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Giuseppe Bassi
We'll be together again

1. L'angelo che vola più in alto (G. Bassi)
2. Love walked in (G. Gershwin)
3. We'll be together again .- to zio Angelo (Fisher - Laine)
4. Haze (M.C. Mazza)
5. Parla più piano (M- Rota)
6. Roma nun fà la stupida stasera (A. Trovajoli)
7. Memory of a dream (G. Bassi)
8. BAss tune (D. Hallagan)
9. Good morning heartache - to Alessia (Drake/F/H)
10. Jehu (G. Bassi)

Dado Moroni -
piano
Daniele Scannapieco -
sax tenore
Giuseppe Bassi -
contrabbasso
Lorenzo "Sabre" Tucci -
batteria
Fabrizio Bosso -
tromba, flicorno
Guido Di Leone -
chitarra


Ad uno sguardo superficiale, nell'eterogenea scelta delle composizioni contenute in questo album si potrebbe avvertire una disarticolazione progettuale, un muoversi senza una meta precisa accostando evergreen, canzoni italiane di grandi autori e brani originali di natura differente tra loro, formanti un corpus che, a ragione, suggerisce differenti approcci interpretativi. Approcci che però possono dar vita a una proposta unitaria se la personalità espressiva, la poetica dei musicisti vista nella sua dimensione singola, trova una convincente e compatibile fusione collettiva in quel dialogo che prende il nome di interplay ed è elemento imprescindibile di ogni performance jazzistica.
Un esito raggiunto dalla musica contenuta in quest'opera, la seconda firmata come leader da Giuseppe Bassi, grazie alla presenza di esponenti di rilievo delle ultime generazioni di jazzisti italiani, che come i loro coetanei di tutto il mondo vivono il jazz senza pregiudizi, attualizzando i materiali linguistici sedimentatisi nel corso della sua storia secolare, prevalentemente (ma non solo) quelli degli ultimi decenni.

Così, nelle due gemme di Rota e Trovajoli, che formano un suggestivo dittico italiano, si trovano esempi di assoluta sobrietà interpretativa e ritorna in evidenza quel chitarrismo ritmico derivato dalla lezione di Freddie Green, sopra il quale il contrabbasso improvvisa con un eloquio che ci rimanda alla logica sassofonistica degli assoli di un Paul Chambers, mentre le pagine scritte da Bassi sono invece pensate come strutture funzionali allo sviluppo improvvisativo e alla creazione di un dinamismo di gruppo particolarmente efficace.

Gli evergreen sono invece rivestiti di nuove logiche armoniche, ritmiche, timbriche e si trasformano in brani di nauta modern mainstream, e sottendono alla filosofia ordinatrice di questa musica. Allora, contrariamente alle apparenze, appare chiaro che ci troviamo di fronte a un CD in cui si evidenzia una precisa concezione musicale, nella quale il rapporto tra contemporaneità e tradizione si traduce nella consapevolezza che l'estetica del Jazz è, al contempo, rigorosa e duttile, quindi capace di ospitare materiali provenienti da differenti mondi sonori.

I molteplici riferimenti storici presenti nel linguaggio di Bosso, nel sound di Scannapieco, nei fraseggi e nell'accompagnamento di Di Leone, nel pianismo magistrale e "completo" di Moroni, nel drumming di Tucci, nel modo di concepire lo strumento di Bassi, che non sfugge il suo ruolo storico di spina dorsale del gruppo jazzistico  ma, al tempo stesso, impone una reale parità di peso solistico, non producono una lingua stereotipata e da museo ma sono il prerequisito per poter sorreggere un pensiero contemporaneo evoluto e solido. Di quella solidità che nasce dalla dedizione e dalla competenza, di quella evoluzione che è il frutto della sincera volontà di esprimersi.
Maurizio Franco

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Data pubblicazione: 01/06/2002





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