Both Sides Now" (J. Mitchell). A me piace la riarmonizzazione che ho fatto lì, perchè è più...ha più "jazz chords"...
M.L.:
Quali sono effettivamente le tue principali influenze?
R.Z.:
Ah, non so...Herbie, Chick, McCoy, Keith Jarret, Phineas Newborn,
e...Bud Powell...
M.L.:
Secondo te è ancora importante per i giovani musicisti conoscere la tradizione?
R.Z.:
Sì, anche se odio dirlo perchè quando ero giovane solevo dire "Non imparerò mai gli standard...voglio suonare ciò che voglio, voglio suonare jazz, voglio suonare i brani di Chick Corea", come i bambini oggi...avevamo un giovane ragazzino che suonava tutto ciò che aveva imparato in un unico solo! Ed io ero...sbalordita! Comunque penso che bisogna imparare la tradizione sin dagli inizi ma poi si dovrebbe dimenticarla, mettersela dietro le spalle. Ho avuto
Fred Hersch come insegnante ed era molto "brutale" con gli standards...pensa che lo chiamavamo "Fred Hurt". Si sedeva all'altro piano e ti diceva: "Suona All The Things You Are e suonalo giusto!". E poi chiedeva: "Come lo farai? Cosa stai facendo?"...E io magari rispondevo: "Ma.....", e lui subito: "Perchè?"..Insomma ti interrogava su ogni cosa e ti spaventava al tal punto che dovevi esercitarti in continuazione. Quindi penso che prima sia importante imparare quella che è la tradizione. Ora ci sono da imparare cent'anni di jazz e non è certo molto semplice fare delle scelte...Inoltre bisogna cercare di abituarsi a suonare con dei grandi musicisti, diventare degli apprendisti. E anche se bisogna in qualche modo ingaggiarli, chiamateli, pagateli e se hanno più di sessantanni, prendeteli e pagategli l'intero ricavato del concerto fatto insieme ma teneteli vicino perchè loro ti mostreranno cose molto importanti, imparerete molto. Anche noi facciamo ancora oggi così, Bobby ed io suoniamo con
Buster Williams ed ogni volta ci chiediamo (ndr. con aria di chi non vuol perdere alcun particolare): "Cosa ha fatto? Cosa ha detto?"...Queste persone hanno così tanta esperienza, sanno così tante cose...
M.L.:
Cosa ti rimarrà del tour con Peter Gabriel?
R.Z.:
Mamma mia! Tutto! Tutto! (ride guardando Marco Parisi, il tour manager italiano). Ho incontrato Marco attraverso il tour di Peter Gabriel e lui ha messo assieme l'intero tour. E' importante perchè la gente rimane, non tutti, ma solo alcune persone speciali, e poi li vedi in giro un po' dappertutto per il mondo. Ed è una cosa veramente importante. E poi musicalmente trovo che Peter, la sua voce, sia veramente speciale, i suoi brani, mi sento molto in sintonia con quello che fa. Poi desidero migliorare la mia voce e suonare più cose di questo tipo, nello stile rock, in un certo qual modo incorporata anche in questo trio, cantando... sai, anche Bobby canta. Ci sono un sacco di progetti che desideriamo portare avanti. Mi piace l'idea di elevare il livello di ciò che stiamo facendo....ma riguardo anche la qualità d'incisione, diventare migliori tecnici del suono....
Sai,
Rich Heaven è un ottimo tecnico del suono, e vogliamo avere anche questo aspetto. Vogliamo migliorare il modo in cui la gente ascolta la nostra musica.
M.L.:
Prossimo passo?
R.Z.:
Per il trio stiamo lavorando su materiale armonico... Stiamo cercando di trovare un miglior collegamento psichico e tecnico. Dobbiamo capire in che direzione ognuno di noi stia andando a livello armonico, dunque
Chris ed io stiamo lavorando molto su questo aspetto. Sai, per diventare come Gary Peacock e Keith Jarrett.... Loro lo sanno veramente (n.d.t. dove vanno armonicamente). Bobby ed io abbiamo suonato insieme per tre anni, dunque io e lui siamo abbastanza affiatati, sai, se lui gira a sinistra prima che io abbia girato, anch'io giro, dunque sappiamo esattamente dove stiamo andando. Ed ecco com'è. Ma armonicamente puoi
rischiare di..."deragliare"...dunque stiamo lavorando sodo per essere più "collegati" sotto questo aspetto. Questo per quanto riguarda il Jazz. E per quanto riguarda il Rock Bobby ed io abbiamo fatto varie bands. Una si chiama "Amplify" in cui Bobby canta, e Amplify
è la prossima sulla hit parade, così la facciamo a New York, e il CD dovrebbe
uscire in dicembre.
M.L.:
Quindi una musica a 360°...
R.Z.:
Sì, è fantastico...
E' sicuramente positivo non porsi limiti ma lasciarsi andare a seconda
degli stimoli culturali o anche semplicemente emotivi, che un genere di musica
possa provocare. Quando il tutto è svolto sempre con professionalità, il
risultato non può che essere positivo e Rachel Z ne è la dimostrazione.
Invia un commento
©
2000 - 2004 - Jazzitalia.net - Tutti i diritti riservati
© 2000 - 2024 Tutto il materiale pubblicato su Jazzitalia è di esclusiva proprietà dell'autore ed è coperto da Copyright internazionale, pertanto non è consentito alcun utilizzo che non sia preventivamente concordato con chi ne detiene i diritti.
|
Questa pagina è stata visitata 12.923 volte
Data pubblicazione: 31/10/2004
|
|