Curva Minore Jazz / Not Jazz I Edizione Palermo 24-26 agosto 2016 di Vincenzo Fugaldi
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Questa prima edizione del festival organizzato dalla coraggiosa
e attivissima associazione guidata da Lelio Giannetto era dedicata a una
delle figure di riferimento del contrabbasso del jazz più avanzato, lo statunitense
Mark Dresser. Dresser suona uno strumento costruito appositamente per lui
con delle caratteristiche tecniche all'avanguardia, ed esegue frequentemente concerti
in solitudine, nei quali si esprime con tecniche nuove e personali. Tra le numerosissime
collaborazioni, la più importante è quella decennale nel quartetto di
Anthony
Braxton, mentre fra i suoi gruppi il più recente è il settetto che ha inciso
il cd «Sedimental You» (Clean Feed). Tra le sue tante attività, anche l'uso
artistico degli strumenti messi a disposizione dalla telematica, con la possibilità
di suonare insieme da luoghi differenti via Internet.
Il festival palermitano, che giocava sulla contrapposizione
fra jazz e "non jazz", è iniziato con un solo di contrabbasso di Dresser, che valorizzava
il peculiare suono del suo contrabbasso che reca una serie di microfoni nel manico,
e sotto il ponticello degli elementi metallici che vengono suonati con l'archetto
e pizzicati. Il suono che risulta è estremamente ricco di insoliti armonici, di
suoni passivi, è potente, mentre l'utilizzo della tastiera gioca sui glissando,
sulla regolazione dei volumi mediante una pedaliera e su una sorta di tapping.
Le peculiarità tecniche sono funzionali a una precisa ricerca espressiva che esplora
forme ritmiche e cellule melodiche in una miscela di grande efficacia. Nel secondo
brano, più formalmente strutturato, Dresser ha mostrato uno swing senza pari, leggibile
e travolgente.
Alle corde del suo contrabbasso si sono poi unite quelle del pianoforte di Jacques
Demierre, svizzero, che sostituiva il previsto
Giorgio Occhipinti,
assente per una improvvisa indisposizione. Un incontro ad alta tensione, decisamente
informale, con Demierre che agiva all'interno della tastiera e giocava sulla produzione
di rumori, con cluster stridenti, per poi ricercare piccoli nuclei melodici e ritornare
sui cluster, in un continuo rimando di interplay fra i due strumenti.
La Sicilian Improvisers Orchestra (Eva Geraci e Benedetto Basile-flauti;
Marcello Cinà-sassofoni; Dario Compagna-clarinetti; Beppe Viola-clarinetto, soprano,
tarogato; Giuseppe Greco-chitarra; Lelio Giannetto-contrabbasso; Domenico Sabella-batteria),
con l'aggiunta di Marco Marotta-sassofoni e Giacomo Tantillo-tromba ha proposto
un programma di musiche di
Ornette
Coleman (The Blessing, Invisible)e Don Cherry (Mopti,
Desireless, Pettiford Bridge, Awake Nu). L'orchestra si è cimentata
col non semplice repertorio con particolare cura, con arrangiamenti efficaci, spaziando
dalle strutture ornettiane che risalivano alla fine degli anni '50 del secolo scorso
a quelle più avanzate di Cherry, e dando grande spazio agli assolo dei due giovani
ospiti, entrambi a proprio agio nelle parti solistiche loro affidate.
Il quartetto Roots Magic (Alberto Popolla-clarinetti; Errico De Fabritiis-sassofoni;
Gianfranco Tedeschi-contrabbasso; Fabrizio Spera-batteria) fra i migliori gruppi
italiani nel referendum Top Jazz 2015 della rivista Musica Jazz, ha pubblicato il
proprio primo cd «Hoodoo Blues» per l'etichetta Clean Feed. A Palermo ha
riproposto queste musiche, aspre e sanguigne, con un impatto emotivo significativo,
ricco di un profondo blues feeling reso con robusta determinazione. Il drumming
a tratti free di Spera, la forza di Tedeschi, la grinta di entrambi i fiati con
assolo torrenziali ed espressivi, erano al servizio di un repertorio di grande forza
e qualità, Down The Dirt Road Blues e Oh Death di Charley Patton,
The Joint Is Jumping di Tedeschi, The Hard Blues di Julius Hemphill,
Dark Was The Night, Cold Was The Ground di Blind Willie Johnson, I Can't
Wait Till I Get Home di Olu Dara, A Call For All Demons di Sun Ra,
Unity di Phil Cohran, e la conclusione dedicata al clarinetto, con Pee Wee's
Blues di Pee Wee Russell e The Sunday Afternoon Jazz Blues Society di
John Carter.
Dopo un duo informale fuori programma fra Dresser e il sassofonista siciliano
Davide Barbarino, un quartetto inedito con gli agrigentini Filippo Portera-sassofoni
e flauto, Sandro Sciarratta-contrabbasso, Marco Marotta-sassofoni e
Spera alla batteria. Portera e Sciarratta sono due veterani del free siciliano,
che coadiuvati dal giovane concittadino e dalla batteria qui tenacemente free di
Spera hanno proposto tra l'altro atmosfere ayleriane, un omaggio a
Steve Lacy
e uno a Rosa Balistreri, sempre in un contesto estetico strettamente legato al free
jazz statunitense.
Dresser nell'ultima serata del festival a lui dedicato ha eseguito un altro concerto
per solo contrabbasso, nel corso del quale ha eseguito improvvisazioni e composizioni
denominate Modicane, in omaggio alla cucina di Palazzolo Acreide, paese che
lo ha ospitato recentemente per una residenza creativa di venti giorni denominata
"Arte digeribile" che univa arte, cibo, letteratura e musica contemporanea. Ancora
una conferma della sua particolarissima tecnica ed espressività, con un suono peculiare
e una varietà di atmosfere che hanno reso la performance estremamente godibile,
specie nel mambo dedicato al grande contrabbassista cubano Israel "Cachao" López
e in un intenso brano all'archetto dedicato alla violoncellista Frances-Marie Uitti.
Prima del finale, Jacques Demierre ha eseguito, con l'accompagnamento della violinista
Anouck Genthon, una riduzione di una sua poesia sonora scritta per due voci,
Voicing through Saussure. Il testo, metalinguistico, pur se scritto, era
puro suono, e consisteva in fonemi e brandelli di una lingua inesistente, ritmo
verbale, una sottrazione della parola alla sua funzione primaria per ricondurla
alle emissioni vocali primordiali.
Il concerto finale era affidato a un quartetto di contrabbassi denominato X-BASS
con Dresser, Giannetto, Tedeschi e Giuseppe Guarrella. Una lunga e suggestiva composizione
di Dresser sul tema della pace, SLM, e due di Tedeschi ispirate a Pasolini,
La terra vista dalla luna e Alì, con la declamazione del testo della
pasoliniana Profezia.