Glockenspiel
Dupleix
Babel Label (2013)
1. Larven
2. Dupleix
3. Bellville
4. Tramadol
5. Fentanyl
Adrian Dollemore - chitarra, elettronica Steve D'enton - batteria, elettronica
Un nome misterioso, che evoca un carillon o un metallofono, per un altrettanto
ermetico duo: il chitarrista Adrian Dollemore e il batterista Steve D'enton,
all'apparenza piuttosto schivi anche nel lasciare tracce della loro biografia. Per
fortuna, però, la loro musica abbonda di sugose novità alle quali l'etichetta inglese
Babel Label ha abituato il suo pubblico.
L'inusuale coppia ha mosso i primi e già incisivi passi con la Krayon records, dando
alla luce dei progetti finemente contaminati e registrando anche con il quintetto
Dukes of Pouch, che annovera, tra gli altri, il sassofonista Tony Bevan, il bassista
John Edwards e il polistrumentista Ashley Wales, ben noti sulla scena free
inglese, anche per aver dato vita a sempre interessanti pastiche tra jungle, drum'n'bass
e improvvisazione.
Glockenspiel mette in scena tutti questi attori con una sceneggiatura che fluttua
tra l'avanguardia jazz scandinava più tenebrosa e la kosmische musik, alias
krautrock, tra techno minimal e ambient progressive. Tutto racchiuso in poco più
di trentatré minuti e cinque brani, due dei quali – solo per denominazione – assomigliano
a dei medicinali. Tramadol, se fosse un medicamento, sarebbe di sicuro lisergico,
vista la sua natura psichedelica resa ancor più palpabile dalle geometrie ad ampio
spettro della chitarra di Dollemore; mentre Fentalyn è massiccio, vigoroso
con d'Enton in prima fila, che tiene il ritmo e lo spezza, sotto i colpi di sciabola
della chitarra post-punk di Dollmore.
La lunga main-title mette i puntini di reticenza tra free jazz e avanguardia rock
trascinando entrambi in un granguignolesco ambient.
Le tessiture degli apparecchi elettronici si ascoltano di più in Larven,
ancora in debito con la psichedelia degli anni Sessanta-Settanta, con la batteria
a dettare tempi e ritmi sempre diversi e a rendere più agitata la composizione.
Bellville lascia ben comprendere quanto i due si trovino a menadito: Dollmore
e d'Enton si abbracciano e si scambiano ampie pacche sulle spalle, alternando melodia
e ritmo, compostezza strumentale e introspezioni rumorose.
"Dupleix" non è il disco "mordi e fuggi", da ascoltare una volta e poterlo
giudicare: nonostante la sua forma ridotta, è da centellinare.
Alceste Ayroldi per Jazzitalia
Inserisci un commento
Questa pagina è stata visitata 224 volte
Data pubblicazione: 14/10/2013
|
|