.O.:
La mia passione per il canto nasce da ragazzina: ricordo che fin da piccola
fingevo di avere un microfono e, nel giardino della mia casa simulavamo dei concerti
con i miei amici. Ma anche il fatto che mia madre ascoltava sempre le colonne sonore
dei musical ed io le cantavo… Così è anche nata la mia passione per il jazz.
Mentre
io ascoltavo molta musica pop, mia madre mi faceva ascoltare altri generi musicali
con molte influenze jazz. Poi negli anni 1986-1987
presso l'università in California si teneva un corso di canto della durata di due
anni e mi sono iscritta. Così ho imparato la tecnica classica. Nell'università c'era
un gruppo di vocal jazz che facevano cover dei
Manhattan
Transfer. Feci un provino e fui scelta per fare parte del gruppo. Abbiamo
fatto diversi concerti in California e Nevada e siamo stati ospiti presso diverse
università. E' stata una bella sfida anche perché musicalmente ero un disastro:
non sapevo trovare le note. Da bambina non ho studiato musica tranne un anno di
chitarra dove ho imparato gli accordi della musica pop. Perciò affrontare il mondo
della teoria è stato difficilissimo. Non mi sono arresa, però, ho trovato chi mi
ha aiutato e mi ha insegnato le basi. In seguito mi sono iscritta ad un'altra università
proprio per seguire il corso di musica e così ho studiato Vocal performer
per due anni. Poi ho vissuto un periodo di "temporary insanity" e mi sono
trasferita a Nashiville anche perché, in quel momento, mi ero innamorata della musica
country e con una ragazza indiana d'america che cantava nel gruppo di vocalese abbiamo
fatto le jam session: lei faceva l'indiana ed io facevo la cowboy! A Nashville però
non ero andata solo per la musica country. Avevo bisogno di operare un cambiamento
radicale nella mia vita, dopo molte delusioni personali ed ho deciso per Nashville.
Lì ho continuato a studiare canto, infatti ho seguito uno stage con Seth Riggs
(il vocal coach di Michael Jackson, Barbara Streisand), ho frequentato tantissimi
musicisti, ma non jazzisti. La musica l'ho vissuta anche come rappresentante di
un distributore di musica gospel, per cinque anni ho viaggiato moltissimo.
A.A.: Quando eri negli
States hai lavorato a lungo nei musical: cosa ti è rimasto di questa esperienza
e quanto ha inciso nella tua formazione musicale?
C.O.: Per me è stata un'esperienza importante. E' stato sempre più facile
esibirmi nei musical perché non ero me stessa, recitavo e cantavo. Potevo essere
un'altra persona. Mi è sempre piaciuto recitare. Non so perché non ho proseguito
per questa strada, forse perché avevo bisogno di lavorare: in America lasciamo la
casa familiare molto giovani.
Infatti,
a 21 anni ero già indipendente e, quindi, dovevo pensare ad un lavoro stabile. Tra
l'altro facevo molti lavori che mi portavano a viaggiare, per cui non potevo rimanere
in un solo posto. Sicuramente il musical mi ha influenzato e mi ha portato verso
la musica jazz. Infatti, quello che io canto con i miei gruppi è più swing, non
sono ancora entrata nel mondo del bebop o dell'improvvisazione. Da ragazzina non
ho mai ascoltato il bebop: probabilmente sono stata l'unica nel mio quartiere. Ascoltavo
musical, West Side Story era il mio preferito.
A.A.: Hai partecipato
a diverse produzioni discografiche: ce ne vuoi parlare?
C.O.: Ho lavorato a Nashville nell'ambito della musica Gospel e lì ho preso
parte a numerose incisioni. Anche qui in Italia mi sono occupata del Gospel con
un cantante torinese, Aurelio Pittino.
A.A.: Perché hai scelto
l'Italia?
C.O.: Nel 1992 venni in Italia, a Torino,
per cantare con un gruppo Gospel e, quando ho visto l'Italia me ne sono innamorata.
Poi ho del sangue italiano, i miei nonni sono calabresi. Ero sempre stata attirata
dall'Italia e negli anni 1993 e
1994 mi sono trasferita a Torino e lì ho conosciuto
Giorgio Li Calzi ed altri musicisti. Purtroppo dovevo rientrare negli Stati
Uniti, ma il desiderio di ritornare in Italia non mi ha mai abbandonato. Pensa che
non riuscivo a dormire la notte al pensiero dell'Italia. Avevo iniziato a lavorare
nel pronto soccorso di un Ospedale di Nashville: avevo deciso che se non fosse stato
possibile tornare in Italia, avrei fatto il medico! Ed avevo iniziato la strada
della medicina, poi anche grazie ai preziosi consigli di mio padre che mi ha spinto
a seguire il mio "sogno" sono tornata in Italia. Ma prima il problema era: cosa
posso fare per vivere in Italia? Insegnare inglese! Quindi sono andata in Inghilterra
ed ho conseguito la certificazione per l'insegnamento della lingua. A Bari sono
arrivata perché ho conosciuto delle persone di Bari e qualcuno mi ha detto che c'era
una scuola di musica, il Pentagramma.
Non avevo intenzione di intraprendere una carriera nel campo musicale, ma ho incontrato
Paola (Arnesano, ndr) che mi ha fatto studiare, riprendere le nozioni
di tecnica ed approfondire quella jazz.
A.A.: Collabori con l'Orchestra
Ismez…
C.O.:
E' una bella esperienza. Gli insegnanti sono favolosi, Marco Sannini
è bravissimo, poi Francesco D'Errico, eccellente. Durante questa esperienza
ho imparato moltissime cose. Abbiamo anche arrangiato i brani, il Cd dovrebbe uscire
a breve.
A.A.: Secondo te ha ancora
un significato la parola jazz?
C.O.: Ci sono delle cose
che nella vita non muoiono mai: il jazz non morirà mai. Anche gli aspetti più commerciali
che vanno di moda ora ricalcano il jazz, lo swing. E sono utili a far conoscere
il jazz anche a persone che non sempre lo ascoltano. Certo non ci sono molte vocalist
come quelle di un tempo…
A.A.: La più grande vocalist
di tutti i tempi…
C.O.: Ella Fitzgerald,
senza dubbi. Anche se quando ero piccola non ascoltavo Ella, perché sentivo altra
musica come ti ho detto. Poi ho scoperto Anita O'Day, Peggy Lee,
Julie London.
A.A.: La peggiore…..
C.O.: Alanis Morrisette,
sicuramente. Non riesco ad ascoltarla. Ogni forma d'arte deve farmi sentire bene
dentro, anche la voce. Anche quando sento una vocalist che fa sempre e solo scat,
mi viene voglia di dire: basta!
A.A.: Con quale artista
vorresti collaborare?
C.O.: Avrei voluto collaborare
con Gershwin, era bello in tutto, anche come uomo...
A.A.:
E con chi non vorresti mai collaborare?
C.O.:
Guido Di Leone,
Bobby McFerrin perché sono troppo bravi per me… Ho seguito uno stage
ad Umbria Jazz con Bobby: è fenomenale! E con Burns Simpson (The Simpson,
ndr), non mi piacciono i capelli!
A.A.: Quale formazione
prediligi?
C.O.: Sicuramente la Big
Band è il mio sogno. Mi piace anche il quintetto, perché mi piace avere accanto
alla mia voce un fiato.
A.A.: La tua formazione
All Stars…
C.O.: Elvin Jones
alla batteria, chitarra George Benson, double-bass Ira Coleman, piano
Bill Evans, tromba Marco Sannini, ma anche
Chet Baker…
A.A.: Tu sei un'ottima
esecutrice: hai mai pensato di comporre e incidere un disco tutto tuo?
C.O.: Per l'orchestra laboratorio
del Pentagramma il direttore, Nico Marziliano sta componendo i brani, mentre
le parole, in lingua inglese, le devo scrivere io…My God! C'è un brano che lui ha
scritto la cui musica è molto ma molto triste ed ho scritto le parole basandomi
su di una storia vera, della mia vita, su di una delusione amorosa. Questa canzone
parla di un sogno: avere una vera storia d'amore con questa persona, ma ciò non
era possibile. Però la passione, ciò che ho sentito con questa persona non si potrà
più ripresentare, almeno penso… E' stato un amore irraggiungibile.
Nico
(Marziliano ndr) sta scrivendo un brano blues (accenna qualche nota, ndr) e l'immagine
che mi viene in mente è quella di una persona che sta pulendo il locale dopo una
serata, ma sto ancora scrivendo le parole.
A.A.: Se avessi scelto
un'altra forma d'arte, quale sarebbe stata congeniale ?
C.O.: Già fatto, dipingo,
olio su tela. Sul mio sito
ci sono alcuni lavori. L'Italia ha fatto venire fuori tutta la mia creatività.
A.A.: L'ultimo disco
che hai comprato? E lo hai ascoltato?
C.O.: E' stato quello allegato
alla rivista Jazz.it di febbraio-marzo e lo ascoltato e mi è piaciuto molto
(Art Farmer ndr).
A.A.: L'ultimo libro
che hai letto?
C.O.: Ho appena letto un
libro su Michelangelo, bellissimo. E poi sto leggendo un libro sulla storia del
jazz che mi è stato consigliato da Marco Sannini.
A.A.: Qual è il tuo incubo
più ricorrente?
C.O.: Sogno molto spesso
di stare in un ascensore che gira in orizzontale ed io sono intrappolata.
A.A.: E, musicalmente
parlando, ti senti intrappolata?
C.O.: Un po' si, mi sento
bloccata. Cerco di liberarmi per rischiare di più. Ovviamente per una cantante è
difficile uscire dalla melodia, cerco di uscire però dagli schemi del ritmo anche
con l'improvvisazione.
A.A.: Se tu dovessi scegliere
un contenitore che ti contenesse, quale sceglieresti?
C.O.: Sicuramente un ottagono!
A.A.: Visto che sei anche
una pittrice, se dovessi scegliere un colore che ti rappresenti, quale sceglieresti?
C.O.: Viola, perché è un
colore forte ed a me fa sentire felice. Anche se in Italia non porta felicità, soprattutto
nel mondo dello spettacolo. Per me è un colore regale.
A.A.: Vorresti dire grazie
a qualcuno?
C.O.: Quanto tempo hai?
Scherzo. Prima a mia madre che è la persona più "artista", quella che mi ha spinto
a rischiare, mio padre, invece, è più razionale. Devo ringraziare moltissimo
Guido Di Leone
e Paola Arnesano che mi hanno "lanciato", mi hanno incoraggiato ad andare
avanti con il percorso musicale. Poi tutti i musicisti che ho incontrato. Ma soprattutto
voglio ringraziare Gesù Cristo.
A.A.: Quali sono i tuoi
progetti futuri?
C.O.: Innanzitutto vorrei
essere più musicista, vorrei imparare meglio tante cose, soprattutto l'improvvisazione
per essere una musicista completa. Anche se non farei mai un CD solo d'improvvisazione.
Secondo me la gente vuole ascoltare una voce bella, simpatica, udibile. L'improvvisazione
va fatta solo ogni tanto e deve essere fatta bene, io non sono ancora a questo livello.
Vorrei fare un CD ed esibirmi anche oltre la nostra regione. Ma vorrei, soprattutto,
cantare in un'animazione di Walt Disney con arrangiamenti jazz, magari interpretare
la "Bella Addormentata". Poi vorrei trovare…l'Amore!