Lucio Amanti
Solo Jazz
Gema Records (2011)
1. Opening
2. Jazz suite for cello solo Prelude
3. Jazz suite for cello solo Allemande
4. Jazz suite for cello solo Courante
5. Jazz suite for cello solo Sarabande (Portrait of Resi)
6. Jazz suite for cello solo Groove 1 & 2
7. Jazz suite for cello solo Finale: Latin "moto perpetuo"
8. Round Midnight
9. 9 Blue Monk
10. Interlude
11. Niccolo
12. Osm
13. Miles of Sketches
14. Pulses from Above
Prima ancora di introdurre il CD nel lettore colpisce la copertina: di un bianco
candido come la neve, sottilmente cartonata, nel recto compare in nero, in alto
a sinistra, il titolo, in basso a destra il nome del musicista e quello dello strumento.
La lingua usata è l'inglese – Amanti è nato nel 1977
in Quebec (Canada) da genitori italiani ed è cresciuto a Napoli -; tra il titolo
e l'interprete troviamo una silhouette rossa del violoncello, che assomiglia al
celebre logos che tratteggiava il volto paffuto di Alfred Hitchcock. Nella seconda
pagina troviamo in alto di nuovo la silhouette rossa ridotta in dimensione, dalla
quale parte una riga orizzontale scritta a caratteri piccolissimi, in cui Amanti
dichiara di aver registrato tutti i brani dal vivo per essere fedele allo spirito
improvvisativo delle composizioni, nel periodo gennaio-aprile 2011. Sotto, a caratteri che necessitano di
una lente d'ingrandimento, un fitto elenco di ringraziamenti. Nella terza pagina,
sotto la trasparenza del contenitore del disco, c'è una foto dell'artista,
dall'espressione tra il sorridente e il sognante, mentre abbraccia lo strumento
con la mano destra che impugna l'archetto. Nel verso, infine, c'è ben visibile e
ordinata la lista dei brani, mentre in alto a destra è riportata una frase di
Duke Ellington, "If jazz means anything it's freedom of expression". Forse Amanti
ha voluto prepararci ad un semplice ascolto, abolendo qualsiasi artificio illustrativo
fuorviante, che potesse involontariamente disturbare il fluire della musica, in
cui c'è del Jazz, ma non solo, del classico, del contemporaneo, ma soprattutto
genuinità. Il violoncellista sembra dire: "ascoltatemi per quello che so fare e
per la mia interpretazione, lasciatevi guidare dal suono, abbandonate i vostri pensieri,
e poi, se sarete rimasti soddisfatti, reintroducete il disco nel lettore".
La scansione
delle tracce inizia con una grintosa "Opening", che potrebbe ricordare il Kronos
Quartet nel ritmo e nella costruzione, soltanto che lì i musicisti sono quattro,
mentre Amanti, da solo, dà la sensazione, a tratti, che ci siano più strumenti.
Convince la "Jazz Suite", anche se più che al Jazz pensiamo a Bach, sia nel Preludio,
che nell'Allemanda e nella Sarabanda. E' incalzante il quinto movimento, "Groove 1 and 2", assai cantabile nell'introduzione, mentre la parte centrale si espande
circolarmente, sfumando per ricollegarsi all'introduzione, che prosegue con guizzi
associati ad una decelerazione e
ad una sonorità sempre più flebile. Velocissimo il sesto ed ultimo movimento, un
"Latin moto perpetuo" ‘ di nemmeno due minuti, che lascia senza fiato. La parte
centrale della scaletta è un omaggio a due standards famosi. Preferiamo la riproposizione,
avvolta in una misteriosa sequenza introduttiva, di "'Round Midnight", piuttosto
che la scelta di rendere "Blue Monk" un motivo molto orecchiabile. La delicata "Niccolò"
eseguita come se lo strumento fosse una chitarra acustica, emana una sensazione
di rilassatezza, che prosegue in "OSM", un acronimo, dietro al quale si cela il
titolo forse più conosciuto tra le canzoni italiane nel mondo, "O sole mio", eseguita
con rispettoso sentimentalismo. L'inizio di "Miles of Sketches" ci
riporta a "My Foolish Heart", mentre la finale "Pulse of above", caratterizzata da
sonorità elettroniche, effetti, loops, dimostra come uno strumento classico e prezioso
possa acquistare una freschezza nuova, qualora l'elettronica venga adoperata con
intelligenza.
Giovanni Greto per Jazzitalia
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Data pubblicazione: 01/05/2012
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