Amici della Musica "SummerNight" - musica jazz & dintorni
Palermo, Villa del Pigno – 10 giugno/19 luglio 2004
di Antonio Terzo
Aperta da un "aperitivo in concerto" in piano solo di
Mauro Schiavone, giovane pianista palermitano fra le più interessanti leve del jazz siciliano, prodottosi in un repertorio di standard molto apprezzato dagli astanti all'Excelsior Palace Hotel di Palermo, la stagione
Summer Night
dell'Associazione Siciliana Amici della Musica, a conferma che il jazz è certo da ritenere la musica classica del '900, è stata quest'anno contrassegnata dal «jazz che precede la svolta elettrica e il free, che non pretende di essere "avanguardia"», come dichiarato dal direttore artistico
Dario Oliveri, secondo una scelta che «riflette l'amore per il jazz di una volta, con il tema, il riff, lo swing e tutto il resto, senza né funk né fusion».
Appuntamenti improntati quindi sul mainstream, con qualche eccezione come la Macchina di Suoni Jazz Orchestra di Marvi La Spina, che ha proposto anche vari temi dalla sua ultima fatica discografica,
Óboe sommerso, e la vocalist Nicky Nicolai, che, coadiuvata dal quartetto del sassofonista romano Stefano Di Battista (Julian Oliver Mazzariello al piano, Dario Rosciglione al contrabbasso,
André Ceccarelli alla batteria), ha presentato il proprio album d'esordio,
Tutto Passa.
Sempre buono il riscontro di presenze, fra i concerti cui abbiamo assistito accenniamo brevemente al John Taylor Trio, che il
28 giugno ha inaugurato la rassegna con una deliziosa performance, puntuale e precisa come il tocco del suo piano, supportato egregiamente da
Martin France (batteria) e Chris Laurence (contrabbasso). Vero co-protagonista, quest'ultimo ha fornito con la sua voce nitida un costante e consistente appoggio al pianista inglese, in un concerto oscillante lungo il continuum tensione/distensione, bilanciato tra composizioni originali e ballad. Fra queste, un'affascinante
It ain't necessarily so in 5/4 sostenuta dal piroettante incedere della batteria,
I loves you Porgy, con scambi continui fra piano e contrabbasso, e ancora
How Deep is the Ocean, arricchito dalle pulsazioni della batteria, gli scattanti fraseggi sincopati di Taylor ed il fluido walking di Laurence, poi
Maiden Voyage… Fra i brani non tradizionali, un'impressionistica
Cologne in 6/8 su cui Taylor quasi balla ascoltando l'intervento solistico del contrabbasso, quindi il break di batteria articolato dinamicamente sui colori del rullante,
Touch her soft lips, lento tempo dispari tratto dalla colonna sonora di "Henry V", quindi tre omaggi "amicali", a Steve Swallow con
Up too late, Ralph Towner con
Tramonto e Kenny Wheeler con
Everybody's song but my own. Senza dimenticare l'immancabile
Spartacus di Bill Evans, ormai cavallo di battaglia del nostro, e
Pure and Simple, dedicata alla moglie Diana.
Piano trio di robusto assetto e dunque poliedrica risultanza è stato il
28 giugno quello di Stefano Bollani, con Ares Tavolazzi al contrabbasso e Fabrizio Sferra alla batteria. Prima parte delicata e leggera, all'insegna della musica italiana, giusto per creare l'atmosfera:
Averti fra le braccia
di Luigi Tenco,
Mi ritorni in mente di Battisti – che dà titolo al recente compact con i danesi
Bodilsen e Lund (Sundance, 2003) – sospeso sul jazz da una patina di blues, frizzante e d'effetto, pimpante il pizzicato del contrabbasso, funkeggiante la spinta delle bacchette, e la romantica
Elena e il suo violino
dello stesso Bollani. Un romantico 3/4 per
Luisa di Antonio Carlos Jobim, su cui, dopo un intenso monologo di
Tavolazzi, il pianista milanese si offre in un solo fischiettato all'unisono con il piano, raccogliendo immediati gli applausi del pubblico ammirato. Pregevole l'intesa fra il leader ed il contrabbassista, attestata da una sincopata combinazione in cui i due si intersecano continuamente, terminando l'uno le frasi avviate dall'altro. Ed ovviamente sono parte essenziale della prospettiva triangolare del gruppo anche le eleganti figurazioni ritmiche di
Sferra: tutti giocano con la musica e si divertono. Nella seconda parte, più movimentata ed allegra,
Sophisticated Lady
prende forma carica di swing e fantasia sul giro del contrabbasso e sospese fluttuazioni del piano, seguita da
Happiness is to win a big prize
di Enrico Rava e
Se non avessi più te, canzone del repertorio di Gianni Morandi che diviene vaporosa al sapiente tocco jazz del nostro: in questo brano, patrimonio di tutti, anch'esso nel citato disco, particolarmente sentito è il canto del contrabbasso, per un momento di grande attenzione. Dopo un trascinante e dissacrante
Tico-tico, due bis concludono la piacevole serata dell'istrionico pianista,
But not for me
e – "Visto che siete così gentili e che non avete una casa dove tornare" – il trittico
Tutte le cose che tu sei,
Just friends e
All the things you are.
Infine il 12 luglio, il "cardinale" del nostrano piano jazz, il messinese Giovanni Mazzarino con il New Standard Special Quartet, Stefano Senni al contrabbasso e Paolo Mappa alla batteria, concerto di particolare forza empatica con Marco Tamburini, fiatista (tromba e flicorno) fra i più particolari della sua generazione. Ed anche le composizioni originali del pianista, sempre coinvolgenti e toccanti, specie le ballad, hanno il sapore del jazz più straight, quello sui cui percorsi i musicisti navigati s'intendono alla perfezione, come se li avessero sempre suonati pur leggendone per la prima volta la partitura:
Wunder Tango, con inizio sulle mazze di Mappa ed intermezzo tanguero, mentre sulle modulazioni si fa svettante il flicorno e lirico l'assolo di piano, temi intelligibili e svolazzanti arpeggi, cantabile e legato alla melodia a passo di bossa. Accattivante arrangiamento del jazzista peloritano per
Senza fine, il suono meno pulito e dunque più personale del flicorno, con striature verde-rame, quindi una suadente samba di Tom Harrel, con curve danzanti del flicornista e preciso e saltellante
riff del pianista. Pesate e pensate le note di Tamburini su
Yesterday Night, da lui scritto (dal cd Amigavel in duo con Marcello Tonolo, Caligola Records), e senza soluzione di continuità
My funny Valentine, con intermezzo improvvisativo del messinese, martellato sulla sezione mediana della tastiera. Innesta la sordina il cesenate per
Reginella, un classico napoletano il cui incalzante pedale di contrabbasso e piano ed il rantolo metallico-urbano della tromba ne trasportano l'ambientazione sonora ai nostri giorni. Equilibrati gli interventi, buono l'interplay fra i musicisti, il concerto si chiude con il ritmo dixie-neworleans di
When the Saints…, che sulla sfavillante tromba di
Tamburini sfocia pure ad un accenno funky molto ironico, ed infine
Caravan che sulla ritmica
di Mazzarino si trasforma da languido calypso in fast spinto e pressante.
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Data pubblicazione: 02/10/2004
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