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 Intervista ad Attila Zoller
 Cadence Jazz Magazine
 Presa e trascritta da Bill Donaldson.

 Visita il loro sito web: www.cadencebuilding.com
 
Traduzione di Antonio Terzo
Click here to read the english version


© ENJA RECORDS

Attila Zoller, grande chitarrista, sottovalutato e riscoperto dopo la sua morte, riconosciuto come uno dei migliori da colleghi del calibro di Jim Hall, Pat Metheny, John Abercrombie, Mike Stern, John Scofield..., ha incontrato Bill Donaldson il 9 gennaio 1998, pochi giorni prima della sua morte avvenuta i 25 gennaio a causa di un male incurabile. Durante questa sua ultima intervista, Attila Zoller lascia trasparire un senso di irrequietezza e di evanescenza dovuti sia alla consapevolezza del suo stato di salute sia ad una considerevole quantità di morfina ingerita. Sia Bill Donaldson nella versione inglese che noi in quella tradotta in italiano, abbiamo scelto di lasciare il parlato di Attila Zoller quanto più fedele possibile per cercare di far trasparire anche l'aspetto emotivo del momento. Sapeva di dover morire, sapeva che era in qualche modo finita ma era disponibile a raccontare la sua storia, a trasmettere il suo amore per la musica. Ringraziamo Bill Donaldson e Cadence Jazz Magazine, per averci concesso l'autorizzazione di pubblicare in esclusiva questa lunga e per certi versi sconcertante intervista ad un musicista come Zoller. So long Attila!
Marco Losavio

CAD: è nato il 13 Giugno del 1927?
AZ: Sì, a Visegrad (Ungheria).

CAD: La sua era una famiglia "musicale"?
AZ: Sì mio padre lo era, era un insegnante professionista, stava per divenire violinista concertista, ma non faceva concerti [ancora], quello era il suo obiettivo... Vivevamo nella zona fuori Budapest... In effetti tutta la mia famiglia lo era: mia sorella suonava il violino, mia madre invece suonava un po' il piano e cantava.

CAD: Dove insegnava suo padre?
AZ: Al conservatorio di Budapest, prima della guerra. Mi introdusse al violino quando avevo quattro anni, e dopo ho suonato la tromba, a nove o già dieci anni. Ho scelto subito la tromba e poi ho preso lezioni. Quando sono andato alla prima classe delle superiori mi sono unito all'orchestra di lì, suonando in un'orchestra fino a 17 anni.

CAD: Che musica suonava lì?
AZ: Bartok e la musica di Kodaly, sa, roba Ungherese.

CAD: Ha cominciato a suonare la chitarra dopo le superiori?
AZ: Dopo la guerra. Durante la guerra suonavo la tromba, ancora…

CAD: Quando si diplomò?
AZ: La guerra fece chiudere la mia scuola nel 1945. Allora andai a Budapest e comincia a lavorare. Era tutto un caos all'epoca in Ungheria, capisce…

CAD: Com'era l'Ungheria allora?
AZ: Beh, negli ultimissimi mesi entrarono i soldati. Prima subentrarono i Tedeschi, e poi i Russi. Ed allora era piuttosto un casino.

CAD: Era coinvolto da tutto ciò?
AZ: Beh, vede, ero nella mia città natale, Visegrad, e dovevo sopravvivere.

CAD: Ha continuato a frequentare le superiori finché ha potuto?
AZ: No, era difficile. A novembre ci mandarono a casa e non potevamo andare a scuola… E l'anno successivo, a maggio, ce ne andammo a Budapest per la prima volta. Per cinque mesi non potei andare a scuola... Voglio dire che era un brutto periodo... arrivarono i soldati. Cominciai a suonare la chitarra proprio allora, perché c'erano i soldati. Alcuni di loro si ubriacavano, se c'era una chiesa era buono, sa, ed io stavo vicino la chiesa.

CAD: Suonava in chiesa o per i soldati fuori dalla chiesa?
AZ: Già, suonavo un po' in chiesa. Sono cresciuto nella chiesa, vivendo porta con porta con la chiesa… Intendo che in città, sulla piazza della chiesa c'era casa nostra…

CAD: Ha suonato la chitarra per intrattenere i soldati?
AZ: Sì, loro venivano e suonavano ed io suonavo: alcuni di loro suonavano la fisarmonica, e allora suonavamo fisarmonica e chitarra. Inventavo gli accordi, potevo sentire gli accordi. Ad orecchio potevo metterli ai motivi che conoscevo… non è normale… S'impara…

CAD: C'erano soldati Tedeschi o Russi?
AZ: Erano Russi. I Tedeschi c'erano prima di loro, ma io ho imparato a suonare la chitarra quando vennero i Russi.

CAD: C'erano violenze?
AZ: Oh, un po'… qualche stupro – soldati che andavano in giro cercando qualche donna, capisce. Potevano prendere qualunque cosa volessero... Grazie alla mia carriera jazzistica non avevo nulla a che fare con questo. Andai a Budapest, successivamente suonai in una band lì. In pochi mesi, tramite un altro suonatore di fisarmonica con cui mi esibivo a Visegrad, incontrai il miglior fisarmonicista di Budapest.

CAD: Tabanyi Pinoccio?
AZ: Già: e come conosce Tabanyi?

CAD: C'era qualcun altro nella band?
AZ: Sì, c'era anche un basso e talvolta un piano. E vi suonava anche un clarinettista… ma di base si componeva di fisarmonica, basso e chitarra.

CAD: Dove suonavate?
AZ: In ristoranti, sa. Con quegli ingaggi si suonava ogni sera, per mesi. Nel '46, cominciai ad essere più noto a Budapest. Nell'estate del '46… o del '47…scendemmo verso il Balaton, un grande lago. D'estate si andava lì per un ingaggio così come si andava verso le Catskills. Sono come il Balaton lì. E' un grande lago; non si riesce a vedere l'altra sponda... Si trattava di piccoli ingaggi... non è importante, mi chieda qualcosa di rilevante.

CAD: Oh, ma è importante. Quando si trasferì a Vienna?
AZ: Nel '48, lì cominciai ad interessarmi di jazz.

CAD: Fu con Vera Auer?
AZ: Già... Incontrai Vera Auer in uno spettacolo di varietà a Vienna. Suonavo il basso nella buca [il golfo mistico, qui invece chiamato in gergo e nel linguaggio più leggero N.d.t.]. Suonavo anche il contrabbasso e Vera suonava la fisarmonica. Ecco come sono stato preso nella sacca della fisarmonica! (ride)

CAD: Come l'ha conosciuta?
AZ: E' un'altra storia buffa… il modo in cui la conobbi allora. C'era questo ragazzo che stava prendendo una fisarmonica fatta dalla Hohner – era Tanabyi, che era in Ungheria... E venne rubata alla fine del '47 o all'inizio del '48... io stavo andando a Vienna e questa donna sul palco suonava Bach e questa rapsodia – lo sa, musica classica alla fisarmonica – era come un'orchestra. Così mi accorgo che la fisarmonica era la stessa che aveva Tabanyi, con lo stesso numero [di serie] su di essa... Pensavo che qualcuno l'avesse rubata a Budapest e l'avesse portata a Vienna. Chiesi: "Dove ha preso questa fisarmonica?"… Andai nel suo camerino, ed ecco come ci siamo conosciuti. Le raccontai la storia e che volevo la fisarmonica di Tabanyi, e lei disse: "Oh, conosce Tabanyi!" Risposi: "Sì, ho lavorato un anno con lui". E lei "Oh, è il mio grande idolo!" e cose così. E ci mettemmo insieme… e lei si interessò a suonare jazz. Intendo non come suonava Tabanyi.. Ok, così io seppi tutte le sue cose, per un intero anno.

CAD: Vera dove ha ascoltato jazz?
AZ: In diverse band di jazz. Aveva sempre voluto suonare jazz, e allora ci mettemmo insieme e formammo un trio, ancora con me alla chitarra. Lei era davvero brava negli affari, e riusciva a prendere varie serate. Suonammo allora nei club americani. Mettemmo insieme un basso, un piano ed anche una batteria... Sono stato con lei fin dal '53. Suonavamo soprattutto a Vienna… Andammo a Istanbul, in Turchia per tre mesi nel '51. Suo fu il primo gruppo in cui io ebbi a che fare con il jazz. Joe Zawinul suonava con noi, sa... Divenne il nostro pianista, dopo, e avevamo Hans Solomon al sax contralto e al clarinetto. Suonavamo cose nello stile di George Shearing, e avevamo in repertorio pure qualche roba di swing… suonavamo anche musica di Tristano, un paio di cose che avevamo ascoltato sui dischi. Era all'inizio. Quando ascoltai per la prima volta il King Cole Trio con Oscar Moore e Slam Stewart…quel disco lo avevo già ascoltato a Budapest, ma in realtà il primo jazz che ascoltai fu a Vienna. La musica di Tristano e più tardi Mulligan. Poi quando venni negli USA, ascoltai Clifford Brown e Max Roach. Essi mi hanno completamente convertito al cool-jazz. Musicalmente non era buono…quel cool-jazz… ma il suono di Lee Konitz mi si è appiccicato addosso. E Lee Konitz era il mio idolo…per il modo di improvvisare. Nel '55 ci incontrammo a Colonia, in Germania. E quando andai lì, lui era mio amico. Andai a casa sua, a vedere che bella famiglia aveva. Adesso s'è risposato e vive in Germania. E' stato divorziato per tanto tempo e poi la sua seconda moglie è morta. Comunque, siamo stati amici da sempre, e abbiamo anche registrato nel frattempo. Nel '68 avevamo un disco, si chiamava Zo-Ko-Ma, un disco MPS. Ho suonato in tutto il mondo poi. Più tardi eravamo con Tony Scott…cominciai a suonare con lui nel '58. Nel suo gruppo ebbi l'occasione di suonare con Bill Evans e Jimmy Garrison…e Pete La Roca. Bill Evans era membro del gruppo di Tony. Questo avveniva quella volta che Scott LaFaro venne di lunedì pomeriggio…per una delle nostre prove. E allora si sedette lì con Bill…già, fu bello. E poi in seguito ho suonato con Chico Hamilton e Herbie Mann.

CAD: Si unì a Jutta Hipp dopo aver lasciato il gruppo di Vera Auer?
AZ: Quello fu a Francoforte. Incontrai Jutta quando andai a Francoforte e diventammo amici. Fu in quel club di hillbilly….si faceva Nashville music a Francoforte... suonavano cose tipo Steel Guitar Rag… (ride)… Era il club "NCO", e c'erano molti soldati là. Quindi fu una bella esperienza per me. Inoltre, suonava lì un fisarmonicista che conosceva tutti i motivi e così via; non ricordo più il suo nome… Jutta suonava il piano. Più tardi dovetti trovare qualche altro ingaggio con altre band in cui potessi fare qualche soldo. Così andai in Olanda, con un gruppo di danza, che era in effetti una buona jazz band. Ma suonavano il loro programma per musica da ballo. Fu buono, feci un po' di soldi...comunque non fu con Jutta… Dopo l'Olanda andai a Norimberga. Fu verso la fine di un ingaggio estivo in Olanda, e durò sei mesi. Lavorammo fino a marzo, fu un buon ingaggio… pagavano tre volte il salario pagato dagli altri gruppi. E dopodiché tornai da Jutta (a Norimberga)… perché avevamo avuto alcuni attriti... In Germania lei era già una pianista jazz affermata, ed era come se lei fosse l'unica pianista jazz in Germania. Non c'erano molti bravi pianisti…intendo nessuno del suo calibro. Suonammo in Svezia ed in un po' di club americani a Francoforte nel '55. Lei andò negli Stati Uniti nel novembre del '55. E allora io suonai in una band olandese in Francia, in vari club americani per i soldati stanziati lì. Finito con la band olandese, non riuscii a lavorare lì, e allora seguii Jutta a gennaio…o febbraio. Ecco perché mi trovavo lì nel '56 – c'eravamo fidanzati e si aspettava di sposarci…ma ci lasciammo. Con Jutta ho avuto qualche contatto…

CAD: Ma questo non le procurò un qualche lavoro?
AZ: No, non restai. Stetti da Jutta, allora, per tre/quattro settimane. Lei si ritirò nel 1960. Un mucchio di gente pensa che lei abbia registrato con Stan Getz, ma è un grande malinteso: lei ha registrato con Zoot Sims... Non penso che abbia mai registrato con Stan Getz, tranne in un solo brano: c'è un suo disco in cui Stan suona in un pezzo.

CAD: Cosa fece dopo Jutta dopo essersi ritirata?
AZ: Si impiegò in qualche negozio di abiti, facendo riparazioni o qualcosa di simile. Cuciva pantaloni, se sai che intendo. Non l'ho mai vista al lavoro, ma so che era un negozio di sartoria.

CAD: Perché smise di suonare?
AZ: Non so. Tutti cercano di strapparle un'intervista, ma lei non dice perché. E allora, dopo che rompemmo, io andai in Europa per iniziare con Hans Koller. Avevo già un appartamento a Francoforte così pensavo che sarei tornato in Germania per fare un po' di soldi e rientrare poi (negli States). Un amico mi aveva già inviato un telegramma dicendomi che avrei potuto cominciare con Hans Koller il primo aprile. Hans Koller era un sassofonista con il quale Jutta era solita suonare prima che si ritirasse… avevano iniziato con propri quintetti... uno nello stile di Tristano, con Emil Mangelsdorff al sax alto e Joki Freund al tenore. All'epoca essi erano ottimi musicisti stabilitisi in Germania. Per il resto dell'anno suonai con Hans Koller nella zona di Colonia. Roland Kovacs stava al piano, Johnny Fisher al basso e Rudi Sehring alla batteria.

CAD: E' stato toccato dalla rivoluzione ungherese del 1956?
AZ: Certo, i Russi vennero con i carri armati e tutto, ma io ero già fuori il paese da otto anni.

CAD: E la sua famiglia era ancora in Ungheria?
AZ: Mia madre stava ancora lì. Non la rividi più. Non potevo ritornare in Ungheria in quel periodo. La volta successiva che tornai in Ungheria era il '66... Mia sorella vive ancora lì.

CAD: Sua sorella era là durante la rivoluzione?
AZ: Sì, erano tutti là. Quattro settimana fa, c'è stata una grande celebrazione in Ungheria.

CAD: Qual è il nome di sua sorella?
AZ: Rinunciaci: è un nome difficile. Non sapresti neppure come scriverlo... Deve perdonarmi, ma detesto questo tipo di cose (le interviste). Odio farne: ho più di 70 anni, ok? E non sto cominciando la mia dannata carriera, e ora tu te ne spunti con un'intervista: in ritardo di trent'anni.

CAD: E' per questo che volevo parlarle. Lei possiede una conoscenza ed una esperienza maggiori di quanto ne abbia un musicista di ventidue anni. Vorrei documentare cosa lei ha da dire.
AZ: Capisco…

CAD: Lei è stato a fianco di Oscar Pettiford e altri Americani. in Europa.
AZ: Incontrai Oscar la seconda volta che venni negli Stati Uniti. E dopo lui venne in tour in Germania alla fine del '58... ero ad Amburgo, e Oscar disse che gli sarebbe piaciuto stare in Europa. Così chiese: "C'è qualche lavoro qui?" Dissi: "Sicuro. Abbiamo sempre bisogno di un bassista". Intendo che Hans Koller aveva sempre bisogno di un bassista, uno bravo, sa. E lui volle suonare con noi. Suonammo vari mesi, da Ottobre '58 a Febbraio…il '59 fu quando incidemmo quel disco (Black Lion) a Vienna. Fu quando dovetti suonare il contrabbasso in un paio di pezzi…non c'era nessun bassista in giro. Ma non pensavamo che sarebbe uscito, non avrei suonato il basso…se avessi saputo che avrebbero pubblicato quell'album. Non mi piace essere buttato giù… Qualcuno disse "Quel ragazzo ha una bella faccia tosta a suonare il basso con Oscar Pettiford"…voglio dire, era solo per dare una mano. Suonai le note giuste. C'era Jimmy Pratt alla batteria quella volta.

CAD: Ha registrato con Oscar Pettiford l'anno prima che morisse.
AZ: Era in buona salute allora. Già, ma è morto in uno stupido incidente d'auto, come sa. Non si prendeva cura di sé allora, così come io non mi prendo cura di me stesso adesso. Si trovò in un incidente d'auto insieme con Hans. Ne vennero entrambi fuori con una grossa fasciatura alla testa…non li vidi uscire fuori dall'ospedale. Quando non giunsero a Vienna, pensai "Diamine, chiederò all'ospedale, forse". Lui era in ospedale in quel momento, ma io non lo sapevo. L'incidente sembrava davvero brutto, perché Oscar Pettiford aveva un occhio penzolante. Sembrava proprio così, tuttavia, perché s'era tagliato all'occhio destro. Intorno all'occhio aveva comunque una ferita, sembrava che il suo occhio fosse aperto, senza pelle su di esso. Sistemarono tutto, dopo un paio di giorni sembrava normale.

CAD: Ma non si prendeva cura di sé …
AZ: E poi, ci pendemmo noi cura di lui, allora. Era tutto a posto, ma non riusciva a rinunciare a quel vino. Oscar Pettiford voleva del vino, sempre. Non voleva seguire le raccomandazioni del suo dottore... faceva: "Avanti! Avanti! Uno solo! Solo un bicchierino!" Non senti dolore e ne bevi un altro.

CAD: Si trovava a New York nel '58?
AZ: Ah, sì, era ormai il '58… questo quando suonai con Tony Scott fuori città, certo – non a New York. Suonavamo anche nei college, a Pittsburg e Harrisburg – diversi concerti con Tony. Ci fu un'interessante serata i cui suonai al "Snowplace", sulla Ninth Street. Fu con Bill Evans, Pete LaRoca e Jimmy Garrison. Nel '59, stetti lì l'intera estate. Quando vi ritornai, suonai anche il basso in un club dell'East Side, the "Rain Tree". Si trattava di un piccolo bar con un duo. Jean Cunningham aveva suonato il piano là…era la prima moglie di Bradley [Cunningham, n.d.t.]. Conosci "Bradley", il club... Ed io suonai il basso lì...non avevo ancora la tessera sindacale, così dovetti suonare "in nero".

CAD: Com'è che nel '59 decise di trasferirsi negli States?
AZ: Perché allora sapevo già che se avessi voluto imparare bene il jazz, avrei dovuto star lì. E allora ottenni una borsa alla Lenox School (of Music). Jim Hall mi diede la borsa... insegnava lì, sa. Non c'erano tanti chitarristi...

CAD: Quanto tempo ha studiato alla Lenox?
AZ: Stetti lì per due settimane, credo. Poi andammo in giro con Ornette Coleman e Don Cherry. Eravamo i tre ragazzi più anziani. Non c'erano camere singole lì, e facevano pagare sempre doppio… E a noi il triplo! Era una stanza grande... All'epoca discutevamo su quello stupido modo di suonare che stava cercando di fare – suonare senza "struttura", sa. E allora dopo un paio di giorni io ero al suo fianco…ci misi un po' di psicologia. Ma quando qualcuno è in fermento come lo ero io già allora…fu il motivo per cui ho fatto così presto in Austria e Germania... la ragione per cui potevo suonare a quel modo: perché avevo un po' d'orecchio. Ma trovo che la gente non abbia orecchio...molta gente suona la musica nel modo in cui la conosce, ed è come se suonassero delle macchine... Non sentono la musica, non suonano la musica nel modo giusto, non sanno neppure cosa dice. Ad ogni modo non li biasimo, perché non l'ho mai fatto. Non importa. Sto ancora facendo dischi. Sono troppo critico…

CAD: Allora, dopo essere rientrato negli States, è andato con Chico Hamilton
AZ: Già. Per me era già dopo le cose alla Lenox. Chico probabilmente stava già chiedendo in giro, perché aveva bisogno di musicisti che viaggiassero, ed io ero proprio il suo uomo, dato che non avevo nulla e potevo viaggiare. Mi ero appena sposato a quel tempo, e non volevamo che lei stesse per strada – mia moglie... Siamo divorziati ormai da trent'anni… Ero sposato da 10 anni…

CAD: Come ha conosciuto Chico?
AZ: Chico? Beh, mi chiamò lui, stava cercando e qualcuno gli raccomandò me. Penso abbia chiesto a Kenny [Burrel], probabilmente. Questo è quanto disse lui. Ad ogni modo, fu per sei mesi, e allora lui viveva a New York e formammo un gruppo con Bobby Jaspar, un tenorista belga. E' stato bello, con G.T. Hogan e Eddie de Haas. L'ingaggio fu al Vanguard.

CAD: Venne registrato?
AZ: No. Ho altre incisioni con quel gruppo, ma non al Vanguard. Facemmo qualche registrazione privata perché provavamo a fare dei demo, sa. Siamo andati in Europa, a suonare ai festival, nel '61.

CAD: Dopodiché si è unito ad Herbie Mann.
AZ: Poi rientrai e partì questa faccenda della bossa nova. Chuck Israel – era mio vicino su quella strada – un giorno venne e fa: "Ascolta un po' questo disco". Era Joao Gilberto che cantava. Dissi: "Bello. Un bel suono commerciale. Un buon cantante". Ma non era jazz, sa. Comunque, quel groove si impose nell'arco di pochi mesi. Poi sbucò Stan Getz con un grande successo… ed Herbie Mann lo suonò. Stetti con lui per tre anni almeno. Andammo varie volte nella Costa Occidentale ed in Giappone. Aveva sempre ingaggi (a New York). Per 20 settimane all'anno, suonavamo soltanto al "Village Gate": vivevamo al "Villane Gate"!

CAD: Quando ha incontrato Don Friedman?
AZ: Fu nel frattempo. Avevamo Don nella band, lo incontrai nel 1960 nei Five Spot quando suonava contrapposto a Ornette Coleman. Don suonava quel tipo di musica che mi piaceva ascoltare in quei giorni... come Paul Bley... Già all'inizio, chiedo a Ornette: "Cambierai l'intera scena musicale, eh?" Niente più Bach, niente più Mozart, niente Beethoven. Nessuna struttura… Solo soffiare dentro allo strumento, ragazzi. Soffiare quello che senti (ride)… E allora cosa ci si aspetta che faccia il bassista? Ci si aspetta che suoni qualche motivo, no? Il batterista va bene, dato che non ha intonazione. E loro dicono: "Oh, suona solo vicino alla melodia"... questo quello che dissero. Quale melodia? (Ride) "Cosa suoni? C'era un motivo?" Trovare la melodia, devi scovare i suoni giusti. Ce l'abbiamo dietro...Non ci si aspetta che suoni armonioso…ma è sempre melodioso... suonavano sempre melodie bellissime…questo è quello che non capivo: veniva fuori così bene, sempre. Charlie Haden ha fatto un gran lavoro con loro… parlo dei Five Spot…già quando vidi Don lì. E allora mi unii con Don ai Five Spot, e avevo ascoltato il suo album precedente, Flashback  (1963, Riverside). Lui era dentro quel genere di musica, così dissi: "Proviamo qualche pezzo originale". Cominciammo a provare, e Don aveva un'altra data imminente. E suonammo sul genere The Horizon Beyond. Voglio dire, la mia serata era all'Horizon Beyond, che fu il nome dell'album ed anche uno dei pezzi. Ma con Don Friedman suonavamo anche roba free... lui scriveva free. È da lì che viene il nome "Weather Report". Vidi Zawinul quando era con Cannonball, eravamo amici fin dai tempi di Vienna, portai i dischi che avevo fatto – Cat and Mouse, The Horizon Beyond (Emarcy) e ciò che avevo già registrato. E allora disse: "La tua band ha il suono di tutti quei paesaggi marini e tormente e stagioni primaverili", disse: "ha il suono del "Weather Report" ["Bollettino meteorologico" n.d.t.] (ride)…"Parla sempre del tempo". E poi cinque mesi dopo il suo nuovo gruppo era stato chiamato "Weather Report" (ride)…

CAD: Dopo Don si è unito a Red Norvo e Benny Goodman?
AZ: Sì. Tal Farlow era un mio amico di vecchia data, poiché nel '58 quando ero qui, stavo ogni sera a "The Composer", dove lui suonava. Era il mio grande eroe, eravamo soliti piazzare le tende e io sarei andato a casa con loro…sa, sua moglie…Tina era davvero carina. Mi invitavano e di solito suonavamo fino alle prime luci del giorno. Fu una vera lezione per me, diceva sempre: "Come sai questi accordi?" Ed io: "guardando te" E lui: "e riesci a ricavarli?" Voglio dire che a quel tempo guardavo lui, ed è così che ho imparato. E per qualche bel voicing che lui stava facendo, nessuno poteva avere l'impostazione [della mano], incluso me che avevo tali grandi mani. Comunque è stato un buon amico per tanto tempo. Stava componendo con Red Norvo, e questi venne in città perché aveva bisogno di una band al "Rainbow Grill", e (Farlow) mi chiese se volevo mettere insieme una band per Red. Ed io dissi "Certamente"…questo avvenne quando suonavo con Red. Di certo Benny ne aveva sentito e la volta seguente mi ingaggiò. Era una cosa buona da fare, quella, perché chiunque ascoltasse The Horizon Beyond poteva avere l'impressione che non sapessi "swingare". Ecco la ragione per la quale suonavo con loro, così che si perdesse quell'impressione. Se suoni con Benny Goodman per più di una serata, allora devi esser capace a "swingare". Nei Rainbow Grill suonai ancora (con Benny Goodman), e poi partimmo per un tour di dieci serate. Era pure prevista una data di registrazione, ricordo – tipo Benny Goodman in Paris (1967, Command) o qualcosa di simile. C'era qualche motivo francese che suonammo lì: roba di Michel Legrand, e così via.

CAD: Dopo Goodman, ebbe un gruppo in cui suonava Lee Konitz, no?
AZ: Nel '68 andammo in tour in Germania, era un mio tour, con Albert Mangelsdorff e Lee Konitz. Fu Lee a voler venire, intendo. Dissi: "Non posso portarti in Europa come accompagnatore". "Perché?" "Perchè sei Lee Konitz!" Ma eravamo amici già da molti anni, e lui rispose: "Hey, voglio farlo io". Capisci, voleva andare in Europa. Registrammo l'album Zo-Ko-Ma (MPS): "Ma" sta per Mangelsdorff. Lee voleva anche suonare free, ma non ne era capace. Dissi: "Non lo fai nel modo giusto". Non aveva idea di come si dovesse suonare il free. Se suono con lui voglio suonare con una struttura. E adesso lui suona sulle strutture, sui cambi di accordo… suona da grande. Durante gli ultimi tre o quattro anni, Lee ci ha dato dentro a suonare, il suo modo di suonare è così vitale e molto più energico…non quel cavolo di roba cool, capisce. Nel '70 registrai Gypsy Cry (1969) con l'etichetta Embryo…fu per l'Atlantic, in effetti, con la casa di produzione di Herbie Mann, e loro avevano chiamato quella serie "Embryo", che pubblicò circa altri cinque artisti, inclusi Ron Carter e Arnie Lawrence. Ne aveva a disposizione un nugolo, (Mann) pubblicava musicisti che di solito suonavano con lui. Comprò una registrazione di Miroslav Vitous perché aveva scoperto che alcuni nastri erano scomparsi. Così essi comprarono l'intero blocco e lo pubblicarono in cofanetto. In Gypsy Cry al piano c'era Herbie Hancock, che all'epoca stava facendosi largo. Il batterista era Sonny Brown, e adesso è scomparso, non so dove sia. Reggie Workman al basso, ed anche Victor Gaskin… perché avevo due date, c'erano due i tipi di musica che suonavo nell'album, una parte roba "avant garde" e l'altra parte cose popolari. Le date erano martedì e giovedì, la prima aveva un tipo di stile standard, la seconda motivi folk Ungheresi. Erano tutte composizioni originali, ovviamente, ma sono padrone di quello stile ungherese. Vi appiccicammo questo modo di suonare "free jazz"… noi abbiamo cominciato a fare questo. Vedi, Ornette Coleman fece svoltare tutti verso questo tipo free di suonare. Così comunque noi suonavamo quel tipo di cose e jazz regolare, ecco perché avevo due bassisti: Reggie è migliore sulla roba free.

CAD: Era dura negli anni '70?
AZ: Tutti lottavamo negli anni '70, sono stati un decennio difficile, ma io provai comunque un bel po' di cose importanti. Una fu suonare in solo: nessuno lo faceva e lavorando contemporaneamente in un jazz club. Un mucchio di gente suonava la chitarra solista, ma in un jazz club non c'era ancora mai stato qualcosa come più tardi avrebbe fatto Joe Pass con i soli. Io però suonavo l'intero set da solo, all'epoca. Pensavo di aver avviato qualcosa, e poi spuntò Joe Pass con i suoi album "Virtuoso". Così persi interesse verso quella direzione.

CAD: Registrò un album in solo, allora?
AZ: Non allora. Volevo farne uno di soli pezzi in solo, a quel tempo. Pensavo d'aver stabilito lo stile chitarristico del "crea una band con te nella tua testa" (ride)... E provai a suonare in quel modo e non di cercare di suonare come faceva Joe, capisce. Quello non era tutto. Alcuni possono imparare i motivi e suonarli allo stesso modo in cui sono scritti e tutto il resto... Non c'è interazione fra le corde. Capisce cosa intendo? Ogni corda ha una voce da suonare. Ah, non penso di doverle spiegare il "solo-playing". È già complesso di suo. Dopo (Gypsy Cry) vidi che il disco era sparito. Ecco perché dico che non fu un buon momento per me negli anni '70: avevo un buon disco ma loro non lo spinsero.

CAD: Cos'altro fece negli anni '70?
AZ: Mi faccia pensare… Presi ad andar su nel Vermont nello stesso periodo in cui stavo all' "Half Note".

CAD: Dove??
AZ: In Vermont. Mi scusi, è il mio linguaggio biascicato. Non ho mai imparato l'Inglese, e mi danno. Comunque in quel periodo avevo l'intenzione di trasferirmi in Vermont. Sono uno sciatore, ero divorziato ed in cattive acque. Quando divorziai persi la mia famiglia, la mia figlioletta di tre anni, tutto. Ero in difficoltà a New York, perché loro si erano trasferiti a St. Thomas, capisce. La mia vita personale era incasinata, così non stavo bene. Questo era il quadro allora. Ma feci delle cose importanti in quei giorni, perché misi su il "Vermont Jazz Center"... non sapevo cosa sarebbe venuto fuori, dicevo loro che avrei in qualche modo insegnato lì e fatto qualche concerto. Ma l'idea venne poco più tardi, quando vidi che in Vermont effettivamente non c'era nulla (riguardo al jazz). Eravamo in una delle tre "zone di sopravvivenza" degli Stati Uniti: Vermont, New Hampshire e Maine (ride)... Non c'era alcun jazz, completamente! Pensavo: "E' impossibile. Faremo qualcosa per questo". Così cominciai ad organizzare qualche concerto presso il locale nightclub. Era tipo un ristorante: il "Mole's Eye Cafe", giù in uno scantinato.

CAD: Si unì qualcuno da New York?
AZ: Oh, sì! Voglio dire, provai ad ingaggiare tutti quelli che conoscevo, come George Mraz, che è pure lui un pazzo degli sci, gli piace sciare. Prima venne lui, poi venne qualche altro, come Claire Arenius: fu il primo trio a suonare in Vermont, con George e Claire. E poi ebbi Fred Hersch, suonava il weekend, con George Mraz e me, in trio: ho una nostra registrazione. Ogni fine settimana suonavo lì con quello o quell'altro musicista. Tentavo di fare in modo che la gente venisse al ristorante. La prima volta suonammo per 20 persone!

CAD: Tenne la sua casa di New York?
AZ: Sì. Avevo comprato una casa per ritirarmi dalla scena e rilassarmi un po'. E poi, quando vidi il potenziale, mi resi conto che mi occorreva una casa. Era proprio un accampamento, in effetti, senza fondamenta. E la fabbricai in una enorme magione. Dopo qualche anno, ovviamente, la persi. Non riuscivo ad ammortizzarne i costi. La mia casa di adesso, lì, è sullo stesso terreno. Vendetti parte del terreno con la casa e costruii un'altra casa.

Enja - Overcome (ENJ-5053)CAD: Cos'altro le capitò negli anni '80?
AZ: Non fu come per i '70. Stavo molto meglio. Oh, ragazzi, c'erano studenti e la scuola che avevamo cominciato. Ormai, in un solo anno, dall'81 all'82, tre studenti si fecero bravi, sa. E gli insegnanti avevano il lavoro, avevamo un buon supporto. Ho la lista di chi era lì in quel periodo: Lee Konitz, Roland Hanna ed un mucchio di altra gente. Ma il "Vermont Jazz Center" è ormai noto. Un'altra incisione che feci nel 1980 riguardava un album in solo intitolato Conjunction (1979), per la Enja Records. Altri miei due album su Enja uscirono dopo un po', Overcome e Common Cause. Gli anni '80 sono stati in su per me.

CAD: Stava nel Vermont negli anni '80?
AZ: Sì. Negli '80, le cose cominciavano ad aumentare anche con i soldi, e lavoravo. E poi dovevo essere davvero grande. Iniziai a pensare fra me e me che non dovevo vivere a New York per fare i miei lavori in Europa. Vede, in Europa mi sento in un diverso…come dire…ambiente. In Europa il pubblico pensa a me in modo diverso che qua. Lì tu sei un artista; qui un musicista.

Enja - Common Cause (ENJ-3043)CAD: Ha molto seguito in Europa?
AZ: Oh certo. Non conosco le cifre, ma sono nel cuore del produttore europeo. Non sono sparito. Lì quello che sto facendo con la chitarra non viene ignorato; qui sì. Ecco perché allora ho provato a suonare qualcosa di popolare. Nei miei quarant'anni qui (a New York), ho imparato qualcosa: non sono qui solo per gli affari, capisce, niente affatto; sono qui solo per la musica e volevo vedere come funziona, ed era buono. Ci sono aspetti differenti che ho imparato qui – motivi differenti, modi diversi di suonare il jazz. Ma ho soltanto ambizioni artistiche e non finanziarie.

CAD: E' stato difficile per lei spuntarla?
AZ: No! Non mi piace fare certi generi di musica solo per interesse [economico]. Questo è il modo giusto per fare successo. A me piace fare roba originale che piaccia al pubblico. E se a loro piace, piace anche a me. Mi piace quando ad altri piace, ma non mi frega se a loro non piace quando in alcuni posti suono la musica sbagliata (quella popolare). Se non fosse la mia musica, allora piuttosto non la suonerei più. Ad ogni modo, il problema è questo: far rendere il vivere di musica anche finanziariamente. Ma tu suoni la musica giusta per il pubblico, no? Però se senti che non è ciò che il pubblico vuol sentire, questo non va bene. Funziona così... non mi lamento, non ho la benché minima ragione per lamentarmi: ho settant'anni, ero quasi settantenne quando ho fatto il mio album in solo. Il 13 giugno (del 1997), avevo settant'anni.

CAD: Suona benissimo come sempre
AZ: Suono meglio! Te lo dico: non cerco di vendere niente. Ho parlato con Tommy Flanagan e lui adesso sta facendo un album... Dice: "Voglio fare un album di standard perché non ho mai avuto un suono così bello, prima".

CAD: Potrebbe raccontare delle sue innovazioni chitarristiche, come il pick-up bi-direzionale?
AZ: Ha richiesto molta ricerca sui suoni. Vedi, ogni pickup sembra pressoché uguale dentro. La differenza importante è dove si trova il tutto, come è disposto dentro e come è costruito. Intendo che alla fine ci deve comunque essere un pezzo solido, con tutte le sue cose. Il pick-up [costruito] ha un suono piatto; ci puoi fare quello che vuoi. E' un pick-up a risposta elastica. Per esempio, se desideri un suono particolare, farai come per un'orchestra, cosa che ho scoperto. Ma non devi scoprire tutto questo per realizzare un pick-up.

CAD: Ha anche progettato strumenti elettronici?
AZ: No, non ho alcuna nozione d'elettronica. Ho fatto il primo pick-up anche per il vibrafono di Gary Burton. Ho fatto il lavoro insieme a lui. Lui comprò un pick-up, poco dopo qualcuno se ne spuntò con un pick-up migliore. Era più facile lavorarci. Con la parte elettronica loro guardavano quello che io facevo e dicevano: "Oh, se funziona così allora può funzionare anche in quest'altro modo". Provavano e funzionava. I pick-up sono diretti per le note in quanto ogni nota viene emessa attraverso. Adesso possono farlo perché sanno che l'alluminio è un magnete. Le note in alluminio rispondono al magnetismo. Così questo è quello che ho fatto – una differenza nel pick-up. Trovai un fabbrica di pick-up in Germania che voleva fare questo: la Shadow Electronics. Questi hanno prodotto il modello AZ-48 Design, chiamato "48" perché a quel tempo avevo 48 anni. Volevo rendere l'elettronica più agevole.

CAD: Lei è stato insignito all' "American Guitar Museum".
AZ: Oh, sì. C'erano cinquanta chitarristi, come Jim Hall, Peter Bernstein, Abercrombie e Scofield (ride). C'erano quasi tutti i chitarristi, fu come una riunione, sa. E ovviamente, un bel po' di nuove leve – Russell Malone... Questo fu per me, come chitarrista, ovviamente. L'han messo su perché sono malato, per celebrarmi o qualcosa del genere. E' stato una festa a sorpresa, non ne sapevo nulla. Mi disse che avrei potuto provare delle buone chitarre, costose, 50mila dollari di chitarra. Pensai "Dovrei provare!" Così quando vi andai, c'era solo una chitarra. Pensavo: "Che cos'è? Sarà il posto sbagliato" Pensavo che ci fosse la possibilità di provare le chitarre, che avrei potuto prenderle e suonarle. Ad ogni modo, è stata una grande sorpresa. Anche Hernie Mann era lì (ride)… Joe Lovano, un sacco di musicisti.

CAD: È stato male?
AZ: Sì, sono pieno di morfina. Un po' troppo, capisce (ride)… Ho un cancro al colon, già. Ormai al quarto stadio, sto perdendo peso, vede, deve perdonare il mio linguaggio perché mi sento come ubriaco o simile… Mi rende una specie di rintronato, come se fossi ubriaco, capisce. Sono pieno di ingaggi, come domani che ho un concerto da fare, e ancora non so se lo farò oppure no; sto provando a decidermi. Dal 1990 al 1992 le cose erano davvero buone, con la crescita costante. Poi, nel '94 ho subito un'operazione alla cistifellea ed è cominciato tutto il casino.

Enja - (Order No. ENJ-9031)CAD: Scoprirono allora che lei aveva il cancro?
AZ: No, all'epoca era solo cistifellea. Non avrei dovuto farla. La feci ed un anno dopo mi diagnosticarono un cancro, in novembre. Quindi fecero l'operazione, nel '94 feci un disco dedicato al dottore, intitolato When It's Time (Enja). Ecco cosa dicevo: "Quando sarà il momento. Non preoccuparti. Non pensare che morirò, adesso. Quando sarà il momento" E' una bella ballad di quel disco…

CAD: Ha registrato con Jimmy Raney (L&R Records) nei primi anni '80.
AZ: Abbiamo fatto due dischi. Uno nel '79 e due nel 1980, perché ci furono due concerti. Uno in una grande sala concerto - la "Jahrhundert Halle"…o la "Century Hall" – con 2000 persone, a Francoforte. Si trattava di un grande festival, e un concerto prevedeva tre improvvisazioni spontanee su tema senza pre-arrrangiamenti…non è così semplice. Registrammo ed uscì. Sarà un album per i prossimi cinquant'anni, vede. Era molto buono, abbiamo suonato con una orchestra sinfonica. Comunque, abbiamo fatto due dischi da quello lì, con Jimmy Raney, uno chiamato Jim and I, perché tutti e tre gli album uscirono in doppio cd… Poi Common Cause è già in due altri dischi – alla fine di Conjunction e alla fine dell'album Common Cause. La fine è costituita da due pezzi del solo. Dopo quello, non ho nient'altro se non il nuovo disco con l'Enja, che è When It's Time, con Lee Konitz, Larry Willis, Yoron Israel e Santi Debbiano. Inoltre, ho fatto Thingin (HatArt) insieme con Lee, che è diventato molto famoso. Ha ricevuto buone recensioni, è stato "disco del mese" in Germania. È quasi impossibile da classificare, è musica davvero speciale, molto bella. Intendo dire, prima di andare, con quest'album è bello sapere che qualcosa bolle in pentola.

9 gennaio 1998 - Jackson Heights, NY
Attila Zoller è morto il 25 gennaio 1998
a Townshend, VT.
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Postscript di Eugene Uman
Fino al suo ultimo anno di vita quando il cancro lo rallentò, Attila Zoller nuotava avanti e indietro cinque o sei volte al giorno lungo una diga che delimita il West River entro un piccolo lago chiamato Townshend Lake. Il lago è nella cittadina di Townshend, Vermont, ad otto miglia circa dalla casa rustica di Attila in Newfane, Vermont. Sotto questa diga, il West River curva a sudest, stretto dalla Route 30 del Vermont, finché non giunge a Brattleboro, dove si riversa nel Gran Fiume del Connecticut. Da lì, le acque del Vermont, chiare come cristallo, scorrono attraverso Massachussetts, Connecticut e New York fino all'Oceano Atlantico.

Tanto aveva viaggiato ciò che rimane di Attila Zoller.

Attila aveva richiesto che le sue ceneri venissero sparse nelle acque di questo pacifico posto in cui egli si sentiva vicino alla natura. Attila mi raccontò che non gli piaceva l'idea di una lapide in cui la gente sarebbe venuta a visitare le "vecchie ossa di qualcuno". Adesso la gente può ricordare Attila quando nuota nel suo luogo preferito.

La rigida mattina del 28 gennaio (1998), la sorella di Attila, Alicia Zoller; l'amore della vita di Attila, Joy Wallens-Penford; il miglior amico e confidente di Attila, Terry Solaro; il vecchio amico di Attila, il socio e vice presidente del "Vermont Jazz Center", Howard Brofsky; ed il nuovo amico di Attila e neo-designato direttore del "Vermont Jazz Center", Eugene Uman, si ritrovarono presso la diga coperta di neve.

Tutti realizzammo che il ghiaccio era troppo sottile per praticare un buco frantumandolo e spargere le ceneri di Attila. Così ci guardammo intorno e vedemmo, circa 300 yarde a sud, il più lungo ponte coperto costituito da un sol blocco dell'intero Stato. Il West River correva rapido e libero sotto di esso. Il ponte era il posto perfetto da cui spargere le ceneri dell'uomo di cui noi tutti volevamo prenderci completamente cura.

Parcheggiammo le nostre auto di fianco alla Route 30, ed in una dolce-amara celebrazione aprimmo una bottiglia di champagne e brindammo ad Attila, all'amicizia, all'amore, al "Vermont Jazz Center" e ovviamente alla musica. Bevemmo lo champagne da coppe di carta e poi usammo vere coppe per gettare le ceneri di Attila nelle ruscellanti e poco profonde acque di sotto. Iniziò Alicia e noi la seguimmo, mormorando le nostre piccole preghiere e sapendo che questa era una occasione solenne, ma sentendoci anche vulnerabili in un momento di tale importanza.

Enja - The Last Recordings (Order No. ENJ-9349)
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COMMENTI
Inserito il 9/5/2009 alle 13.27.55 da "steves59"
Commento:
Un articolo che mi ha fatto sentire come la musica e la vita possano essere così vicine. Grazie!
Stefano
 

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Data pubblicazione: 06/01/2005

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