Ted Gioia
L'arte imperfetta
ISBN 978-88-6158-036-7
17,50 €
192 pagine, 12,6x19 cm brossura olandese
www.excelsior1881.eu
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"Per quanto il mio approccio al jazz possa essere decisamente "pensoso" (in
assenza di termini più adatti) chi si aspetta da questo libro il dispiegarsi implacabile
di una struttura teoretica è destinato a rimanere deluso. Il jazz è un arte spontanea
e quando si scrive su di esso si dovrebbe mantenere almeno parte di quella spontaneità
".
Cosi scrive Ted Gioia nella pagina finale
di questa opera interessantissima pubblicata in Italia con un incomprensibile ritardo
di vent'anni. Fu tale infatti il successo del libro negli USA che permise all' autore
di abbandonare il suo lavoro di consulente aziendale per dedicarsi alla ricerca
storiografica ed alla pratica, come pianista, del jazz.
Occorre dire subito che l'autore è riuscito in pieno a mantenere il suo
ottimo proposito, nonostante i temi trattati siano importanti, spessi, ponderosi.
Riguardano infatti l'essenza stessa del jazz, il suo irriducibile individualismo
(nato con Louis
Armstrong, secondo l'autore), la sua precarietà teorica data dalla preponderanza
dell'improvvisazione sulla scrittura, la lotta infinita fra classicismo e innovazione,
il permanere di un atteggiamento critico che sogna ancora un inesistente primitivismo.
In altre parole il libro di Gioia rende conto della difficoltà teorica di inquadrare
il jazz, di collocarlo in qualche ipotetico scaffale della immensa "Biblioteca di
Babele " che sono l'arte e la società contemporanea. In un passo importante del
capitolo dedicato ad Armstrong, Gioia instilla addirittura il sospetto che tanta
prevalenza dell'individualità sia in qualche maniera passatista, addirittura un
po' reazionaria, in un panorama come quello attuale in cui la riproducibilità con
mezzi tecnici della musica e dell'arte ha in qualche maniera massificato i gusti
del pubblico.
Nel districarsi fra temi tanto appassionanti, Gioia non rinuncia tuttavia
ad utilizzare quell' aneddotica tanto cara ai jazzofili e mantiene costantemente
una scrittura chiara, non priva di humour. Davvero belle ad esempio le lunghe digressioni
critico biografiche su Paul Desmond, Trane, Charlie Parker.
"Come arte formale il jazz ha ben poco da offrire – scrive Gioia –
i suoi eccessi e le sue carenze sono anche troppo evidenti …..Ma il jazz sa però
offrire al proprio pubblico qualcos'altro, qualcosa che forse è più prezioso: fornisce
un raro scorcio sull' atto creativo in sé e mette in campo la straordinaria vitalità
che può derivare unicamente dall'attività umana". Questa è la conclusione che
ogni appassionato può tranquillamente sottoscrivere. Forse un po' risaputa. Nell'atteggiamento
intellettuale di Gioia in effetti sembra trasparire, a volte, quella forma
di sudditanza psicologica che spesso la gente del jazz ha nei confronti delle arti
"maggiori". Personalmente penso che il jazz sia invece l' espressione artistica
più alta e più ricca di un periodo storico che ha rovesciato, in ogni campo, tutti
i punti di vista più consolidati. Ma è un discorso che ci porterebbe lontano. Ben
oltre i necessari limiti di una recensione.
In ogni caso un libro che suscita tanti interrogativi merita di essere
letto, e ben metabolizzato. Meriterebbe anzi una discussione aperta
e vivace.
Marco Buttafuoco per Jazzitalia
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Data pubblicazione: 01/11/2008
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