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Intervista ad Alberto Iovene
di Alceste Ayroldi

Alberto Iovene è un giovane pianista e compositore che appartiene alla schiera dei musicisti emergenti pugliesi. Impegnato in numerose attività artistiche a tutto tondo, nonostante la sua giovane età ha già maturato diverse ed importanti esperienze anche nel campo dell'organizzazione di eventi.

A.A.: Hai iniziato, giovanissimo, a studiare pianoforte ed hai compiuto studi classici. Come ti sei avvicinato al jazz?
A.I.: Ti sembrerà strano ma mi sono avvicinato grazie al Flamenco! Un mio amico di Torino mi consigliò di ascoltare un chitarrista che si chiama Paco De Lucia (hai detto niente…). Avevo 17 anni. Rimasi letteralmente fulminato da questo genio della chitarra e naturalmente dai suoi musici, tutti peraltro jazzisti di altissimi livelli tra cui un pianista dal nome per me allora quasi sconosciuto: Chick Corea! Da quel momento ho iniziato a comprare i dischi di tutti coloro i quali suonavano con Paco De Lucia: e ti lascio immaginare…Al Di Meola, John Mc Laughlin, Jorge Pardo, Corea, e poi di tutti gli altri che suonavano con loro, sono addirittura arrivato a comprare lavori di Zakir Hussain e Trilok Gurtu, che per me all'epoca erano illustri sconosciuti. Insomma a poco a poco sono arrivato a tutti gli altri ed al mio vero grande amore: Keith Jarrett. Ma quello con Jarrett è un "incontro" che mi ha letteralmente cambiato il modo di vedere le cose!! E' un'altra storia….

A.A.: Quanto hanno inciso gli studi classici sulla tua tecnica?
A.I.: Devo dire che gli studi di tecnica pianistica mi hanno sempre annoiato un po'…anche perché talmente ripetitivi che alla fine mi ritrovavo sempre a suonare altro!! Sicuramente però quegli esercizi mi hanno permesso di avere una certa padronanza sulla tastiera. In più il rigore di uno studio bachiano o di un valzer di Chopin ti possono insegnare dove mettere bene le dita su di una tastiera di un pianoforte!

A.A.: Hai studiato con maestri del calibro di Russel Hoffman, Jeff Stout, Orville Wright, Larry Monroe. Utilizzando una breve frase, come definiresti l'esperienza con ognuno di loro?
A.I.: Quella alla Berklee Clinics è stata davvero una esperienza entusiasmante! Ogni lezione con ognuno di loro era per me l'aprirsi di nuovi orizzonti. Svisceravano gli standards, ti spiegavano il cuore dell'improvvisazione, ti facevano suonare, suonare e suonare! In una parola: coinvolgente!

A.A.: Hai collaborato anche con Harold Battiste
A.I.: Sì..quella con Harold Battiste è stata una delle mie prime esperienze nel jazz, lui proviene dalla culla del jazz: New Orleans. Ti lascio immaginare lo stile! Tutte le sue composizioni erano magnificamente "bluesy", da notare anche che lui ha prodotto Ellis Marsalis. Insomma a Lanciano mi ritrovai a dover studiare i suoi brani originali, con l'ausilio di validissimi jazzisti americani che l'avevano accompagnato in Italia per questo seminario. Ho imparato molto da loro, in più lui aveva un carisma eccezionale e sapeva dirigere il gruppo con una tale semplicità e maestria da lasciare a bocca aperta. Molte volte si faceva capire con uno sguardo…era davvero un ‘guru'!!

A.A.: Piano elettrico, synth, Fender, computer, loop station: quali di questi strumenti escluderesti del tutto da una tua produzione?
A.I.: Io sono per l'acustico…comunque escludere per escludere, io escluderei la loop station e sicuramente un computer.

A.A.: Mantieni sempre "un piede" nella musica classica con l'Ermitage Ensemble
A.I.: Si, anche se l'incontro con il maestro Mastropirro è avvenuto un po' di tempo dopo avermi ascoltato durante un'esibizione. Mi diceva che prima o poi avremmo collaborato, ed infatti è stato di parola. Lui ha scritto questa bellissima composizione in nove quadri basata su di una litania dialettale pugliese, e mi ha dato così le parti da studiare. Aveva bisogno di un pianista calato nel jazz, perché aveva scritto delle parti dove c'era ampio spazio per le improvvisazioni. Così ho avuto modo di affrontare questa meravigliosa esperienza con una orchestra d'archi ma anche in compagnia di colleghi come il sassofonista Nicola Pisani, e di una bellissima arpa che suonava proprio accanto a me!

A.A.: Scopro leggendo la tua bio, che hai scritto ed arrangiato musiche per libri di favole: da cosa o da chi hai tratto l'isprazione per tali composizioni?
A.I.: In genere quando scrivo per favole, poesie, o racconti che siano, mi lascio molto guidare dall'istinto. L'ispirazione mi arriva dal testo stesso, o magari dal pathos di chi legge o declama il testo…insomma mi lascio guidare dall'opera in sé, che per magia genera un'altra opera. bello no?

A.A.: Parafrasando il titolo della tua tesi di laurea: che rapporto c'è tra futurismo e jazz?
A.I.: Il rapporto tra Futurismo e Jazz è molto stretto e significativo. Lo studio condotto da me per la tesi è stato sui rapporti tra la musica jazz e la scrittura…molti letterati dell'inizio del Novecento cercavano di portare sulla pagina le note e le emozioni che trovavano nei club o nei dischi, dando vita a tutto un filone letterario che va sotto il nome di "Jazz Literature". Ci sono così tante cose da dire…

A.A.: Tre oggetti che porteresti su di un'isola deserta….
A.I.: Un pianoforte sicuramente, una pizza (la adoro…) e dei libri.

A.A.: Una persona che non vorresti assolutamente incontrare su di un'isola deserta...
A.I.: Mah…non conosco gente che non voglia incontrare, in genere mantengo ottimi rapporti con tutti…Comunque non vorrei incontrare un tipo pedante e sprovvisto di senso dell'humor..!!

A.A.: Hai mai pensato di "cambiare lavoro"?
A.I.: Per me la musica è una missione, una filosofia senza la quale non riuscirei a vivere. E' molto di più che un lavoro, sarebbe riduttivo per me considerarlo tale…

A.A.: Con chi ti piacerebbe collaborare?
A.I.:  Mi piacerebbe collaborare con tutti i jazzisti che ci sono, adoro il confronto e poter condividere questa meravigliosa musica con gente ricca di esperienza. Qualunque strumento sia, purchè abbia qualcosa da dire, da condividere.

A.A.: Con chi non vorresti collaborare?
A.I.: Mah…ti dirò…con nessuno in particolare…forse non mi piacerebbe collaborare con gli sperimentalisti…

A.A.: Cosa pensi del rapporto tra i giovani e il jazz? E pensi che potrebbero appassionarsi se adeguatamente motivati?
A.I.:  Da qualche anno seguo alcuni giovani allievi i quali, prima di incontrare me, di jazz non ne sapevano nulla. Loro sono curiosi e avvicinarli a questa musica è per me motivo d'orgoglio. Si appassionano molto, e giorno dopo giorno noto che anche tra i loro amici cominciano a girare i primi dischi…quando avevo io la loro età non c'era tutta questa curiosità; poi si sa, oggi, con gli mp3 si fa presto a fare una bella compilation. Oggi si assiste ad un depauperamento incredibile della musica, la tv e la radio ci propongono sempre gli stessi ritmi e poche idee davvero geniali. Ecco perché davanti ad una assolo di De Johnette o magari di Pastorius questi giovani mi chiedono spesso…ma chi diavolo è questo qui? E' di qui che comincia tutto, è da questa semplice domanda che parte il rapporto tra i giovani ed il jazz…e alcuni di loro incominciano a studiare davvero sul serio.

A.A.: Che musica ascolti?
A.I.: Ascolto un po' di tutto, ma principalmente jazz. Di tutti i tipi e di tutte le epoche, compro molti dvd perché mi piace vederli anche all'azione!!

A.A.: Quali sono i tuoi progetti futuri?
A.I.:  Progetti futuri? Un disco che contenga tutti brani composti da me, con la partecipazione di tutti i miei più cari amici musici che mi hanno accompagnato in questi anni. Ah dimenticavo…..un Piano Solo….ci sto davvero pensando….!!







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Data pubblicazione: 09/04/2005

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