Intervista a Patrizia
Scascitelli
febbraio 2004
di Marco Losavio
Patrizia Scascitelli,
romana, vive a New York dal 1981. La sua formazione classica le ha permesso di
crearsi un proprio linguaggio nell'ambito del jazz e di non avere chiusure
mentali dinanzi a progetti di più ampio raggio ma che abbiano in comune il
fattore della creatività.
M.L.:
Dal Conservatorio di S. Cecilia a New York! Come è avvenuta questa scelta?
P.S.:
Terminati gli studi classici sono approdata al jazz un po' come Alice nel paese delle meraviglie, mi sono ritrovata in uno scenario completamente nuovo, senza che avessi una conoscenza storica e musicale a riguardo. In famiglia nessuno ascoltava jazz, non esisteva una discografia jazz in casa, e parlarne al Conservatorio era considerato un tabù, ricordo che mi dicevano..."se suoni musica che non
è classica ti rovini la mano"...
Fu all'età di 12 o 13 anni che cominciai a chiedere cosa fosse il "jazz" ossessionata dal fatto che non lo pronunciassi bene quello strano nome, poi qualcuno mi diede un 45 giri di Louis Armstrong, che io non smisi di ascoltare se non fin quando sparì dalla circolazione.
In seguito, ero in Conservatorio quando conobbi un pianista siciliano di nome
Rino Taormina, che era tornato dall'America, dove aveva suonato per molti anni. Pianista con una tecnica eccezionale e sopratutto diverso dagli altri perchè sapeva improvvisare. Fu lui, il primo pianista che io ricordi, che non temeva di suonare e parlare di jazz al Conservatorio. Da li
è cominciato il mio interesse verso questa musica che sentivo "libera".
Successivamente insieme ad un gruppo di miei amici, intellettualmente curiosi, passai dall'ascolto del rock al jazz. Il corso di
Gaslini ha fatto il resto, anche se a volte mi
ritrovavo in crisi per aver trascurato la musica classica, ciò mi è capitato più
volte nel corso della mia carriera. Ma si sa, le grandi scelte sono sempre
sofferte, lo stesso è avvenuto quando lasciai l'Italia per New York. Questi
resteranno i penosi conflitti della mia vita, anche se poi alla fine
"conoscendomi" so che rifarei le stesse scelte, per soddisfare il mio spirito di
ricerca.
M.L.:
Massimo Urbani, con cui hai suonato,
lo menzioni spesso. Cosa ricordi di lui.
P.S.: Possedere quel tipo di talento che ti rende pioniere nel proprio campo, non
è una scelta consapevole, ti capita di esserlo e basta, allora accade che, il non potersi confrontare, si trasformi in grande solitudine e incomprensione. Questo, penso,
è ciò che abbia provato Massimo per la maggior parte della sua vita.
M.L.: Un altro musicista con cui hai collaborato è
Giampiero Prina.
P.S.: Conobbi Giampiero Prina all'inizio degli anni
'70, ero al famoso club di Milano "Jazz Power" con il gruppo degli allievi di Gaslini. Ricordo che lo presentarono come grande promessa del jazz italiano, aveva 16 anni. Senza dubbio ha saputo mantener fede a questa nomina, per il resto della sua vita. Sono contenta che
sia nel mio CD "Homecoming" (Splash Rec.1998).
M.L.: Chi rappresenta maggiormente oggi il piano jazz in America?
P.S.: Le influenze del Bebop sono ancora presenti nel pianismo attuale, anche se il linguaggio si
è evoluto, pertanto direi: Chick Corea,
Herbie Hackock, McCoy Tyner.
M.L.: Secondo te qual è l'ultimo pianista che ha dato un contributo all'evoluzione del jazz? E più in generale, pensi che il piano jazz si sia evoluto o pensi che si sia fermato a un certo periodo?
P.S.: Non esiste un solo pianista che possa dare un contributo all'evoluzione del jazz, direi che vi sono stati alcuni pianisti che sono divenuti maestri, che hanno presentato e sviluppato idee nuove, magari ascoltate chissà dove, esposte magari da qualcuno che non era famoso o che magari era lì a suonare per strada. I Maestri diventano quindi il punto di riferimento, citerei di nuovo
i tre grandi, che ho citato prima, aggiungendoci Keith Jarrett e poi attualmente citerei
Jason Moran, Brad Mehldau e grazie al cielo molti ma molti altri. Senz'altro il piano jazz si
è evoluto.
M.L.: Ci sono, sopratutto in Europa, molti tentativi di fusione tra folklore, musica etnica e jazz. Pensi che siano dei tentativi di "appropriazione indebita" di questa musica o pensi che sia una naturale evoluzione della cultura musicale europea? E come
è visto tutto ciò in America?
P.S.: Nessuno può dettare ad un artista ciò che può e non può fare, io direi che ci sono opere di valore e altre di poco conto. Un esempio di fusione stilistica di grande qualità
si può ascoltare nel CD di Danilo Rea " Lirico". Anche in America
queste fusioni sono avvenute in passato e continuano tuttora, anche se con stili
musicali più presenti nella cultura Americana, tipo la musica Africana e
Latina.
M.L.: Cosa ne pensi della cosiddetta avanguardia?
P.S.: Questa domanda mi suona strana, pensavo fosse passata di moda...
M.L.: Tu che musica ascolti in genere?
P.S.: Jazz, ma anche altri generi musicali.
M.L.: ...e con chi ti piacerebbe lavorare e in che tipo di progetto?
P.S.: Sono molti i musicisti con cui mi piacerebbe lavorare, solo al pensiero che Benny Golson abita qui di fronte a casa mia, mi entusiasma. Altri famosi musicisti abitano in questa zona di Manhattan, Upper West Side, il fatto
è che la situazione è cambiata negli ultimi anni, c'è meno lavoro per via della crisi economica, e quindi sono diminuite le possibilità ai musicisti di fare scambi e prendere iniziative. Però se mi vuoi far sognare, allora direi sì ad un grande progetto, che includa oltre alla musica, altre forme d'arte tra cui: arti visive, video, danza e pittura con artisti che creano nello stesso spazio, anche se non necessariamente allo stesso tempo, e con il pubblico libero di accedere al palco o a questo "spazio" ideale...Lo chiamerei un happening creativo collettivo.
Patrizia Scascitelli
Close Up
"Good tunes, excellent musicians. A melting pot of style, moods, tempo and concept that keep your interest up. Patrizia, Keep up the good work!"-
Randy Brecker "Variety of concept, artistic excellence, and musicianship of high quality are elements that I always look for in a CD and Patrizia Scascitelli's
Close Up has all three in abundance. I much enjoyed the different formats that were achieved by musicians doubling on horns and dropping in and out of the selections, and the changing moods, tempos, and contexts -- blues, ballads, bossa, cooking swingers, bop, a touch of free form, and even a dip into ragtime -- lent to the proceedings the feel of a lively concert with all participants in top form and compatible to a T. This splendid effort should bring attention to Ms. Scascitelli's considerable pianistic talents as well as to her impressive flare for composition, all of the tunes having been penned by her. Her musical companions on the session are first-rate."
W. Royal Stokes, former editor of JazzTimes and author of The Jazz Scene,
Swing Era New York, Living the Jazz Life, and the forthcoming Jazz Profiles. |
M.L.: Ci vuoi parlare del tuo ultimo lavoro?
P.S.: Ho prodotto e registrato lo scorso Giugno qui a New York il mio nuovo CD, dal titolo "Close Up". Sono 11 brani, tutte mie composizioni. I musicisti che ne fanno parte sono:
Jim Seeley, flugelhorn – trumpet; Mark Gross, alto & soprano sax- clarinet;
Ada Rovatti, tenor sax;
Bob Bowen, bass; Carlos Cervantes, drums. I solisti sono i migliori sulla scena newyorkese,
Jim Seeley suona nell'orchestra Chico O' Farril's Afro Cuban Jazz Big Band
e
Mark Gross in quella di Dave Holland e Duke Ellington.
Ho scelto per
la registrazione, il missaggio e la masterizzazione il Systems Two Studio in
Brooklyn, noto anche per aver registrato molti dischi per l'etichetta Blue Note.
L'etichetta che lo pubblicherà la prossima estate è l'Apria Records.
M.L.: Bene, quindi rimaniamo
in attesa di ascoltarlo quanto prima. In quale direzione sta andando la musica di Patrizia Scascitelli?
P.S.: Ho molti progetti che porto avanti contemporaneamente, oltre alla musica per sestetto
che mantiene lo stile dell'ultimo CD, scrivo per oboe e piano, brani che a volte suonano come musica classica contemporanea, questo perchè collaboro con un oboista che suona sia jazz che musica classica; poi suono il keyboard con il batterista
Carlos Cervantes e Chiqui Ortiz al basso elettrico, quindi i pezzi che suoniamo sono stile fusion melodico. In conclusione direi che la direzione che seguo
è quella di scrivere o suonare, a secondo degli organici in cui mi trovo, uso un particolare stile per esprimere una particolare emozione. Per me lo stile
è al servizio dell'artista e non il contrario.
M.L.: Parlaci di qualcuno a cui senti di dovere qualcosa, qualcuno che
è stato importante per la tua carriera, per la tua vita.
P.S.: Giorgio Gaslini, non solo è stato importante all'inizio, ma anche durante e recentemente. Persone come lui sono rare.
M.L.: A quando in Italia?
P.S.:
In Aprile e appena avrò tutte le date ve le comunicherò sul sito "Jazzitalia". (ndr: sono già
pubblicate al seguente link)
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Data pubblicazione: 03/04/2004
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