Con
questa prima esperienza discografica come solista, Claudia Tellini
dimostra di avere le carte in regola per occupare un posto di rilievo nel
panorama non certo nutrito della vocalita Jazzistica in Italia. Cantante
provvista di un'enunciazione scorrevole e di una dizione chiara, ma mai
affettata o artificiosa, Claudia possiede un timbro dalle tinte scure, tendente
verso un'"africanità" latente senz'altro frutto di un ascolto attento della
tradizione jazzistica.
A
tratti vi si possono distinguere l'impronta sanguigna di Carmen McRae, specie in
certe coloriture del registro grave e nel fluido scat, ed il tono declamatorlo
(ma qui il riferimento è senza dubbio più vago) che poteva essere distintivo di
Abbey Lincoln. Difatti , dopo una formazlone iniziale nell'ambito del pop e del
rock, sempre e comunque segnata dall'impronta delle grandi voci nere, Claudia ha
sviluppato la matrice afroamericana della sua vocalità in seno al coro
Jubilee Shouters di Gianna Grazzini, dedito alla riattualizzazione di
materiali tratti dalla tradizione gospel, alla riscoperta di polifonie africane
ed alla trasposizione vocale di brani del repertorio jazzistico, grazie ai
sapienti arrangiamenti predisposti dal pianista Mauro Grossi. Proprio
alla collaborazione con Grossi si devono tra l'altro due momenti di rilievo
nella crescita della giovane cantante toscana: l'interpretazione di Bess
nella suite tratta da 'Porgy and Bess' di Gershwin ed il ruolo di soprano
solista in una sintesi del 'Sacred Concert' di Ellington. In quest'incisione,
invece, la tradizione viene analizzata con taglio critico e con distacco
disincantato, ma pur sempre rispettoso, quasi affettuoso. Se da un lato
l'impiego di più lingue (inglese, spagnolo e francese) affrontate con
disinvoltura garantisce una musicalità più policroma, dall'altro la cantante
aretina sembra poi prediligere in certi frangenti una concezione strumentale
della voce, In simbiosi col sax contralto di Mauro Avanzini.
Questo
primo lavoro si compone dunque in ugual misura di standards della tradizione
jazzistica, rielaborazioni di canzoni di altra provenienza e brani originali.
Caratteristica, questa, indubbiamente comune a molte incisioni moderne, ma che
qui assume una connotazione diversa. Fonti e materiali sono infatti utilizzati
per strutturare un impianto fortemente unitario dal punto di vista stilistico,
piuttosto che per esibire una versatilità generica o dispersiva.
Prendiamo
ad esempio due standards ampiamente battuti,
SUMMERTIME
e
YESTERDAYS.
Negli arrangiamenti qui presentati spiccano due aspetti fondamentali: la
capacità di costruire dialoghi carichi di potente suggestione con le corde del
contrabbasso, cui Nicola Vernuccio imprime un fraseggio scarno ma
eloquente; la scelta di soluzioni ritmiche ed armoniche distanti dalle versioni
originali, tali da ridisegnarne la fisionomia. Un processo del genere investe
tra l'altro anche una canzone italiana ormai entrata stabilmente nel repertorio
degli standards, quell'ESTATE
di Bruno Martino di cui - a modestissimo parere di chi scrive - non sono stati
ancora esplorati tutti i risvolti e le potenzialità. L'interpretazione di
LUNA TUCUMANA,
composizione dell'indio argentino Atahualpa Yupanqui, ricorda la versione
offerta dalla grande cantante (connazionale dell'autore) Mercedes Sosa,
per quel respiro drammatico che l'accomuna - sjngolarmente ma non casualmente -
agli arrangiamenti di canzoni ispano-americane scritti da Charlie Haden, qui
citato in apertura attraverso una
FIRST SONG
affidata allo spoglio e rarefatto
interloquire tra voce e contrabbasso.
Anche
la ben nota NUAGES
di Django
Reinhardt, lontana una volta tanto dalle pur dignitose ma anche troppo numerose
versioni chitarristiche attuali, risente in modo benefico di un trattamento
insolito, volto a valorizzarne l'essenza squisitamente jazzistica attraverso le
sfumature vocali e le sottigliezze della ritmica. Gli originali di Avanzini si
segnalano per la lucida visione compositiva, colloca bile tra spinta
avanguardistica e coscienza critica della tradizione, beneficiando di un
asciutto senso melodico, affine nello spirito alla tagliente poesia di Ornette
Coleman, e di spazi dilatati carichi di sottile tensione ritmico-armonica,
grazie anche ad una confacente varietà di climi e metri.
Dietro
questi presupposti, Vernuccio scava veri e propri solchi nell'impianto
delle esecuzioni, e crea così un capace alveo ritmico che regola il flusso degli
eventi sonori. In altre parole, una strada spianata per gli interventi dei
colleghi, un autentico collante. Titolare di un interessante lavoro recentemente
edito da Bassesfere, "Strani Itineranti", Avanzini è uno di quei
non pochi musicisti che, per scelta o per circostanze indipendenti dalla propria
volontà, hanno mantenuto una posizione defilata pur di poter difendere il
costoso privilegio di elaborare le proprie idee musicali e conservare un bene
prezioso qual'è la creatività. Un itinerario artistico non dissimile da quello
di Vernuccio, tra i pionieri del florido movimento sorto a Firenze negli anni
'70, aggregandosi intorno al Centro Attività Musicali "Andrea del
Sarto" ed attingendo linfa vitale da due geniali irregolari come Tristan
Honsinger e Sean Bergin, allora residenti a Firenze, prima del definitivo
trasferimento in Olanda (guarda caso). Tra le esperienze, anche al di fuori di
un'area strettamente jazzistica, condotte recentemente da Vernuccio con il
consueto, genuino entusiasmo, ce ne sono alcune (e questo disco ne è un esempio)
in cui è palpabile quell'empito libertario - senz'altro condiviso da Avanzini -
riconducibile nello spirito a Coleman, Shepp, Ayler, Haden, nonché alle frange
più avanzate dell'improvvisazione europea. Che poi la nuova scena fiorentina (e,
in senso lato, toscana) sia tutt'altro che inaridita lo dimostrano gli altri
musicisti presenti nell'incisione: il batterista Cosimo Marchese, con la
sua capacità di diversificare metri e figure; il pianista Leonardo Pieri
(già con Tiziana Ghiglioni nell'omaggio a Battisti), con sapienza armonica ed
asciuttezza di fraseggio. E lo ribadisce in modo convincente Claudia Tellini,
non tanto e non solo cantante di jazz, ma vocalista (se si passa il termine)
dalla gamma espressiva già sfaccettata.
Enzo Boddi
Per contatti
e informazioni:
Cosimo Marchese
cosimomarchese@hotmail.com
tel. 348 5628983
Claudia Tellini
cltelli@tin.it
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Data pubblicazione: 19/10/2002
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