Il grande chitarrista De Paula si è esibito all'Amstrong Club della Giovani Italia
Irio, poeta di Rio de Janeiro
E' un musicista autodidatta: "A sei anni suonavo già nelle radio e in tv"
di
Mara Varoli - La Gazzetta di Parma
E' il poeta di Rio de Janeiro. Il poeta della musica che arriva all'anima e vibra nel corpo.
Irio De Paula è un chitarrista sorprendente, dove le note sostituiscono le parole in un racconto di sentimenti, emozioni, di amore e di tristezza. In concerto al "Louis Amstrong Jazz Club" della Giovane Italia in piazza Santa Croce, Irio De
Paula è arrivato al "cuore" della gente. Dal Brasile per portare quei ritmi e quelle melodie che fanno parte della cultura e della tradizione di un popolo, ma al tempo stesso si riconoscono come le radici del mondo e dell'uomo.
Irio De Paula si racconta in oltre un'ora e mezza di colore. Alle spalle
oltre 50 registrazioni: bossa nova. choro, balanço e la cosidetta "Samba Jazz", quando è in Trio. Prossimamente usciranno i lavori eseguiti con
Gianni Basso e Fabrizio Bosso. Ma a Parma ha suonato in un a solo per composizione del Nord del Brasile, Baden Powell e Jobim. Melodie più o meno conosciute che hanno entusiasmato il numeroso pubblico presente. Un successo per un artista che ha colpito lo spettatore per l'armonia, le atmosfere, i giochi, le seduzioni: "Sono un musicista autodidatta e quindi ho imparato da solo e le composizioni nascono spontaneamente
- confessa -. Non mi sono mai messo a tavolino per scrivere. Non penso di comporre, ma poi improvvisamente arriva quella luce e finalmente c'è l'idea. Non ci sono parole, testi, ma quando nasce la canzone, la melodia si sviluppa sempre, non finisce mai. E sono canzoni che raccontano tanto: la melodia non ha bisogno delle parole. Tutto dipende dalla persona che fa la musica e che sente la musica."
D:
Cosa accade invece con quello che viene definito "samba Jazz"?
IDP:
Beh è molto diverso. Innanzitutto si usa la chitarra elettrica e non la classica e poi c'è una struttura musicale complessa, con un batterista e un bassista. E' una formazione più jazzistica, con brani strumentale brasiliani anche molto conosciuti, con miei arrangiamenti. E' un tipo di musica che piace agli appassionati
di musica brasiliana e anche agli appassionati di jazz.
D:
Che cosa c'è dietro la musica brasiliana?
IDP:
Noi abbiamo la saudade, una specie di nostalgia anche se non esiste una
traduzione esatta: forse struggimento. E' molto bello, perchè
comunque anche in un brano allegro c'è sempre un velo di tristezza. E' una cosa
che sentiamo noi, un sentimento spontaneo. Ma ogni musicista brasiliano ha una
formazione diversa.
D:
Quale è stato il suo percorso?
IDP:
Il mio percorso è stato meraviglioso. Ho iniziato prestissimo e non ho mai avuto maestri. A cinque anni ho preso in mano la chitarra di mio padre, che fra l'altro non sapeva suonare. E già così piccolo, ho capito che la musica per me era un dono della natura e non ho voluto studiare: a sei anni suonavo nelle radio e nelle televisioni brasiliane. Non mi sono accorto dei progressi che facevo. Solo qualche anno fa ho capito quanta strada avevo percorso. In Brasile, quando potevo accompagnavo una cantante e con lei e altri 12 musicisti abbiamo fatto una tournée in Europa. Siamo
arrivati a Roma e abbiamo debuttato al Teatro Sistina ed è successo un
imprevisto: ho incontrato l'organizzatore di un Festival Jazz a Pescara. Così ho
firmato il contratto.
D:
Dopo di che si è appassionato dell'Italia?
IDP:
No, io non ho scelto l'Italia: sono capitato qui. Da quel festival ho iniziato a fare tanti concerti, trasmissioni televisive e dischi. Così sono rimasto. D'altronde, la musica è la mia vita. La musica è una cosa molto seria, è divina. Non bisogna fare musica per politica, ma perchè si sente dentro se stessi.
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Data ultima modifica: 05/01/2008
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