è stato un progetto molto particolare perché si è trattato di un lavoro di riadattamento di questi brani scritti da
Tom Waits in italiano, per cui come tu puoi immaginare, non una semplice traduzione che comunque già esisteva, ma proprio un adattamento musicale, alla melodia, e tutto quanto. Ed è stata una cosa che è nata come una idea un po' "balzana", nel senso che lì per lì mi era sembrata anche abbastanza irrealizzabile (ride)… Poi, piano piano, è stato un pò come trovare una specie di varco in un muro, e una volta trovato il varco, non dico che il muro sia crollato, ma quasi. In più è stato un lavoro impegnativo perché c'è stato bisogno di una autorizzazione per fare questa cosa, per cui ho dovuto mandare i testi alle persone che lavorano per Tom Waits. Non so se li abbia visionati lui personalmente, comunque c'è stato anche questo lavoro di controllo che da una parte è stato un "problema" in più da risolvere, una seccatura, però dall'altro è stata anche una gratificazione perché è stato approvato questo lavoro, per cui ero doppiamente soddisfatta. In più la particolarità del disco è anche che io ho sempre lavorato con formazioni acustiche, molto "live" come spirito, e nel disco ci sono delle contaminazioni elettroniche invece, che rendono, secondo me, la cosa particolarmente intrigante. Io ho sempre apprezzato molto le commistioni sia stilistiche che anche acustico-elettroniche, e quindi quando mi hanno proposto di "sporcarlo" con questi suoni, sono stata ben felice di fare questo esperimento, che, direi, che è venuto bene. Più che bene.
E.S.: Presente, Futuro?
L.F.:
Per quanto riguarda i miei programmi: uscirà a breve il mio nuovo cd
- il mio primo cd live! - che, come tu ben sai, è stato registrato
all'Auditorium di Radio Popolare ed è interamente incentrato sulle canzoni
di Nina Simone. Questo progetto mi appassiona moltissimo, in quanto Nina
aveva un repertorio estremamente affascinante ed eterogeneo, e io ho sempre
provato l'irrefrenabile desiderio di spaziare da un genere all'altro. In
effetti, le restrizioni stilistiche mi stanno addosso come un paio di
scarpe strette...non so se rendo l'idea...Frugando tra il suo vasto repertorio ho trovato delle cose molto interessanti e anche molto poco suonate. Alcuni pezzi li ho tenuti abbastanza fedeli all'originale, alcuni altri invece li ho riarrangiati adattandoli alla formazione, che è un trio: piano, voce, contrabbasso e batteria. Batteria anche molto percussionistica in certi brani.
E.S.: Per cui hai curato tu tutti gli arrangiamenti….
L.F.: Sì, sì… Gli arrangiamenti diciamo che partono sempre da me, poi chiaramente il batterista ci mette del suo e il bassista ci mette del suo...Io
fornisco l'input iniziale, poi loro fanno delle proposte che vengono accettate...o meno.
E.S.:
Siamo incuriositi dall'uscita del tuo libro. Ce ne vuoi parlare?
L.F.: Si! Anche il libro! Periodo denso, dopo il quale avrò bisogno di
un'altra vacanza...Diciamo che, dopo tutti questi anni di insegnamento,
durante i quali ho coniato quello che posso definire il mio metodo, avevo
voglia di mettere un po' di ordine, di stabilire una specie di percorso; e
difatti il libro si chiama Il canto: appunti di viaggio. Non è un vero e
proprio metodo, anche se contiene esempi, esercizi, con tanto di cd
allegato, quanto piuttosto l'esposizione del mio punto di vista sull'essere
cantante e musicista, al di là della tecnica che, peraltro, nel mio libro non
viene approfondita. Senso del ritmo, interpretazione, gestione del palco,
della band, agilità: questi sono alcuni degli argomenti trattati. Devo dire
che sono particolarmente orgogliosa ed emozionata dall'uscita, tra l'altro,
recentissima, di questa mia "creatura", forse perché rappresenta la mia
prima esperienza come autrice; in effetti, quando ho iniziato a scriverlo,
l'ho fatto così, senza crederci troppo, dicendo a me stessa: "Io lo scrivo,
poi vediamo che succede". Era una cosa assolutamente nuova, per me; ok, a
scuola ero molto brava in italiano e facevo bei temi, ma da qui a scrivere
un libro c'è una certa differenza. Sono rimasta quindi piacevolmente
stupita quando ho visto che la mia creatura suscitava un certo interesse...E insomma, poi le cose sono andate avanti, e ora il libro è appena uscito
per la Curci. Speriamo che susciti lo stesso interesse anche tra i lettori!
E.S.: Non abbiamo dubbi...Anche perché un libro scritto da una insegnante di canto che comunque è cantante, e praticamente vive sul palco...ed è una musicista, non solo cantante...
L.F.: ...infatti, la parte pianistica, legata allo strumento, ha una parte molto importante nella mia formazione artistica (l'ha avuta e l'ha tutt'ora). Per cui chiaramente, questa è una cosa che si riflette sul libro. Io cerco sempre di spronare i cantanti in qualche modo ad essere anche musicisti, anche se non suonano. Ma di porsi, almeno mentalmente in quest'ottica da musicista. "Tu cosa suoni? – Niente –
Però canti; quindi il tuo strumento è la tua voce".
E.S.: A parte il piano… tu suoni anche altri strumenti, se non sbaglio.
L.F.: Suono un po' la fisarmonica, e basta…. Bé, suono la chitarra, ma un po' da "spiaggia"…
E.S.: Una curiosità: nella tua vita, tornando indietro nel tempo a quando eri una bambina, come hai avuto i primi approcci alla musica? Hai iniziato con lo strumento e poi sei passata al canto o viceversa?
(La voce ovviamente è una cosa che utilizziamo tutti fin dal primo vagìto, per cui è chiaro che da un certo punto di vista tu abbia iniziato prima con la voce), ma qual è stato il primo percorso a livello di studio? Voce o strumento?
L.F.: Direi lo strumento, anche se...Ora ti spiego come è andata. Io avevo cinque anni, penso...Ho una sorella maggiore che aveva voglia di suonare il pianoforte, quindi è stato portato a casa nostra questo vecchio pianoforte con i porta-candela attaccati...In quell'occasione è venuto fuori che io questo strumento lo sapevo suonare...La classica bambina prodigio...Per cui per me è stato semplice...Non è che abbia dovuto studiare molto. Avevo già l'indipendenza delle mani, eccetera. Dopo di che, per anni la musica è stata una sorta di hobby per me anche se avrei dovuto capire che invece quella era la mia strada...Avrei dovuto capirlo prima...Ma insomma, si fanno degli sbagli. Poi ho riparato (ride). Volevo fare l'insegnante di ginnastica, ho fatto un anno di I.S.E.F.
... Questo è stato il mio primo approccio con la musica. Chiaramente si cantava in casa, ma era tutto un gioco, non c'era niente di serio anche perché da bambina, ti dico la verità, non avevo voglia di prendere lezioni. Hanno provato a farmi prendere lezioni di piano, ma mi addormentavo sulla tastiera! (ridiamo entrambe) Ma...mi addormentavo proprio!! Cioè, mi cadeva la testa, ahimé! Quindi l'idea si è sviluppata molto, molto più avanti.
E.S.: Che musica ascolti?
L.F.: In realtà ho sempre ascoltato di tutto...Di tutto, ovvio, non è proprio vero...per esempio la fusion non l'ascolto, non mi piace, la musica classica, ahimé, faccio una certa fatica...Mi piace molto il rock, che tra l'altro è uno dei pochi generi che non ho mai cantato, perché ho cantato il funky, ho cantato il soul, il jazz e il blues li canto tutt'ora, ma il rock mi piace tantissimo e ho sempre ascoltato comunque generi diversi, cantanti diversi, senza mai...Si, mi sono soffermata ovviamente su alcuni di questi quando ci sono stati gli "innamoramenti"; le scoperte con relativo innamoramento.
E.S.: Parlacene! Facci qualche esempio!
L.F.: Non mi ricordo l'età, però ancora non facevo questo lavoro per professione, c'è stato l'innamoramento di
Aretha Franklin. Poi c'è stato l'innamoramento dei Manhattan Transfer poco dopo, poi c'è stato l'innamoramento di
R. Lee Jones, Tom Waits...Ma sempre in maniera molto critica, nel senso che non ho mai avuto miti. Ho sempre distinto, cioè, c'è del bello in questo artista ma c'è anche del meno bello. E tra l'altro questa cosa l'ho anche "sviscerata" in maniera abbastanza giocosa alla fine del mio libro: ho fatto una "Top-18", cioè ho messo 18 nomi di 18 voci che in qualche modo mi hanno toccato, con anche il perché, cosa mi piace e al limite anche cosa non mi piace di queste voci. Sempre secondo il mio credo, che è sempre stato quello di non copiare nessuno, e quindi chiaramente...prendere, perché quando ascolti qualcosa poi automaticamente assorbi...Però assorbire da tutti e da nessuno, in modo da avere una personalità assolutamente autonoma.
E.S.: Qualcosa che vuoi trasmettere ai lettori di Jazzitalia o a chi può leggere l'articolo. Hai qualcosa da dire su come sta andando avanti il discorso musicale in Italia? Secondo te i musicisti sono aiutati a portare avanti i loro progetti?
L.F.: Ma no, assolutamente no...Lo sappiamo che il momento non è affatto positivo rispetto alla metà degli anni '80, periodo in cui ho iniziato. Le cose, da allora, sono peggiorate parecchio.
Ma mi pare di capire, non solo in Italia. Anche in Germania, dove lavoro parecchio, mi dicono la stessa cosa. Per cui non so se farne una colpa alla mentalità un po' melodica italiana...Non lo so...E' così e non mi vengono in mente soluzioni o rimedi a questa cosa. Probabilmente una soluzione potrebbe essere quella di cercare di non "sedersi" mai, di evolversi sempre, di fare delle cose nuove, anche se non è del tutto vero, perché c'è gente (anche senza fare nomi) che fa le stesse cose da anni e anni ed è contenta così. Lavora e va avanti...Non so...O forse dipende anche da quello che hai voglia di fare. Io mi riciclo ogni volta, ma perché mi piace, perché sento di volerlo fare. Non lo so, se lo sapessi probabilmente sarei una specie di guru. Speriamo che ci sia un miglioramento, una evoluzione in positivo...Speriamo che si torni ad avere una città piena di club e di musica...Non solo jazz, ma di musica bella, di qualità, dove la gente ti ascolta, ma anche dove vieni valorizzato, perché comunque ci sono dei posti dove la gente va a suonare ma i musicisti non vengono valorizzati, per cui questa non è colpa né dei musicisti né del pubblico, quanto della gestione del locale...Ci
sono un complesso di cose che vanno viste...
E.S.: Il rispetto per il musicista è fondamentale, perché una persona che sta suonando o una cantante che sta cantando, sono come delle persone che ti stanno parlando, e il minimo che si possa fare è prestare attenzione.
L.F.: Bisogna mettere le persone in grado di farlo nel migliore modo possibile, senza pretendere palchi mega...Anche le situazioni piccole possono avere una loro bellezza, una loro dignità. Cosa che non vedo molto spesso...Non so, vai in un locale a sentire la gente che suona, e li vedi buttati lì in un angolo, male illuminati...Questo è un altro argomento che ho trattato nel libro...La
gente è anche un po' influenzabile dalla presentazione. Se presenti la cosa in
un certo modo si comportano di conseguenza, sia in bene che in male...