Intervista a Rachel Gould
Volterra (PI), Piazza dei Priori, domenica 8 agosto 2004
di Michela Lombardi
Incontro Rachel Gould bel backstage dopo il bel
concerto appena terminato in duo
con Luigi Tessarollo.
Michela Lombardi:
Hai cantato con grandi musicisti quali Chet Baker, Sal Nistico,
Woody Herman, Rita Marcotulli, Enrico Pieranunzi… Come hai incontrato questi grandi artisti?
Rachel Gould:
Con tutti i musicisti che hai citato sono entrata in contatto per vie diverse: Marcello Tonolo mi ha fatto conoscere Rita Marcotulli, mentre ho incontrato Enrico Pieranunzi grazie a
Riccardo Del Fra durante una sessione di registrazione a cui sono seguiti alcuni concerti a Parigi.
Chet l'ho incontrato ad un concerto di Clark Terry a cui ero andata ad assistere: è stato il produttore di Clark a presentarci e a coinvolgermi in progetti con lui. Sal Nistico l'ho conosciuto invece attraverso
Woody Herman: volevo cantare in una big band nella quale Sal veniva ogni tanto a suonare come special guest e Woody mi invitò al locale di New York chiamato
Sweet Basil dove la band suonava. E lì ho incontrato Sal…
ML:
E chi di loro ti ha influenzato di più e ti ha lasciato qualcosa di particolarmente importante in termini di ispirazione, consigli… chi definiresti il tuo "mentore", insomma?
RG:
Sicuramente Sal Nistico. Siamo stati sposati per dieci anni, e per tutto il tempo abbiamo suonato insieme.
ML:
Cosa ti ha portato in Europa, così lontana dal New Jersey, dove sei nata e hai iniziato a lavorare? La musica?
RG:
Oh, in realtà sono venuta a cantare in Europa non tanto per seguire la musica quanto per… allontanarmi da un uomo! Prima mi sono stabilita in Germania, dove sono rimasta per quindici anni.
Come ho detto prima, è stato in quel periodo che ho conosciuto Sal, in occasione di una visita in America, durante la quale capitai allo
Sweet Basil. Poi ci siamo trasferiti insieme in Europa.
ML:
Il tuo repertorio comprende standards ma anche molti brani di tua composizione. Come nascono? Scrivi prima la musica e poi i testi o viceversa? E sei solita fissare idee sparse che poi raccogli in un secondo momento o scrivi di getto?
RG:
Di solito scrivo prima la musica, a volte in una sola seduta ma può capitare che debba tornarci su in un secondo momento per completarla. Il testo viene molto dopo, e cerco di buttar giù subito una stesura pressochè definitiva che necessiti solo di piccoli aggiustamenti, per non perdere in compattezza e significato.
ML:
E quali sono le cantanti che ti hanno influenzata di più? Ho sentito chiari riferimenti a
Carmen McRae…
RG:
…lei è la mia preferita! E Shirley Horn, anche. Ma quando ho iniziato a cantare non conoscevo Shirley Horn, l'ho scoperta solo in seguito.
ML:
E stasera hai anche cantato una canzone meravigliosa, "You Are There", che apparteneva al repertorio di una cantante che mi è molto cara,
Irene Kral…
RG:
Sì, conosci quel suo disco in duo con Alan Broadbent, che inizia con un'altra bella canzone, "I Like You, You're Nice"?
ML:
Sicuro! A proposito di quel disco
(intitolato "Where Is Love?",
ndr) la stessa McRae scrisse nelle liner notes che chiunque ami la bellezza deve possederne una copia! E quali sono invece le cantanti di adesso che secondo te meriterebbero maggior visibilità?
RG:
Credo che Deborah Brown dovrebbe essere famosissima! È favolosa.
ML:
Possiamo dire che dopo il grande successo di Diana Krall, Norah Jones,
Michael Bublé e altri il canto jazz sta vivendo un momento di riscoperta anche da parte di giovani ascoltatori che prima ne erano intimoriti o che semplicemente lo ritenevano "passato", che ne pensi di questa nuova ondata? Sarà solo una moda?
RG:
In ogni caso, è una buona moda! Alcuni, tramite questi nuovi artisti, si avvicineranno al jazz più hardcore, altri no, ma va bene lo stesso. Non do giudizi, è comunque una cosa positiva.
ML:
Molti dei brani che hai cantato stasera fanno parte del cd che hai inciso con Luigi Tessarollo ma con una differente sezione ritmica.
RG:
Sì, stasera c'erano Nicola Muresu al contrabbasso e Giovanni Gullino
alla batteria, mentre nel disco ("Finally", pubblicato con l'etichetta Philology) hanno inciso Attilio Zanchi e Gianni Cazzola. Abbiamo registrato nel marzo dell'anno scorso. Ero stata per molto tempo in tour con un ottimo trio di Torino, quello del pianista Riccardo Ruggieri, ed è stato tramite Riccardo che ho conosciuto Luigi. Da lì è nata la nostra collaborazione.
ML:
State già lavorando a qualcosa di nuovo?
RG:
Mi piacerebbe molto, io e Luigi già parliamo di altri progetti insieme. Oltre al nostro disco è uscito recentemente un mio lavoro insieme al gruppo di Guido Manusardi, con Lucio Terzano al contrabbasso, Mauro Beggio alla batteria, Sandro Gibellini alla chitarra e Giulio Visibelli al sax.
Si intitola "Lost In Space", è pubblicato dalla Splasc(h) e contiene tutte composizioni di Guido. Con lui suonerò la settimana prossima.
ML:
Ho notato che la prima parte del concerto era composta da canzoni molto malinconiche, mentre avete concluso con swing sostenuti e sonorità molto solari. Qual è lo stato d'animo in cui sei più propensa a scrivere?
RG:
…davvero hai notato questo? In effetti è possibile, ma non l'ho fatto apposta! Comunque, per scrivere, non necessito di essere particolarmente nostalgica o felice: l'unica condizione importante è che non devo essere sotto pressione. Devo sentire che ho il tempo e la libertà per scrivere. Ma se sto a casa finisce che mi metto a far la lavatrice o mi attacco al telefono. Così evito di scrivere a casa, e approfittando del fatto che insegno al Conservatorio di
La Hague sono solita andare lì al sabato, quando non c'è nessuno. Lì sento di avere la libertà necessaria per comporre.
ML:
Quanto si sono rivelati utili i tuoi studi classici di violoncello per la tua formazione musicale?
RG:
Moltissimo, più di quanto immagini. Quando suonavo il violoncello cantavo anche in cori, e il fatto di suonare mi avvantaggiava molto nel mio modo di ascoltare, perché il violoncello spesso sta sul fondo della musica, proprio alla base, e
dato che cantavo come contralto facevo spesso le terze o le settime, cantavo nel mezzo degli accordi, mai la melodia o la
fondamentale, che però chiaramente tenevo presenti: così ho dovuto imparare ad ascoltare tutto quanto, non solo la melodia! È stato un lavoro importantissimo per me.
ML:
E come insegnante, tu che hai una densissima attività didattica, lavori molto su questo con i tuoi allievi?
RG:
Sì, certo. È fondamentale imparare ad ascoltare.
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la recensione del concerto del Rachel Gould e Luigi Tessarollo Quartet
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Data pubblicazione: 19/09/2004
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