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Gli altri colori di Terniinjazz Fest #5
giugno 2005
di
Antonio Terzo
foto di Francesco Truono

C'era di tutto al Terniinjazz Fest #5, l'allegria, il divertimento, le famiglie, l'afa – e che afa! – l'intrattenimento, la convivialità. E soprattutto c'era il jazz, magari nelle sue molteplici forme e contaminazioni, ma c'era. E molto di esso era lasciato alla libera e gratuita fruizione di jazzofili ed appassionati, ma anche di semplici passanti, occasionali avventori e visitatori del fine settimana.

Così fin dal primo giorno è stato possibile imbattersi nella Terni Jazz Street Parade – sestetti "estratti" dalla Terni Jazz Orchestra – che, in giro per le vie del centro cittadino, ha rallegrato con la simpatia ed esuberanza del direttore Marco Collazzoni chi fosse abbastanza motivato da sfidare la calura di fine giugno fra le 11.30 e le 12.30: in repertorio accattivanti arrangiamenti di Birdland, Stars & Stripes ed altri, scritti da Bruno Erminero.

Gli Omega 3Tommaso Colafiglio alla chitarra, Paolo Romano al contrabbasso, Leo Cicala alla batteria – hanno intrattenuto gli ospiti dell'hotel Michelangelo, così come anche al Caffè Pazzaglia la musica dal vivo ha accompagnato il pasto diurno, con i Triossido.

Nel pomeriggio, dopo le solo performances alla Galleria di Palazzo Primavera per la mostra di Arturo Carmassi, l'appuntamento è stato in piazza del Popolo per assistere ai concerti delle big band di Terni e Siena, la Terni Jazz Orchestra e la Siena Jazz Orchestra, per la prima ospite il trombettista e flicornista Marco Tamburini, per la seconda il trombonista Roberto Rossi: due organici giovani, che raccolgono il meglio delle nuove leve professionistiche del jazz italiano, per l'occasione rispettivamente dirette da Marco Collazioni e dal tedesco Klaus Lessman.

Prima di cena, l'aperitivo è stato invece servito a base di musica sudamericana, con l'affiatato duo costituito dal sassofonista Giancarlo Maurino, nato kuwaitiano ed armeno per parte di madre, e dal chitarrista brasiliano d'adozione – ma d'origini arabe – Roberto Taufic, per la presentazione del disco Um Abraço (Pìcanto Records), un'intesa ormai collaudata da dieci anni di sodalizio artistico.

E dopo il concerto serale all'Anfiteatro Fausto della "Passeggiata" ternana, il Caffè del Corso ogni notte si è trasformato in jazz club, con un quintetto composto da giovani jazzisti, di recente affermazione nel panorama nazionale ed internazionale: l'acuto pianista torinese Luigi Martinale, il sassofonista calabro-bergamasco Felice Clemente ed il suo braccio destro Valerio Della Fonte, il batterista Fabrizio La Fauci impreziosito dalla presenza dell'infaticabile Marco Tamburini: sessions trascinanti che si protraggono fino alle tre del mattino ed oltre.

Ma un festival jazz, a chi lo vive, a chi ne annusa gli odori, ne attraversa le storie e magari prende parte al loro svolgimento, riserva anche tutta una serie di retroscena che contribuiscono – e non poco – a dare linfa al festival stesso.

Come non dire, allora, del simpatico siparietto creato da colui che passa per essere il serioso contrabbassista del jazz internazionale, Charlie Haden, il quale, alla fine del proprio concerto, nel gazebo allestito per il catering, viene attratto dall'azzurro degli impermeabili distribuiti dall'organizzazione affinché il pubblico potesse ripararsi dalle vaporizzazioni d'acqua nebulizzata all'apertura delle cascate sul belvedere, e confessa di volerne uno? Ed una volta ottenutolo da una graziosa ragazza dello staff operativo, lo esamina ed esclama: "Però lo metto un'altra volta, lo prendo come souvenir!"

O, nello stesso contesto, come almeno non accennare alla simpatia del sassofonista Rosario Giuliani, che rivela che dai tempi dei seminari di Siena Jazz ha cambiato look: prima portava capelli lunghi e fluenti, adesso invece…

O del bonario entusiasmo di Marco Tamburini che, nonostante una guida automobilistica alquanto sportiva – trascorsa cercando di far funzionare il lettore cd dell'auto per ascoltare il master del suo prossimo disco ancora in lavorazione – ed un tempo di percorrenza inferiore a 6 minuti, riesce a giungere in ritardo per l'esibizione dell'amico Bearzatti alla mostra di Carmassi

Oppure della possibilità di incappare in Reggie Workman, che la mattina del concerto sfodera il suo accento più anglofono per cercare di sapere quando sia possibile usufruire della sala prove…

O ancora a colazione con Sam Rivers e Roscoe Mitchell, che dopo il loro concerto serale, si preoccupano di avere riscontri sul gradimento della loro prestazione, chiedendo se non sia stata magari troppo ermetica, quasi fossero ragazzini alle prime armi con ansia da risultato…

O gli Omega 3 che dopo essersi raccomandati con la direzione artistica del festival per offrire i propri concerti prandiali ai "normali" ospiti dell'albergo, si sono invece ritrovati a suonare dinanzi ai mostri del jazz alloggiati proprio nel medesimo albergo (Rivers, Mitchell, Ibrahim…).

E da ultimo, una strana, bella, incredibile storia, non proprio inedita ma certamente poco nota, protagonista l'altoista Giancarlo Maurino, che – ci ha raccontato – poco più che maggiorenne venne chiamato ad incidere in una session band per Charles Mingus, cui nel 1976 era stata inizialmente commissionata dal regista Elio Petri la colonna sonora del proprio film "Todo Modo".

(Il punto merita un breve approfondimento: su suggerimento del consulente musicale della produzione, tale Renzo Arbore, la musica del contrabbassista afro-americano fu ritenuta inadatta per le immagini del film, il cui commento venne allora affidato a Ennio Morricone; ma Arbore, interpellato sull'episodio, farebbe risalire invece la responsabilità quella decisione allo stesso Petri).

Scettico dinanzi a quell'ingaggio telefonico, Maurino stentò a crederci fino a che non si fu presentato alla sala prove e vide il Pitecantropo masticare il proprio sigaro, alle prese con spartiti e contrabbasso. Tuttavia, uno degli assistenti del jazzista dell'Arizona sembrava non fidarsi della lettura dell'allora giovanissimo Maurino – invero piuttosto imprecisa – e dopo varie insistenze, riuscì infine a convincere Mingus ad esonerarlo e prendere qualcun altro. Mingus, quasi suo malgrado, accettò, disponendo tuttavia che l'intervento in assolo venisse comunque eseguito dal giovane sassofonista: "Però fa lui l'assolo"… E quando durante la registrazione delle sezioni fiati, giunto ormai il nuovo contraltista, Maurino stava per andar via, Mingus lo vide e volle che restasse a registrare anche lui insieme al collega d'ancia. Ed alla fine, ricevette anche un prezioso consiglio: "Continua ad ascoltare tanta musica!"

Anche se la colonna sonora non venne più pubblicata nella versione concepita da Mingus, questi comunque inserì la musica per essa composta nell'album Cumbia & Jazz Fusion, licenziato dalla Atlantic Records e contenente due uniche lunghe tracce, risultato di quelle sedute di registrazione. Ed è così che su di un disco molto noto di quella major non vennero inseriti credits per questo sassofonista italo-kuwaitiano che tuttavia ebbe la rara ed inaspettata opportunità di incidere un proprio solo con Mingus.

Una storia di jazz, perché anche questo è festival, ed anche questo è stato il Terniinjazz Fest #5!







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Data pubblicazione: 23/07/2005

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