Kurt Rosenwinkel Band
Jazz al Metropolitan 2003/2004
2 marzo 2004 – Palermo, Teatro Metropolitan
di
Antonio Terzo foto di Fabio
Stassi
Kurt Rosenwinkel (chitarra el.)
Eric Revis (contrabbasso)
Jeff Ballard (batteria e percussioni)
Un concerto coinvolgente e davvero poliedrico, come è nelle corde del chitarrista leader di questa Kurt Rosenwinkel Band, solido trio con
Eric Revis al contrabbasso e Jeff Ballard alla batteria che non han fatto per nulla rimpiangere la formazione originariamente annunciata in cartellone. Recente vincitore del
Danish Jazz Grammy insieme al sassofonista danese Jakob Dinesen per
Everything Will Be All Right
(Stunt Records, 2002), il polistrumentista di Philadelphia trapiantato a New York ha offerto più di un'ora e mezza di un percorso musicale che ne ha messo in luce le versate doti tecniche, abbinando una sensibilità musicale che gli consente di non annacquarsi in un esibizionistico virtuosismo con tante note e poca anima.
Dà il via il sincopato contrabbasso di Revis, un suono ovattato in
At long last love, brano dagli accenti piuttosto latin, ancor più spiccati nell'assolo di chitarra. Ballard si diverte a sfoggiare percussioni sopra il rullante e fin da subito le triangolazioni si fanno interessanti, denotando un'affinata intesa,
specie tra drummer e chitarrista. Dopo un tema in tempo dispari staccato dal contrabbasso su cui la batteria rulla una sorta di marcia, il suono voluttuoso di
Rosenwinkel espone in solitudine l'intro di
Zhivago, proseguendo per vari giri prima che gli altri si aggiungano in un coinvolgente medium, dove anche il contrabbasso mostra un tocco pimpante e brioso assicurato sui beats di
Ballard, con vibrazioni ai piatti che riempiono la sala di varie e fantasiose suggestioni ritmiche.
Omaggio all'amico
Mark Turner, sassofonista con il quale Rosenwinkel ha presto scoperto una notevole affinità musicale e continuato spesso a condividere la scena,
Casa Oscura, con inizio della sola chitarra ed incedere lento ed evocativo. Di George Shearing è invece
Conception, ballad adagiata sulle spazzole di Ballard, triste ma intensa, esposta troppo brevemente. Quindi
Deep Song, con incipit percussivo del batterista californiano, su cui il contrabbasso si produce in un solo iniziale dal sapore funky. Gli articolati abbellimenti di Rosenwinkel sono guizzanti e rapidi, con qualche passaggio spurio sulla parte più alta della tastiera: ma le agilissime dita non si inceppano, riprendono fiato e ripartono per la gioia del rapito uditorio. Apre il secondo set un altro brano scritto dal chitarrista, ancora un tempo composto dall'andatura rilassata e suadente, sul gocciante pedale del contrabbasso, un tema ballabile, quasi un ipnotico "electric tango", con suono pungente della chitarra. Distensivo l'intervento di Ballard con le sole mani sui tamburi a sovrapporsi alla cadenza creata sopra il disegno del contrabbasso.
Si giunge quindi ad una
rilettura di
Ana Maria
di Wayne Shorter, momento languido su cui Revis foggia un intenso solo, soffuse le percussioni di
Ballard, Rosenwinkel ne traduce l'enigmatica semplicità in un soffio elettrico, rilascia e stoppa le corde con destrezza, cantando sullo sviso in modo da creare un effetto tale che la sua vocalità si fondi con il timbro del suo strumento, diventando un tutt'uno. Ancora un tono funky movimenta il finale sottolineato da un applauso che induce il trio a tornare sulla scena per eseguire in bis
26-2
di John Coltrane, un brano in tradizione
hard-bop, ritmo trascinante in cui, ancora una volta, l'effervescente
drumming di Ballard sorregge l'ultimo scorrevole fraseggio di Kurt Rosenwinkel, espressione di un buon jazz d'avanguardia.
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Data pubblicazione: 24/04/2004
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