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Intervista a Gorka Benitez
Barcellona, ottobre 2006
di Francesca Giordano

"Com'è la Barcellona di Gorka?" "Guardala la mia Barcellona, è piena di luci, di colori e di suoni!"

E' questa la risposta finale alla chiacchierata con Gorka Benitez, uno dei più importanti jazzisti spagnoli...I suoi strumenti per rappresentare la realtà sono sax tenore e flauto. Vasco di Bilbao, cittadino del mondo e barcellonese d'adozione, abbiamo scelto questa sua ultima frase perchè rappresenta anche la sua musica, piena di luci ed ombre, di suoni forti ma anche struggenti fin quasi al silenzio e dei colori dei posti dove ha vissuto, e soprattutto di Barcellona, la città da cui vive dal 1995 tanto che Jordi Pujol, patron della "Fresh Sound Records" - l'etichetta per cui Gorka incide - ha detto che la scena jazz della capitale catalana non sarebbe la stessa senza di lui.



Inizia i suoi studi di musica al conservatorio di Bilbao e grazie ad una borsa di studio si reca a New York per tre anni dove si diploma in Jazz nella scuola dell'"Harbour Performing Art Center" Sempre nella Grande Mela forma il suo trio con il quale suona in diversi club.

Tornato in patria, Gorka viene considerato una delle voci più distaccate e prestigiose del jazz iberico, grazie sia all'attività di sessionman che di leader e partecipante in molti progetti musicali. Citando una recensione fatta da "Jaç", la più prestigiosa rivista catalana del settore, Gorka approccia la musica affrontando costantemente "il suo stato di liberta": attraverso i suoi dischi ci propone un linguaggio immediato, il suo mondo personale, diretto ed autentico.

Circondato da una vera e propria "familia" formata dai jazzmen tra cui il batterista David Xirgu, i pianisti Emilio Solla ed Albert Bover e la cantante Carme Canela, ha all'attivo quattro dischi: il più lirico "Gorka Benitez Trio" del 1999, "Fabou" del 2001 che propone le sue rivisitazioni di classici come "You are the sunshine of my life", "Time after time" di Cindy Lauper e la sua unica prova come cantante "Nada sin tu voz", lo sperimentale "The Free Session" del 2003 creato con il suo gruppo e quello di Billy MCHenry in una session improvvisata, l'ultimo doppio cd "Sòlo la verdad es sexi" in cui spicca la melodia intensa e struggente di "1929", scritta a quattro mani con Albert Bover e la poesia della canzone, che da il titolo al doppio cd, cantata da Carme Canela.
Attualmente sta lavorando a due progetti musicali in uscita e capitana il Gorka Benitez New Project.

L'incontro con Gorka avviene in un bar dietro uno dei luoghi simbolo della musica catalana e spagnola, quell'incredibile e caleidoscopico "Palau della musica catalana" e l'influenza di questo monumento ha creato una bella chiaccherata sulla sua musica, sullo stato della musica jazz e della cultura a Barcellona ed in Spagna e l'inevitabile confronto tra un'italiana  entusiasta dell'attenzione riservata alla cultura nella penisola iberica e del suo fermento negli ultimi decenni e un artista che vive ciò dall'interno vedendo sfaccettature non visibili dal di fuori.

Per definire l'incontro con Gorka si potrebbe utilizzare il titolo di un suo disco "The Free Session"...a ruota libera!

F.G.: Siamo qui accanto al Palau e da italiana in giro per Barcellona sono entusiasta del fermento culturale e dell'attenzione che sembra esserci verso la cultura in tutte le sue forme. E' così anche verso la musica jazz? Vengono organizzate molte manifestazioni?
G.B.: Trovi? Si può parlare di effetto Catalogna! Chiunque viene qui è entusiasta di quello che vede in giro, una sorta di vetrina a cielo aperto che gli viene offerta ma la realtà di chi la vive è un'altra. Per quello che riguarda la musica jazz la situazione è precaria. Vengono occasionalmente organizzate delle manifestazioni come "La Hora del Jazz" che permettono ai musicisti di suonare, guadagnare e farsi conoscere ma è una sorta di pubblicità sai, una sorta di pillola.

F.G.: Che tipo di tutele e promozioni attuate come musicisti?
G.B.: Esiste un'associazione, quella dei musicisti catalani che ha il compito di tutelare la nostra attività, creando una forza, un'unione che difficilmente esisterebbero. Si occupa degli aspetti legislativi, fiscali e sindacali. Per natura e per una sorta di egoismo professionale il musicista non tende a pensare a ciò.

F.G.: Qual è la situazione dei jazz club a Barcellona? Esistono spazi dove il jazz vive e cresce? E' erroneo pensare che in una grande città piena di stimoli i musicisti jazz possano trovare un habitat favorevole dove suonare, ascoltare, crescere e confrontarsi?
G.B.: Paradossalmente no. Qui in pratica esiste solo il Jamboree come luogo jazz per eccellenza. A Barcellona negli ultimi anni si è prodotta un'impressionante chiusura di jazz club con un notevole impoverimento della scena locale. I musicisti che si formano qui sono costretti a cercare lavoro altrove, ad esempio in paesi come in Giappone! La mia ultima tournèe l'ho fatta grazie al contributo dell'istituto Cervantes che spesso promuove gli artisti spagnoli all'estero. Ma è un'eccezione!

F.G.: Ed i festival? Ad esempio nella mia regione, in Toscana, c'è un festival chiamato "Toscana Jazz" che ha il merito di portare il jazz verso persone che altrimenti sarebbero fuori dai circuiti jazz delle grandi città, creando anche una sorta di "rete".
G.B.: Interessante ma per me un festival deve svolgersi in un unico luogo! Sai deve crearsi l'atmosfera. E' la gente e la musica che fanno l'atmosfera assieme ai musicisti ed alla musica.

F.G.: Sei mai stato ad Umbria Jazz?
G.B.: No ma mi piacerebbe!

F.G.: Ascoltando i tuoi dischi si nota un'incredibile versatilità, passando dal jazz allo stato puro di "The Free Session" alle rivisitazioni di classici pop in "Solo la verdad es sexi". In "Fabou" c'è "Time after Time" di Cindy Lauper. Perché l' hai scelta? E per un musicista jazz che significato ha scegliere delle canzoni pop e renderle jazz?
G.B.: Cerco sempre ispirazioni differenti e concrete, una comunicazione diretta e semplice che arrivi senza fronzoli. E così esprimo me stesso, le mie emozioni e la mia voce. Non è così strano e non è un contrasto in sé accostare pop e jazz. La musica vive di contrasti, toni alti e bassi, stili differenti!

F.G.: Così concili anche musica tradizionale vasca e rock?
G.B.: Le radici vasche fanno parte di me visto che ho iniziato con la musica tradizionale. E da ragazzo avevo il mio gruppo rock. Col jazz diciamo che è stato un colpo di fulmine avuto una sera a Bilbao ascoltando un ragazzo ubriaco che suonava questa musica. Puoi immaginare, del jazz a Bilbao! Ma tutti questi stimoli servono per esprimermi. Non ci crederesti ma un musicista che ammiro molto è Alejandro Sanz (ndr: uno dei più importanti musicisti pop spagnoli, colui che duetta con Shakira in "La tortura"): è incredibile il suo approccio con la musica.

F.G.: La tua voce si ascolta solo in "Nada sin tu voz". E' una tua scelta quella di non cantare lasciando ad altri il compito come a Carme Canela?
G.B.: Canto. La voce è uno strumento come il sax, come il flauto. Quando avevo il mio gruppo cantavo. Ma adesso preferisco lasciar spazio agli strumenti.

F.G.: Dopo tre anni a New York la scelta di tornare in Spagna. Non è un passo indietro? Eppure la grande mela offre delle opportunità incredibili ad un musicista jazz!
G.B.: Si è vero! Delle grandi occasioni ma esiste una vita da vivere…e qui a Barcellona esiste un ritmo più umano come uomo e musicista!

F.G.: Tu incidi per la "Fresh Sound Record", una bella realtà musicale con la quale suonano molti dei musicisti della tua "famiglia" musicale, ad esempio Emilio Solla e Carme Canela. Qual è il tuo rapporto con la tua casa discografica?
G.B.: Di completa fiducia. Mi danno la libertà più totale e questo è fondamentale come musicista, per sperimentare e crescere. E Jordi Pujol, il suo patron, è riuscito così a creare un bel movimento di idee.

F.G.: Oltre ai tuoi progetti solisti partecipi a molti progetti come quello di "Emilio Solla y afines". La cosa che colpisce è questa incredibile interazione tra te ed Emilio, due persone diversissime per cultura musicale e carattere. Lui più ciarliero e tu più riservato. Vedendovi interagire sul palco veramente vi basta uno sguardo ed una nota per intendervi...
G.B.: Lo so, io ed Emilio siamo due persone diversissime con le proprie idee musicali ed il proprio carattere, con scontri, discussioni ma ognuno si stima e si stimola. Ciò che mi piace di questo progetto è il fatto di dare nuova vita e creare una nuova veste al folclore e tango argentino. E' un peccato che il progetto si debba fermare per i prossimi due anni visto che Emilio si trasferirà a New York per perfezionare i suoi studi

F.G.: Tu Insegni presso la ESMUC (la scuola catalana superiore di musica). Come vedi i tuoi studenti?
G.B.: I ragazzi sono preparati ma quello che trovano al di fuori della scuola è una realtà dura dove spesso devo anticipare i soldi per poter realizzare dei progetti, suonare in attesa di poter ricevere indietro i soldi dagli enti locali, dalle sovvenzioni comunitarie. Generalmente non mi piacciono questi intrecci ma non si vive di sola gloria e questo permette comunque di farsi conoscere, creare delle occasioni…L'ideale sarebbe vivere con il proprio lavoro e non aspettare i fondi locali, statali od europei…

F.G.: Lavori con musicisti non spagnoli che arrivano da altre parti d'Europa e da altri paesi?
G.B.: Ho potuto suonare in paesi come Germania, Svezia, Olanda, Francia, Finlandia, Argentina, Italia, una volta ho suonato a Genova, poi in Belgio, Svizzera e USA. Ho suonato con molti musicisti e la maggior parte è in CD che abbiamo registrato.

F.G.: Hai la sensazione che la musica jazz sia percepita in maniera differente negli altri paesi europei rispetto alla Spagna?
G.B.: I comportamenti sono differenti, la cultura è differente ma il sentire e l'ascoltare non hanno nazionalità.

F.G.: Chi sono i musicisti che ti hanno influenzato e che idee e stimoli ti hanno dato?
G.B.: Sono tutti quelli con cui ho avuto la fortuna di suonare, te ne citerò qualcuno: Benet Palet, David Xirgu, Bill McHenry, Dani Perez, Jorge Rossi, etc,etc..

F.G.: Il brano non tuo che avresti voluto scrivere...
G.B.: "A Case of you" di Joni Mitchell.

F.G.: Quale saxofonista o flautista ti hanno ispirato nella tua carriera in che maniera?
G.B.: Wayne Shorter per la sua opera e per la sua maniera di essere.

F.G.: L'ispirazione per i tuoi brani da dove arriva ?
G.B.: La vita, la vita e la vita!

F.G.: Il sogno nel cassetto a parte i tuoi progetti reali!
G.B.: Continuare a creare la mia musica e vivere di questa. Suonare.

F.G.: A quale artista non potresti dire di no?
G.B.: Ce ne sono tanti…mi piace tanto suonare.

F.G.: Il Gorka no jazz cosa ascolta?
G.B.: Tutti i tipi di musica...

F.G.:  Cosa ti piacerebbe che i tuoi studenti apprendessero? Che speranze hai per loro? Puoi fare un paragone con quello che vivevi tu alla loro età e come sono cambiate le cose?
G.B.: Ad amar la musica, auguro loro il meglio. Non è cambiato niente da quando io avevo la stessa età. La musica e l'arte non hanno tempo.

F.G.: Come ti sei avvicinato alla musica? C'è una tradizione famigliare o è stato un colpo di fulmine?
G.B.: Grazie a mio zio che suonava el txistu, strumento folkloristico dei Paesi Baschi.

F.G.: Si può vivere di jazz, dischi e concerti ? Ci sono stati momenti in cui hai pensato "Meglio un lavoro normale anche se comporta perdere l'istinto!"? E come si concilia la vita jazz, se così si può definire con la quotidianità?
G.B.: Dipende da come vuoi vivere, non tanta gente può farlo. Non ho mai pensato di smettere, ho sempre avuto la forza e la voglia di continuare. E per la vita jazz è facile capirla ma difficile viverla, questo lo potrebbe dire una terza persona.

F.G.: L'ultimo libro letto, l'ultimo film visto e l'ultimo disco ascoltato?
G.B.: "L' Eternauta", "Match Point", un disco di Mikel Laboa.

F.G.: Si può parlare di influenza basca nella cultura spagnola ? Ad es. Julio Medem (il regista di "Lucia y el sexo") nel cinema, Alberto Iglesias (compositore delle colonne sonore di Almodovar) nella musica e Lucia Extebarria nella narrativa?
G.B.: Certo anche se gli spagnoli non lo ammetteranno mai, è sempre stato così! E nella musica esattamente succede la stessa cosa!

F.G.: Bilbao per te a parte i pintxos! (i crostini tipici baschi che si mangiano per gli aperitivi)? Che relazione hai con la tua città e come viene considerato il jazz?
G.B.: E' la mia città e la considerò come tale. Il jazz non viene considerato, non esiste. Ma c'è un'eccezione, un "animale" chiamato Gorka Reino "Tortellini"

Muchas gracias Gorka!







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Data pubblicazione: 26/11/2006

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