C'era di tutto al
Terniinjazz Fest #5,
l'allegria, il divertimento, le famiglie, l'afa – e che afa! – l'intrattenimento,
la convivialità. E soprattutto c'era il jazz, magari nelle sue molteplici forme
e contaminazioni, ma c'era. E molto di esso era lasciato alla libera e gratuita
fruizione di jazzofili ed appassionati, ma anche di semplici passanti, occasionali
avventori e visitatori del fine settimana.
Così
fin dal primo giorno è stato possibile imbattersi nella Terni Jazz Street Parade
– sestetti "estratti" dalla Terni Jazz Orchestra – che, in giro per le vie del centro
cittadino, ha rallegrato con la simpatia ed esuberanza del direttore Marco Collazzoni
chi fosse abbastanza motivato da sfidare la calura di fine giugno fra le 11.30 e
le 12.30: in repertorio accattivanti arrangiamenti di
Birdland,
Stars & Stripes ed altri,
scritti da Bruno
Erminero.
Gli Omega 3 – Tommaso Colafiglio alla chitarra,
Paolo Romano al contrabbasso, Leo Cicala alla batteria – hanno
intrattenuto gli ospiti dell'hotel Michelangelo, così come anche al Caffè Pazzaglia
la musica dal vivo ha accompagnato il pasto diurno, con i Triossido.
Nel pomeriggio, dopo le solo performances alla
Galleria di Palazzo Primavera per la mostra di Arturo Carmassi, l'appuntamento
è stato in piazza del Popolo per assistere ai concerti delle big band di Terni e
Siena, la Terni Jazz Orchestra e la
Siena Jazz
Orchestra, per la prima ospite il trombettista e flicornista
Marco Tamburini,
per la seconda il trombonista Roberto Rossi: due organici giovani, che raccolgono
il meglio delle nuove leve professionistiche del jazz italiano, per l'occasione
rispettivamente dirette da Marco Collazioni e dal tedesco Klaus Lessman.
Prima
di cena, l'aperitivo è stato invece servito a base di musica sudamericana, con l'affiatato
duo costituito dal sassofonista Giancarlo Maurino, nato kuwaitiano ed armeno
per parte di madre, e dal chitarrista brasiliano d'adozione – ma d'origini arabe
– Roberto Taufic, per la presentazione del disco
Um Abraço (Pìcanto Records),
un'intesa ormai collaudata da dieci anni di sodalizio artistico.
E dopo il concerto serale all'Anfiteatro Fausto della
"Passeggiata" ternana, il Caffè del Corso ogni notte si è trasformato in jazz club,
con un quintetto composto da giovani jazzisti, di recente affermazione nel panorama
nazionale ed internazionale: l'acuto pianista torinese
Luigi Martinale,
il sassofonista calabro-bergamasco
Felice Clemente
ed il suo braccio destro Valerio Della Fonte, il batterista Fabrizio La
Fauci impreziosito dalla presenza dell'infaticabile
Marco Tamburini:
sessions trascinanti che si protraggono fino alle tre del mattino ed oltre.
Ma un festival jazz, a chi lo vive, a chi ne annusa gli
odori, ne attraversa le storie e magari prende parte al loro svolgimento, riserva
anche tutta una serie di retroscena che contribuiscono – e non poco – a dare linfa
al festival stesso.
Come non dire, allora, del simpatico siparietto creato
da colui che passa per essere il serioso contrabbassista del jazz internazionale,
Charlie Haden, il quale, alla fine del proprio concerto, nel gazebo
allestito per il catering, viene attratto dall'azzurro degli impermeabili
distribuiti dall'organizzazione affinché il pubblico potesse ripararsi dalle vaporizzazioni
d'acqua nebulizzata all'apertura delle
cascate
sul belvedere, e confessa di volerne uno? Ed una volta ottenutolo da una graziosa
ragazza dello staff operativo, lo esamina ed esclama: "Però lo metto un'altra volta,
lo prendo come souvenir!"
O, nello stesso contesto, come almeno non accennare alla
simpatia del sassofonista
Rosario Giuliani,
che rivela che dai tempi dei seminari di
Siena Jazz
ha cambiato look: prima portava capelli lunghi e fluenti, adesso invece…
O del bonario entusiasmo di
Marco Tamburini
che, nonostante una guida automobilistica alquanto sportiva – trascorsa cercando
di far funzionare il lettore cd dell'auto per ascoltare il master del suo
prossimo disco ancora in lavorazione – ed un tempo di percorrenza inferiore a 6
minuti, riesce a giungere in ritardo per l'esibizione dell'amico
Bearzatti alla mostra di
Carmassi…
Oppure
della possibilità di incappare in Reggie Workman, che la mattina del concerto
sfodera il suo accento più anglofono per cercare di sapere quando sia possibile
usufruire della sala prove…
O ancora a colazione con Sam Rivers e Roscoe
Mitchell, che dopo il loro concerto serale, si preoccupano di avere riscontri
sul gradimento della loro prestazione, chiedendo se non sia stata magari troppo
ermetica, quasi fossero ragazzini alle prime armi con ansia da risultato…
O gli Omega 3 che dopo essersi raccomandati con
la direzione artistica del festival per offrire i propri concerti prandiali ai "normali"
ospiti dell'albergo, si sono invece ritrovati a suonare dinanzi ai mostri del jazz
alloggiati proprio nel medesimo albergo (Rivers, Mitchell, Ibrahim…).
E
da ultimo, una strana, bella, incredibile storia, non proprio inedita ma certamente
poco nota, protagonista l'altoista Giancarlo Maurino, che – ci ha raccontato
– poco più che maggiorenne venne chiamato ad incidere in una session band
per Charles Mingus, cui nel 1976 era
stata inizialmente commissionata dal regista Elio Petri la colonna sonora
del proprio film "Todo Modo".
(Il punto merita un breve approfondimento: su suggerimento
del consulente musicale della produzione, tale Renzo Arbore, la musica del
contrabbassista afro-americano fu ritenuta inadatta per le immagini del film, il
cui commento venne allora affidato a Ennio Morricone; ma Arbore, interpellato
sull'episodio, farebbe risalire invece la responsabilità quella decisione allo stesso
Petri).
Scettico
dinanzi a quell'ingaggio telefonico, Maurino stentò a crederci fino a che non si
fu presentato alla sala prove e vide il Pitecantropo masticare il proprio sigaro,
alle prese con spartiti e contrabbasso. Tuttavia, uno degli assistenti del jazzista
dell'Arizona sembrava non fidarsi della lettura dell'allora giovanissimo Maurino
– invero piuttosto imprecisa – e dopo varie insistenze, riuscì infine a convincere
Mingus ad esonerarlo e prendere qualcun altro. Mingus, quasi suo malgrado,
accettò, disponendo tuttavia che l'intervento in assolo venisse comunque eseguito
dal giovane sassofonista: "Però fa lui l'assolo"… E quando durante la registrazione
delle sezioni fiati, giunto ormai il nuovo contraltista, Maurino stava per andar
via, Mingus lo vide e volle che restasse a registrare anche lui insieme al collega
d'ancia. Ed alla fine, ricevette anche un prezioso consiglio: "Continua ad ascoltare
tanta musica!"
Anche se la colonna sonora non venne più pubblicata nella
versione concepita da Mingus, questi comunque inserì la musica per essa composta
nell'album Cumbia & Jazz Fusion,
licenziato dalla Atlantic Records e contenente due uniche lunghe tracce, risultato
di quelle sedute di registrazione. Ed è così che su di un disco molto noto di quella
major non vennero inseriti credits per questo sassofonista italo-kuwaitiano
che tuttavia ebbe la rara ed inaspettata opportunità di incidere un proprio solo
con Mingus.
Una storia di jazz, perché anche questo è festival, ed
anche questo è stato il
Terniinjazz Fest #5!