GUITAR CLUB - novembre 2002
a cura di Massimo Bracco

Chiunque ascoltasse questo disco senza aver visto la copertina penserebbe subito che si tratta del nuovo album di Allan Holdsworth: stesse sonorità umanizzate, stessa ricchezza armonica negli accordi insoliti, e assoli da brivido su scale impossibili. Invece è il secondo disco solista di questo talentuoso chitarrista pugliese (dopo il già notevole "Trace of Jazz" del '92 e due album con i Jazzerie) che ha scelto come ispirazione uno dei musicisti più complessi e difficili da emulare (il riferimento è al miglior Holdsworth, quello di "Road Games" e "Metal Fatigue"); Stufano riesce comunque ad elaborare una strada propria, scrivendo brani decisamente insoliti che danno il via a evoluzioni soliste formidabili.

"
Secret Mirror" ci proietta subito in inconfondibili arpeggi avvolgenti sul ritmo cangiante, per lanciare un assolo di magici legato su una scelta sapientissima di note: lo splendido timbro della chitarra è chiaramente ispirato ad Holdsworth, ma la raffinatezza dei fraseggi è tutta di Nico e anche la successione armonica del brano è decisamente intrigante. "Pandi" punta sulla velocità swingante della ritmica, in contrasto con la purezza liquida degli accordi sospesi; l'attacco dell'assolo mira all'emozione con poche note lunghe che si addensano via via in fraseggi più fitti, sempre all'insegna di un intenso lirismo.

"
Without Start" va subito al nocciolo, con una bella progressione armonica a spirale su cui la parte solista sovraincisa si avvita elegantemente, dialogando spesso con la batteria agile di Mimmo Campanale, suo collaboratore decennale.

Il dinamismo si colora di tinte più delicate in "
Moontrappers", dove le tessiture trasparenti di chitarra elettrica ad accordi servono da tappeto alla solista acustica in nylon, sempre veloce ma pura e dolcissima. La chitarra acustica è protagonista anche in "Forever", stavolta sul flusso lento di una ballad più tradizionale sottolineata da contrabbasso e spazzole, mentre la chitarra elettrica si adagia in raddoppi delicati per accentuare il clima onirico. La capacità di costruire atmosfere magiche è evidente in "Koi Koi", tema orientaleggiante che nasce sospeso su un drone di synth per coagularsi sul ritmo sodo, mantenendo comunque un alone misterioso negli arabeschi di note lunghe sparse, fino all'apertura ironica del rap di bambino: anche in questo caso la sapienza dei bending e dei vibrato contribuisce a rendere emozionante e sofferta ogni nota.

"
Flying over the Coast" è il brano più ambizioso, con i suoi otto minuti di arpeggi elegantissimi ed accordi sempre aperti che suggeriscono decine di bivi armonici: a sorpresa sbuca il pianoforte di Mario Rosini che colora di jazz il ritmo ascendente, e Stufano ne coglie pienamente gli stimoli con un magnifico attacco di assolo che sceglie soluzioni inusuali sempre pregne di una splendida musicalità. Il quartetto è qui al meglio dell'interplay, rivelando ancora una volta la sensibilità della sezione ritmica, in particolare nell'uso impressionista della batteria.

L'apoteosi holdsworthiana raggiunge l'apice nella veloce "
Funkopen", tema statuario scolpito con grande sicurezza sulla batteria concitata, coronato da un assolo chitarristico strabiliante per rapidità e precisione. Sembra davvero di ascoltare le improvvisazioni free-form di Holdsworth con Gary Husband nel duo "The Last Room" in cui il batterista Mimmo Campanale fa da unica spalla alle evoluzioni più ardite di Stufano.

L'unico brano che sterza decisamente dalle tematiche holdsworthiane per dirigersi verso climi mediterranei è "
Waiting For", ritmo medio con un suggestivo ostinato di accordi su cui decolla un assolo bluesy di synth in unisono con gli scat vocals.

Segnaliamo anche incisione e mixaggio perfetti, che abbinano potenza a trasparenza disegnando un fronte stereo molto ampio e preciso: il talento internazionale di Nico Stufano ne esce valorizzato in pieno, meritandogli di salire sul podio fra i chitarristi europei più dotati.