Mingus Big Band
Musicus Concentus
2004
Teatro Aurora, Scandicci (FI) -
17 Marzo 2004
di Dimitri Berti
Eddie 'Doc' Henderson,
Kenny Rampton, Alex Sipiagin trombe
Frank "Ku-umba" Lacy, Conrad Herwig, Earl McIntyre tromboni
Craig Handy, sassofoni e direzione
John Stubblefield, Wayne Escoffery, Jaleel Shaw, Mike Sim, sassofoni
Kenny Drew Jr. pianoforte
Boris Kozlov contrabbasso
Donald Edwards batteria
Ospite: Sue Graham Mingus.
La moglie di Mingus, Sue, presenta la band con questa frase:
«Se la musica non è suonata, muore». Una frase che per il tono apparentemente commemorativo potrebbe dare anche fastidio, come uno dei tanti inutili inviti a non dimenticare. Ma non è così, il concerto chiarirà tutto: continuare a suonare la musica del grande compositore significa darle nuova vita, permetterle di reincarnarsi ogniqualvolta i suoni ritornino a vibrare nell'aria.
Attingere dall'immensa opera di un artista che conta al suo attivo più di trecento composizioni è per una band un compito tutt'altro che facile (dichiarano di voler cambiare scaletta ogni volta), ma la scelta dei brani è comunque buona, molto varia e completa. Nasce così un concerto multicolore, come era il genio di Mingus, sempre pronto a intraprendere un viaggio che parte dalle radici della musica afro-americana (prima fra tutte il blues), dalla musica di Duke Ellington o dalla musica classica, per esplorarne gli angoli più impervi e poi scoprire che non esistono né limiti né confini essendo la musica una sola.
Ottimi i brani come
Jump Monk, purtroppo penalizzata da un'acustica non delle migliori (problemi tecnici poi subito risolti),
Children's hour of dream,
un'ardua sperimentazione tra musica classica e jazz che la band esegue con una limpidezza assoluta. Interessante il riarragiamento di
Orange was the colour of the dress then blue silk, onirica la versione di
Peggy's blue skylights. E'musica imprevedibile, di quelle dove ogni
piattata del batterista può rappresentare un colpo di scena, un incognita a cui possono seguire le atmosfere più suadenti come momenti di impetuosa improvvisazione collettiva e sperimentazione cacofonica.
Il concerto è incalzante, affascinante anche per la bravura dei musicisti, tutti di ottimo calibro. Si fanno notare il trombonista Frank Lacy che in un brano si propone anche come cantante, ed il giovane sassofonista Wayne Ecoffery; l'atmosfera diventa magica quando gli viene affidato
Goodbye Pork Pie Hat, uno tra i brani più famosi (dedicato al sassofonista
Lester Young dopo la sua scomparsa). Lui lo affronta con grande maestria e immaginazione trasportato da un morbido tappeto di sax ed ottoni.
A volte, come questa sera, nel silenzio resta solo la musica, unica cosa con cui può essere scritto il testamento di un uomo come
Mingus.
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Data pubblicazione: 22/04/2004
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