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Intervista a Ken Vandermark
di Stefano Ferrian
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Immaginate un bambino che a 8 anni prende in mano una tromba dalla quale
non riesce a tirar fuori un suono degno di considerazione ma rimanendone comunque
affascinato. Le giornate per lui non si dividono tra gli innumerevoli ticchettii
di un orologio ma sono scandite dalle note dei dischi Jazz di suo padre, un appassionato
di musica che spende il suo tempo libero a casa suonando o accompagnando suo figlio
nei Jazz Club di Boston. Quello stesso ragazzino a 16 anni sente l'esigenza di sviluppare
la sua passione per la musica attraverso uno strumento e sceglie il sassofono come
tramite tra sé stesso e le melodie che hanno accompagnato la sua adolescenza, ma
ancora non vede nella musica una possibile carriera. Finito il college si iscrive
all'Università di Montreal dove l'intuizione di un momento durante un corso di cinematografia
gli fa capire che la musica avrebbe fatto parte della sua vita in una maniera assolutamente
travolgente.
Per dieci anni lavora in un normalissimo negozio
dedicando il suo tempo libero allo studio della musica come autodidatta poi, un
giorno come tanti altri, sente che è il momento giusto per dare maggiore spazio
alla sua passione, trova un lavoro part-time e si dedica per il resto della giornata
a dar lezioni private. Ed ecco la svolta. Dopo anni di preparazione inizia la sua
carriera da musicista a tempo pieno. Una carriera che l'ha portato ad essere uno
dei più versatili e talentuosi musicisti della scena Jazz mondiale. Negli ultimi
20 anni ha lavorato incessantemente per espandere le possibilità della composizione
e della musica di improvvisazione tra il Nord America e l'Europa sia come musicista
che come organizzatore di eventi. Attualmente può vantare una discografia che conta
più di 100 dischi che vanno dal Jazz tradizionale alla musica di improvvisazione,
con un numero incalcolabile di collaborazioni con artisti di tutto il mondo. Otto
mesi all'anno li passa in tour mentre i restanti tre in studio di registrazione
o tra le mura domestiche immerso nella composizione.
Pur essendo autodidatta nel 1999 viene
selezionato per il prestigiosissimo MacArthur Fellow, nominato tra i "25 For The
Future" da DownBeat Mag nel 1998 e tra
i musicisti dell'anno da All About Jazz di New York nel
2004. Di questa fantastica e continua ascesa
ne parliamo con il protagonista Ken Vandermark che gentilmente si è messo
a disposizione per questa intervista.
Sei uno dei musicisti più talentuosi, prolifici e versatili
del nostro tempo. So che vivi a Chicago dal 1989 e a quanto ho capito dalla tua
biografia è stato un passo fondamentale per la tua carriera. Cosa rappresenta per
te una città come Chicago?
In realtà le mie basi artistiche si sono consolidate nel periodo in cui vivevo a
Boston quando ero ancora un ragazzino, ancor prima della mia esperienza all'università
di Montreal dall'1986 al
1989.
A quei tempi la scena musicale a Boston, Cambridge e Somerville era qualcosa di
straordinario. Molti grandi musicisti vivevano e suonavano spesso in città (Joe
Morris, David Bryant, i membri dei Fringe) e un gran numero di
artisti arrivavano dalle altre parti del paese, gente del calibro di Don Cherry,
Edward Blackwell, Archie Sheep, The Art Ensemble Of Chicago
e molti altri. La disciplina e l'intensità creativa che ho provato in quegli anni
hanno formato la mia prospettiva rispetto alla musica. I primi anni a Chicago furono
veramente difficili. Dopo aver suonato con vari musicisti a Boston, durante gli
anni del college, non ho più ritrovato a Chicago persone a me musicalmente affini
fino all'inizio del 1992, quando cominciai a
suonare con Kent Kessler e Michael Zerang. Da quel momento in poi
le cose cominciarono a prendere il verso giusto anche a Chicago. Per un sacco di
anni è stata la miglior città in cui io potessi vivere al mondo. Sono stato libero
di sviluppare ogni mia idea tranquillamente a casa insieme a musicisti che conosco
da tempo. A Chicago ho imparato l'importanza dell'autodeterminazione, attualmente
quasi tutti i concerti in città vengono organizzati dai musicisti residenti che
fanno dello scambio interculturale la base della propria musica. Al di fuori di
Berlino non mi viene in mente nessun altro luogo al mondo così attivo dal punto
di vista artistico e musicale.
Ti chiedo di tornare con la mente alla fine degli anni
'80 e concentrarti sull'esatto momento in cui hai realizzato di voler diventare
un musicista. Cosa ti ha fatto credere che ce l'avresti fatta?
Durante i miei ultimi anni di Università, in quel periodo studiavo Cinematografia,
ho capito che avrei voluto dedicare la mia intera vita al Jazz e alla musica d'improvvisazione.
Passavo molto più tempo a studiare e a suonare con la mia band piuttosto che a seguire
i miei corsi universitari. Dopo la laurea sono tornato a Boston per ragionare su
quella che avrei voluto fosse la mia vita dopo gli studi. L'idea di diventare un
musicista professionista e di suonare alle feste o ai matrimoni in qualche modo
mi terrorizzava. Così trovai lavoro in un negozio e al di fuori del lavoro tutto
il resto del mio tempo lo passavo suonando. Dopo una decina d'anni passati in questo
modo sono stato in grado di trovare un lavoro part-time e di insegnare privatamente
lo studio del Sassofono per poi lasciare definitivamente il lavoro e cercare realizzazione
nel mondo della musica. Questo lo devo in gran parte anche a mia moglie Ellen che
ha sempre creduto e lottato insieme a me per far diventare i miei sogni realtà.
Qual
è la tua maggiore ispirazione quando componi nuova musica o durante un'improvvisazione
sul palco in compagnia di altri musicisti?
Sono molte le cose che vanno a caratterizzare la mia musica durante una composizione
o un'improvvisazione. Fondamentalmente è la musica stessa a guidarmi. La direzione
che prenderà la composizione è già contenuta nella composizione stessa. La stessa
cosa si può dire per l'improvvisazione. Ascoltando gli altri musicisti diventa chiaro
quello che può essere il mio ruolo in quel momento sia che io mi trovi in accordo,
contrasto o addirittura in silenzio. Solitamente l'ispirazione proviene da ogni
cosa e spesso da sorgenti che non hanno a che fare con la musica. Mi aiuta moltissimo
osservare quadri, fotografie, films e leggere più libri che posso. Nella mia esperienza
"il pensiero creativo ispira altro pensiero creativo". Le idee e le soluzioni
possono essere le stesse per diversi campi della conoscenza, non importa se il materiale
usato è differente. Ecco perché il suono può essere importante per l'immagine e
viceversa.
Quali artisti ami al di fuori della musica?
Adoro Samuel Beckett, Lee Friedlander, Stanley Kubrick,
Merce Cunningham, Willem De Kooning, Daido Moriyama, David
Smith, Francis Bacon, Orson Welles, Kenneth Patchen,
Donald Judd e molti altri…la lista potrebbe essere davvero infinita.
Cosa vorresti dire ai giovani musicisti che vorrebbero
seguire i propri sogni? Qual è la caratteristica più importante per diventare un
musicista?
Mettete la musica al primo posto e il resto verrà da se. La cosa migliore che abbia
mai sentito a questo riguardo l'ha detta Elvin Jones quando gli fu chiesto
se per lui fossero più importanti i musicisti o il pubblico. Lui rispose "Nessuno
dei due. Prima ci metto la musica." Quando la musica è la cosa più importante
ogni cosa prende il suo posto naturale.
Chi ti ha maggiormente influenzato nello studio del tuo
strumento?
Penso che fra tutti ho tratto maggiore ispirazione da
Sonny Rollins,
soprattutto nel periodo verso la fine degli anni '50
e primi anni '60.
Per me sei uno dei musicisti più versatili e creativi che
si possa trovare in circolazione da un po' di anni a questa parte. Hai dimostrato
di poter suonare sia Jazz che Free Jazz con i Vandermark 5, improvvisare
con gli AALY Trio e una marea di altri grandi musicisti e quello che sento
ogni volta è un incredibile controllo su quello che stai suonando e sulle direzioni
che vuoi che la tua musica prenda in quel preciso istante. Come hai fatto a raggiungere
un tale livello di dimestichezza e libertà nel controllo di quello che stai suonando?
Innanzitutto grazie per le tue belle parole. Ovviamente sarà il tempo a decidere
se quello che dici è vero oppure no. Una parte di quello che sto cercando di fare
è di mettermi alla prova trovando un bilanciamento tra il rischio dato dall'improvvisazione
e la limpidezza di quello che suono. Il mio sogno sarebbe di unire le sperimentazioni
di Albert Ayler con la chiarezza dell'improvvisazione di Thelonious Monk.
Per raggiungere questo risultato devo essere sempre sicuro di essere assolutamente
chiaro nell'esecuzione e anche di aver ben presente quello che è il mio ruolo nell'improvvisazione
in ogni singolo momento. Ogni gruppo di musicisti ha la sua "chimica" che
è molto più importante dei requisiti tecnici di ogni componente. I miei interessi
musicali così vari mi permettono di lavorare in ambiti molto diversi e ogni combinazione
di musicisti ha un risultato estetico molto diverso.
Quando hai iniziato a suonare il sassofono? È stato più
importante per te differenziare gli ascolti oppure passare più tempo facendo pratica
sullo strumento?
Ho
iniziato a suonare la tromba quando avevo 8 anni ma ero terribile. A 16 sono passato
al sax tenore e a parte qualche importante lezione estiva con George Garzone
sono essenzialmente autodidatta. Probabilmente la cosa che mi è servita di più per
migliorare come strumentista è stata assistere più spesso che potevo alle esibizioni
live dei miei musicisti preferiti. Mio padre è un grande fan della musica Jazz e
ha suonato costantemente a casa durante tutta la mia crescita. Quand'ero ragazzo
mi portava nei Jazz Club di Boston quasi tutte le sere. Vedere come la musica nasceva
sui palchi della mia città mi ha fatto venire l'irresistibile esigenza di trovare
una maniera per crearla.
Normalmente sei in tour per il mondo per almeno otto mesi
all'anno. Riesci ad immaginare di farlo per il resto della tua vita o pensi che
prima o poi sarai stanco di questa professione?
Amo quello che faccio. Suonare quanto mi piace e realizzare le idee che ho in mente
mi porta inevitabilmente a viaggiare costantemente. La cosa più difficile da gestire
è la lontananza da mia moglie. Questo aspetto del mio lavoro è veramente difficile
da sopportare. Ma in qualche modo riusciamo a portare avanti questo stile di vita
e non mi è mai capitato di pensare di mollare prima o poi.
Cosa ne pensi dell'attuale situazione degli USA? Pensi
che qualcosa sta per cambiare oppure le speranze del popolo americano saranno ancora
una volta disattese?
Se ti riferisci alla politica penso che le cose cambieranno molto rispetto a quella
che è stata l'amministrazione Bush! Obama e il suo staff hanno sicuramente una serie
di situazioni difficilissime da gestire, molte delle quali sono il risultato dell'amministrazione
precedente. Ma nonostante ciò sono fiducioso che riusciranno a cambiare le cose
in meglio.
Quali sono gli artisti che ami della scena Jazz degli anni
'60 e dei nostri giorni?
Amo Eric Dolphy,
Ornette
Coleman, Cecil Taylor, Archie Sheep,
Charles
Mingus, Roswell Rudd, Don Cherry, John Gilmore,
Jimmy Giuffre, Billy Higgins,
Charlie Haden,
Andrew Hill,
Carla Bley,
Edward Blackwell, Sun Ra e tantissimi altri. Per quanto riguarda il
presente amo gli Ab Baars, Paal Nilssen-love, Fredrik Ljungkvist,
Haavard Wiik, Mats Gustafsson, Peter Brotzmann, Han Bennink,
Misha Megelberg, Joe Morris, Ingebrigt Haker Flaten, Dave
Rempis, Kent Kessler, Joe McPhee, Fred Lonberg-holm,
Jeb Bishop, Nate Mcbride, Jeff Parker, Chad Taylor,
Axel Doerner, Paul Lytton, Paul Lovens, Johannes Bauer,
Lasse Marhaug, Thomas Lehn, Wilbert De Joode, Nasheet Waits,
Tim Daisy, Pandelis Karayorgis, Steve Swell, Magnus Broo,
Fred Anderson...
Qual è il tuo attuale setup?
Suono un Tenore Selmer Mark VI con un becco Bari, Ance 4 Medium Select Jazz della
Rico. Come baritono suono un Selmer SBA, un clarinetto basso vintage della LeBlanc
e clarinetti in Bb e A della Buffet.
Quali sono i tuoi sogni per il futuro e i tuoi attuali
progetti?
Per il futuro spero solamente di continuare a fare il musicista. Al momento sto
cercando di cogliere tutte le opportunità che posso e di trovare nuovi spazi dove
suonare.
Ti ringrazio per il tuo tempo e per averci concesso questa
intervista mentre sei in tour. Sei libero di dire quello che vuoi ai nostri lettori…
Abbiamo bisogno di ascoltatori con orecchie ben spalancate e vi ringrazio per avere
una mente aperta e pronta per ascoltare il tipo di musica che faccio. Per tutte
le informazioni che desiderate vi rimando al mio sito internet
www.kenvandermark.com
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Data pubblicazione: 01/05/2009
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