Quattro chiacchiere con…Giancarlo Mazzu'
e Luciano Troja
giugno 2013
di Alceste Ayroldi
Innanzitutto come è iniziato il vostro
connubio artistico?
(L.T.) E' iniziato nel 2002 quando abbiamo fondato
insieme al sassofonista Carmelo Coglitore e al flautista Carlo Nicita
il quartetto Mahanada, un ensemble di musica improvvisata e scritta.
(G.M.) Con questo quartetto abbiamo suonato in Europa e negli Stati Uniti, e abbiamo
pubblicato tre cd: uno con la Ethnoworld e due con la Splasch Records.
Il vostro
sentimento artistico sembra chinarsi verso i classici, tant'è che nel 2005 registrate
il primo volume di Seven Tales About Standards. Perché avete inteso dedicare le
vostre attenzioni all'american songbook? Un terreno già battuto miriadi di volte
e in tutte le salse. Una nuova sfida o una prova di "duo"?
(SG.M.) E' stato un fatto naturale. Entrambi amiamo fortemente la
song americana e tutte le sue implicazioni: dal repertorio di Broadway al cinema
di Hollywood. Abbiamo interpretato questi brani così come li abbiamo sempre sentiti
"dentro", senza artifizi formali o stilistici, mettendo solo il grande amore che
nutriamo da sempre per queste melodie, e lasciando fluire la musica.
Certo è che, comunque, l'esperienza
è andata benissimo tanto da pubblicare nel 2008 il secondo volume. Questa volta,
però, con dieci "racconti". Secondo quali criteri o sentimenti avete scelto i brani
sia del primo, che del secondo album?
(L.T.) In realtà anche nel secondo volume sono altri sette racconti in
alcuni dei quali abbiamo provato a catturare altre possibilita di sviluppo con tre
alternate takes che suggeriscono nuovi itinerari interpretativi. Molto semplicemente
abbiamo scelto i brani principalmente sulla base della loro notorieta'. Desideravamo
che gli ascoltatori potessero riconoscere il brano e percepirne i mutevoli aspetti
nei nostri "racconti".
Però, sembra proprio che il songbook
americano sia stato solo un pretesto per lasciarvi andare all'improvvisazione. Era
questa la vostra idea, oppure tutto ciò è nato spontaneamente?
(G.M.) Più che di improvvisazione fine a se stessa, potremmo parlare di espressione
delle potenzialità ulteriori insite in questi temi. In realtà, quando suoniamo,
tratteniamo rigorosamente in mente il significato musicale di questi temi, cosi'
sono essi stessi a suggerirci le varie strade da seguire.
(L.T.) Più conosciamo il brano nei minimi dettagli, e più è possibile creare nuove
soluzioni musicali, nuovi percorsi narrativi. Tant'è che partiamo sempre dalla partitura
originale del brano, così come è stato scritto per il musical o per il film.
Non vi è mai venuto in mente, nell'esperienza
di Seven Tales, di ampliare il vostro duo?
(G.M.) No. Si tratta di un dialogo fra i nostri due strumenti e i nostri modi, a
volte anche diversi, di trattare il brano. Si tratta anche di un preciso sound che
vogliamo dare, attraverso due strumenti con caratteristiche armoniche simili. Dal
nostro suonare spesso "in parallelo", dall'uso del contrappunto, dallo scambio dei
ruoli, senza sottovalutare la dose di ironia che spesso cerchiamo di conferire ai
brani e che è senz'altro uno degli aspetti che ci accomuna.
(L.T.) Altro elemento imprescindibile è la lettura drammaturgica della partitura.
C'è anche da dire che, anche se forse suoniamo ciascuno in maniera diversa, probabilmente
entrambi abbiamo una identica visione della gestione dello spazio musicale, fatto
determinante nel nostro fare musica. Ci teniamo molto a mantenere quest'equilibrio,
per questo suoniamo in duo.
Un duo può anche essere "pesante" nei
rapporti personali... Quali sono i reciproci pregi e difetti? Cosa cambiereste l'uno
dell'altro?
(G.M.) e (L.T.) Assolutamente niente!
D'emblée arriva D'Istante3 e la collaborazione
con Blaise Siwula, che lascia respirare un'aria totalmente diversa. Come è nato
questo progetto e come avete iniziato a collaborare con Siwula?
(G.M.) D'istante3 è frutto di un rapporto che dura con Blaise Siwula da quasi
sette anni. Da quando, nel lontano 2006 ci invitò
con il quartetto Mahanada, durante un tour americano, a tenere un concerto
all'ABC No-Rio di New York, dove è curatore di una delle più antiche rassegne di
musica improvvisata della metropoli americana, la C.O.M.A. Improvised Series. Quel
giorno abbiamo suonato anche con lui, ed è scoccata la scintilla! Da allora siamo
rimasti sempre in contatto. Nel tempo abbiamo effettuato diversi tour in trio, suonando
a New York e dintorni. Blaise Siwula è certamente un punto di riferimento per la
musica creativa contemporanea newyorkese, e intorno a lui gravitano tanti musicisti
d'esperienza e valore.
(L.T.) Siamo, infatti, appena tornati dagli Stati Uniti dove fra aprile e maggio
scorsi abbiamo tenuto una lunga serie di concerti con Blaise e altri grandi improvvisatori
della scena americana contemporanea, fra cui Michael Wimberly (batterista, fra gli
altri, di William
Parker e Steve Coleman), il sassofonista Rocco John Jacovone,
la violoncellista Junko Fujiwara, i Chemical Compositions di Constance
Cooper, la Open Music Orchestra di Philip Foster. In più quest'anno,
al termine di questa vertiginosa serie di concerti e incontri, abbiamo registrato
il nuovo disco di D'istante3.
Tra l'altro un lavoro registrato a Brooklyn:
come siete arrivati negli States?
(G.M.) Negli States siamo invitati a suonare quasi ogni anno, sin dal
2006. In questo modo abbiamo avuto modo di esibirci
in alcuni dei migliori palcoscenici fra NY, Philadelphia e Boston. Come lo Spectrum
o lo Shapeshifter Lab a New York, il Chris Jazz Cafe a Philadelphia, l'Outpost 186
a Boston. O anche presso prestigiose istituzioni come la New York University.
(L.T.) Senza dimenticare uno dei più importanti palcoscenici della canzone americana
a New York, che è il Metropolitan Room, dove siamo stati invitati nel
2009, e dove abbiamo registrato dal vivo il
CD in uscita a luglio, per la Slam.
Tra i due Seven Tales e D'Istante3 ci
sono parecchie differenze: quale è la vostra via "maestra", musicalmente parlando?
(G.M.) L'essenza di entrambi i progetti è la creazione e la gestione spontanea della
musica, nonché l' espressione delle sue potenzialità. Inoltre, alla base dei lavori
c'è sempre una visione cameristica dell'esecuzione. Ci teniamo a curare con grande
attenzione la forma, anche quando non è preventivata, e nasce all'istante.
(L.T.) Cerchiamo di dare grande attenzione al timbro, alle dinamiche, seppure non
sono mai pianificati. Ma, soprattutto, lavoriamo nel tentativo sempre di sorprenderci,
semplicemente suonando.
D'Istante3 è con la Slam e anche Live
At The Metropolitan Room NYC, che però riprende la via degli standard. Innanzitutto
avete consolidato il vostro rapporto con una label inglese. Per quali motivi?
(L.T.) Da tempo seguivamo i lavori pubblicati dalla Slam, che ci è sempre
sembrata una etichetta molto interessante e attiva sulla scena internazionale. Abbiamo
quindi pensato che fosse l'etichetta ideale per D'istante3. Da subito George
Haslam, fondatore storico dell'etichetta e noto baritonista inglese (che vanta
nel suo catalogo pubblicazioni di musicisti chiave del jazz contemporaneo come
Mal Waldron, Paul Rutherford, Julian Priester, oltre lo stesso
Haslam), ha amato la nostra musica e ha deciso di pubblicarla.
(G.M.) Con la Slam e con George Haslam in particolare,
si lavora benissimo. E' esattamente quello che noi desideravamo per garantire serietà,
integrità al nostro prodotto musicale, e preservare la caratteristica inevitabile
di internazionalità dei nostri progetti.
Poi, siete ritornati in coppia, lasciando Blaise Siwula.
Si sta meglio in due, oppure è una scelta momentanea? Avete ancora in mente di collaborare
con il fiatista di Detroit?
(G.M.) Come dicevamo, con Blaise abbiamo appena terminato una fantastica serie di
concerti qualche settimana fa, e ci sono in ballo una gran quantità di idee per
il futuro, fra cui un tour negli States coast to coast, e un progetto per
l'Europa.
Giancarlo, chi è il tuo chitarrista
di riferimento?
Jim Hall
Luciano, chi è il tuo pianista di riferimento?
Bill Evans
Quanto è importante tenere a mente il passato del jazz
per poter andare avanti?
(L.T.)Assolutamente fondamentale e imprescindibile. Più lo conosci e più puoi provare
a fare qualcosa di nuovo.
(G.M.)Una linfa vitale a cui ciascun improvvisatore dovrebbe attingere per arricchire
la propria arte.
Entrambi avete importanti collaborazioni
e partecipazioni a vari progetti. Ve ne è uno in particolare al quale siete rimasti
legati?
(G.M.) Sicuramente il mio cd di chitarra sola "Pure Landscapes" edito nel
2008 dalla Dodicilune. Si tratta di una raccolta
di mie composizioni originali per chitarra nelle quali ho espresso l'aspetto piú
intimo del mio rapporto con lo strumento. Questo cd ha avuto grandi riconoscimenti
da parte della critica non solo italiana. In Argentina, infatti, sono stato inserito
dalla rivista El Intruso fra i chitarristi del 2008
nella Encuesta International.
(L.T.) Inevitabilmente il mio album per piano solo "At Home With Zindars" del
2010, interamente dedicato alla musica del compositore
americano Earl Zindars, noto soprattutto per il legame artistico con
Bill Evans.
E' un album che ho realizzato in oltre cinque anni, fra New York, San Francisco
e Messina, con l'affettuosa collaborazione della famiglia Zindars: la moglie Anne
e le figlie Helene e Karen. L'album ha ricevuto numerosi riconoscimenti. Fra tutti
mi piace ricordare il "2011 Record To Die For"
massimo riconoscimento annuale della critica musicale della prestigiosa rivista
americana Stereophile.
Un paragone che vi imbarazzerebbe, sia in positivo che
in negativo, e perché?
(G.M.) Il paragone che ci e' stato fatto da una importante rivista specializzata
americana e che ci ha piacevolmente imbarazzato, e' stato il paragonare il nostro
approccio al duo
Bill Evans/Jim
Hall
(L.T.) …il perché lo si può immaginare.
Avete scelto un'etichetta inglese, avete
registrato a New York e negli States riscuotete parecchio successo. In Italia come
vanno le cose?
(G.M.) Non ci possiamo certo lamentare. Nel tempo abbiamo potuto constatare un grande
interesse sia da parte del pubblico che della critica del nostro modo di affrontare
gli standards o la composizione spontanea.
(L.T.) Non è stato facile attraverso gli standards, materia che noi italiani consideriamo
"abusata", e quasi esclusivamente un punto di partenza o di arrivo per un musicista
jazz. Ecco, noi invece non abbiamo mai pensato questo. Li abbiamo soltanto eseguiti,
a modo nostro, con la tenacia e la pazienza di credere sempre nella musica e nella
nostra unicità.
Quali sono i vostri programmi futuri?
(G.M.) Il prossimo 5 luglio uscirà il Cd "Live at the Metropolitan Room NYC" per
la Slam. Inoltre, come accennato, abbiamo appena registrato a New York il nuovo
CD di D'istante3 con Blaise Siwula.
(L.T.) Abbiamo anche registrato un nuovo CD di composizioni originali, che vorrà
mostrare un nuovo aspetto del nostro duo. In più abbiamo in lavorazione un progetto
interamente dedicato a Fred Astaire.
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Data pubblicazione: 12/08/2013
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