L.I.VE. (Live in Venice)
Venezia, Isola di San Giorgio, Teatro Verde
di Giovanni Greto
24 Luglio 2013
Melody Gardot
25 Luglio 2013
Orquesta Buena Vista Social Club
La seconda edizione del festival veneziano,
organizzata da ‘Ponderosa Music & Arts', ha avuto innanzi tutto il merito di utilizzare
uno spazio, per anni trascurato, immerso nel verde parco di un'isola vicinissima
a piazza San Marco, eppure immersa nella quiete. La giovane cantautrice americana,
nata nel 1985 a Philadelphia, ma trasferitasi nel New Jersey, dove ha coltivato
la passione per il jazz e il folk, ha dato vita ad un gradevole concerto, alla guida
di un quartetto – chitarra, contrabbasso o basso elettrico, sassofoni, batteria
e percussioni – di musicisti di buon livello. Melody Gardot ha saputo attirare
l'attenzione del pubblico, grazie ad una voce bene impostata, alternando all'inglese
il francese e il portoghese, dilungandosi forse un po' troppo nel raccontare un
suo periodo di vita a Parigi. I brani erano in prevalenza originali, tranne ‘Saudade',
un titolo tra i più conosciuti della cantante capoverdiana Cesaria Evora. Trascinante
il pezzo conclusivo, in cui è riuscita a coinvolgere la platea nel cantare il riff,
"Iemanja", il nome di una divinità importante nella religione afro-brasiliana.
Molto ritmico, il brano si è avvalso della percussione scatenata del batterista,
che ha usato due set, a seconda dei brani: quello di una batteria canonica e un
altro più ridotto in cui emergeva il surdo, il fondamentale tamburo basso delle
scuole di samba brasiliane, accanto ad altri piccoli strumenti latini. Il sassofonista,
prevalentemente al tenore, in "Les Etoiles" ha suonato contemporaneamente
anche il contralto. Essenziale il lavoro del chitarrista e del contrabbassista,
mentre la Gardot ha convinto anche per la padronanza sul palco ed un controllo di
emissione vocale sorprendente, considerata la sua giovane età. Fa piacere inoltre
vederla in buona salute, considerando che dieci anni fa aveva subito un gravissimo
incidente – veniva travolta da un Suv mentre pedalava in bicicletta – che le provocò,
oltre a gravissime fratture, anche danni neurologici, superati grazie ad una straordinaria
forza di volontà e ad una riabilitazione abbinata alla musicoterapia.
A diciassette anni di distanza dall'incisione del disco e a quattordici
dalla pellicola di Wim Wenders, che la proiettò verso un successo di dimensioni
incredibili, l'Orquesta Buena Vista Social Club - pur priva di Compay Segundo,
Ruben Gonzalez, Ibrahim Ferrer, Pio Levya, Manuel "Puntillita" Licea, Orlando "Cachaito"
Lopez, scomparsi nel corso del tempo – continua a portare in giro la musica cubana,
piena di melodie classiche, intramontabili, le più conosciute e ballabili tra le
quali, "Quizas, quizas, quizas", un bolero-cha in scaletta o "Cumbanchero",
una guaracha, vengono spesso utilizzate dalle orchestre da ballo di qualità più
o meno alta nei veglioni di fine anno. Buena Vista ha eseguito diciotto brani, bis
compresi, in un set unico di due ore, assai applaudito, grazie alla presenza del
cantante e chitarrista Eliades Ochoa e della carismatica cantante Omara Portuondo.
Ma i due artisti non erano i soli superstiti di quel momento magico presenti a Venezia.
C'erano infatti anche Barbarito Torres, virtuoso del laud, uno strumento a sei corde
doppie, un po' più piccolo sia della chitarra che del liuto europeo, e il trombettista
Manuel ‘Guajiro' Mirabal. In linea di massima, è apparsa più che accettabile la
qualità dei musicisti convocati per il tour, sotto la direzione del trombonista
Jesus "Aguaje" Ramos, presente non nello storico disco, ma in altri immediatamente
usciti, sull'onda del successo del primo, a nome di Omara Portuondo, Ibrahim Ferrer
e Rubén Gonzalez. L'unica nota stonata, la presenza della cantante Idania Valdes,
dotata di una voce che è sì potente, ma monocorde, emessa sempre su uno stesso registro,
priva di colori, morbidezze, sinuosità. Tra i brani ascoltati sono emersi il son
montuno ‘El Carretero', interpretato da Ochoa, il bolero "Dos Gardenias"
e l'habanera "Veinte anos", affidati al calore della voce e al modo suadente
di farla uscire, di Omara Portuondo, la quale, ad 83 anni, pur con comprensibili
pause, era sempre sorridente, ironica, felice di cantare e perfino di accennare
sul palco alcuni passi di danza. E' apparso in difficoltà il veterano chitarrista
Guajiro Mirabal, anche per la tecnica tipica dei fiatisti latini di soffiare sullo
strumento arrivando a dispendiosi suoni sovracuti. Per fortuna aveva vicino a sé
il figlio Guajirito, trombettista pure lui, che lo ha assistito nei momenti più
critici. Buona l'intesa tra i tre percussionisti, precisi e affidabili ritmicamente:
Alberto la Noche ai bongos, Andres Coyo alle congas, già visto a Mestre nel quintetto
di Omara sei anni fa e Filiberto Sanchéz ai timbales.
Inserisci un commento
© 2000 - 2024 Tutto il materiale pubblicato su Jazzitalia è di esclusiva proprietà dell'autore ed è coperto da Copyright internazionale, pertanto non è consentito alcun utilizzo che non sia preventivamente concordato con chi ne detiene i diritti.
|
Questa pagina è stata visitata 646 volte
Data pubblicazione: 29/09/2013
|
|