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Quattro chiacchiere con…Andrea Dolcino

aprile 2013
a cura di Alceste Ayroldi
foto di Amedeo Novelli

Il coworking, per molti, ha ancora un significato oscuro: soprattutto nell'ambito artistico, perché la forma di condivisione degli spazi gestiti è ricondotta quasi sempre alle realtà aziendali di tipo, per così dire, tradizionale. Ora, se incominciassimo a ritenere la musica come una azienda "tipica", come un'azienda offre opportunità di lavoro, come una filiera produttiva, qualcosa cambierebbe. E, probabilmente, le istituzioni incomincerebbero a ragionare diversamente, forse negli stessi termini in cui ragionano in favore – e giustamente – delle aziende in crisi (perché, se un festival o una rassegna chiude i battenti, non si devono aprire le porte degli ammortizzatori sociali, così come avviene in altri settori?).
 
Andrea Dolcino, trentacinque anni, ingegnere del suono e patron in condominio con Fabrizio Testa della Tarzan Records, ha creato un coworking: Indiehub, in quel di Milano. Un contenitore culturale dedicato alla musica, a disposizione di tutti coloro i quali abbiano necessità e idee.



Andrea, partirei dal progetto Tarzan Records con Fabrizio Testa. Un'etichetta parecchio indipendente e di nicchia, scelte che si sono rivelate vincenti. Come è nata l'idea e, visto il successo, quali sono stati secondo lei i punti di forza?

Grazie per questa domanda Alceste. Tarzan rappresenta l'amicizia tra me e Fabrizio Testa. Fabrizio è di Milano, ma nel 2011 si è trasferito a Parigi, si è sposato con una splendida ragazza e ha preso in gestione un ristorante. Sapevamo che senza un obiettivo comune avremmo rischiato di perderci di vista e abbiamo deciso di provare con una label. Tarzan nasce da una relazione a distanza e direi che si tratta di una storia d'amore. Questo è certamente un punto di forza. La cultura musicale di Fabrizio e il suo intuito sono stati fondamentali per rivolgerci ad un pubblico selezionato. La nostra forza di volontà è un punto di forza come il fatto di non appartenere a nessun "giro". E la fiducia che hanno riposto in noi gli artisti con cui abbiamo collaborato è stata un dono prezioso.

Vista la sua esperienza, dopo l'avvento del cd e il proliferare della c.d. musica liquida, è ora giunto il momento di fare un passo indietro?
Non si tratta di fare un passo indietro. E' indubbio che l'era digitale abbia fornito nuove opportunità sia ai musicisti che al loro pubblico. Mi riferisco all'aumento vertiginoso di musica pubblicata e anche all'aumento di un pubblico più facilmente informato e aggiornato sulle novità. Più offerta e più domanda. Perfetto! Tuttavia il management necessario per la commercializzazione di tutta questa musica (o di parte di essa) non si è ancora adeguato e i grandi distributori online e i social network sono per ora gli unici a trarre profitto dalle piccole autoproduzioni, anche se eccellenti. In questo scenario il vinile è e rimarrà un prodotto di nicchia, a differenza del cd che, essendo anch'esso digitale, non ha futuro. Quindi non tanto un passo indietro quanto un investimento su un prodotto più "artigianale", che risulta opportuno per piccole tirature di alta qualità.

Un po' tutto il mercato discografico è in profonda sofferenza, ma le major ne accusano di più il colpo. So bene che non esiste una ricetta vincente, ma cosa si sente di proporre per poter risollevare le sorti del mercato?
La mia proposta è racchiusa nel progetto INDIEHUB. Faccio un esempio: se un'autoproduzione arriva a vendere una ventina di download su grandi portali, senza ricorrere a un management, credo si possa parlare di un successo e di un traguardo. Tuttavia, questo successo, dimostra chiaramente che il progetto pubblicato non è sostenibile, perché una ventina di download non possono coprire le spese sostenute per la realizzazione del progetto, anche se realizzato con un piccolo budget. L'hub che propongo è uno spazio a misura d'uomo in cui sostano, come nell'hub di un aeroporto, management, uffici stampa, musicisti, producer, vari artigiani (stampatori, grafici, etc.) e, non meno importante, il pubblico. Tutti di passaggio per un periodo più o meno prolungato. L'idea di far transitare domanda e offerta nello stesso spazio fisico, utilizzando ad esempio la formula dell'house concert, permette di produrre, pubblicizzare e vendere la musica nella stessa location, creando i presupposti per poterla "esportare".

A proposito: quale musica lei preferisce?
Sono un po' schiavo della melodia, e mi piace molto quando ho la percezione che da un caos "primordiale" e improvvisato nasce un tema semplice, generato non tanto da uno strumento solista, quanto da una sapiente opera di sottrazione. Questa è la cosa che mi emoziona di più nel jazz e nell'avanguardia. Silenzio, disordine e melodia arrangiati con una sapiente sottrazione.

Alla luce della sua esperienza, anche internazionale, cosa c'è di bello e nuovo in Europa? Parlo sia dal punto di vista musicale, che organizzativo.
Direi che in Europa le attività basate sul concetto di "sharing", che implica confronto, condivisione e sostenibilità, hanno avuto successo sotto molteplici forme. Un esempio interessante è il progetto HAI ART, in Finlandia, che invito a seguire. Per quanto riguarda la musica jazz, metterei l'Italia in una delle primissime posizioni. Dal punto di vista organizzativo, è risaputo che le istituzioni fuori dall'Italia sono più efficienti, così come il management. Dobbiamo muoverci, continuare a proporre, perché non è mai troppo tardi.

Lei è un audio engineer: quale è oggi il ruolo dell'ingegnere del suono e quanto è cambiato negli ultimi anni?
Oggi, grazie al digitale, moltissime persone sono in grado di gestire l'audio con un computer. Si possono fare cose che prima erano impensabili. Tuttavia credo che il lavoro del fonico in se non sia cambiato. Personalmente ho lavorato per dieci anni come responsabile della post-produzione di audiovisivi, ed è un lavoro molto differente rispetto a registrare un quartetto. Per quanto riguarda la sala di incisione di INDIEHUB infatti, non sono io il fonico, bensì Gabriele Simoni, un tecnico giovane che è maturato al fianco di Fausto Dasè. Credo che sia molto importante differenziare le competenze e in fondo diffido abbastanza delle professionalità troppo trasversali. Come dire, a ciascuno il suo...

A memoria, di coworking dedicati esclusivamente alla produzione musicale, almeno in Italia, non ho contezza e Indiehub è sicuramente un'esperienza rara. Aveva avvertito che vi era questa esigenza nel tessuto produttivo musicale italiano?
In fase di stesura del progetto mi sono documentato su moltissime realtà internazionali, ma non esiste un hub dedicato alla produzione musicale. Tantomeno realtà focalizzate sulla musica jazz applicando la logica del coworking. E' stato proprio riflettendo sulla carenza di management rispetto all'aumento di domanda e offerta di musica che ho visto uno spazio per realizzare INDIEHUB.

Un centro polifunzionale, potremmo definirlo, che si ispira alle warehouse londinesi. Quali sono i punti di forza, secondo lei?
Il punto di forza, come accennato prima, è l'idea di far confluire in un unico spazio domanda e offerta. Con tutto quello che questi grandi insiemi contengono. Non si tratta di uno studio associato che vende servizi, ma di uno spazio in cui i players (è così che chiamo i frequentatori dell'hub) transitano più o meno velocemente, costruendo di volta in volta il tessuto necessario per poter vendere risultati.

Quale è stata la risposta del pubblico, dell'utenza?
Ad oggi (abbiamo aperto le porte a fine marzo) ho ricevuto molti feedback positivi. Ed anche molti consigli. Questo è grandioso, perché mi rendo conto che lo spazio di via Bramante è fonte di ispirazione. Trattandosi di una novità c'è anche dello scetticismo, più che comprensibile. Ma devo ammettere che sono proprio gli scettici a dare i consigli più preziosi.

Parliamo della rassegna "Jazz Indiehub", in collaborazione con Gianni Barone, che si occupa del jazz contemporaneo, privilegiando musicisti italiani. Come è nata e che futuro ha?
Ho incontrato Gianni lo scorso giugno, mentre bussavo alle porte del "jazz" per chiedere consigli e per esporre la mia idea. Mostrò entusiasmo fin da subito e mi diede dei consigli preziosi. Appena terminati i lavori di ristrutturazione mi ha proposto una rassegna che affiancasse le sue produzioni per la primavera 2013. Non potevo chiedere di meglio. Gianni è una persona moderna e dinamica, si muove velocemente e pensa velocemente. Inoltre è pertinente. Sono certo che faremo crescere JAZZ INDIEHUB, trasformando la rassegna, di volta in volta, in uno strumento funzionale e contemporaneo.

Ha voluto creare un fil rouge tra le arti, inserendo anche una cucina nel coworking e dando spazio anche alle sue conoscenze culinarie. Dove nasce questa sua passione per la cucina?
Non per falsa modestia, ma in questo caso la cucina non è un arte, ma uno strumento. Mi sono specializzato nel far mangiare molte persone senza una preparazione e una strumentazione professionale. Mangiare insieme è indispensabile per conoscersi. Fare merenda con una crostata, bere un the con calma, non credo vi sia un'occasione migliore per studiarsi.

Quali idee, quali progetti per il futuro?
In questa fase sono completamente assorbito da INDIEHUB. E stiamo preparando con Fabrizio la prossima uscita per Tarzan Records, "Ritratti" di Dany Greggio. Ho una compagna formidabile che mi fa stare bene. Non so cos'altro progettare. Vorrei andare in Sicilia, ci sono stato una sola volta in vita mia e ho bisogno di tornarci.







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Data pubblicazione: 21/04/2013

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