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Alex Garcia's Afromantra
Uplifting Spirit
1. The Upliftingspirit of our soul (“El Espiritu Optimista de Nuestra Alma”)
2. Canciòn Latinoamericana (“Latin American song”)
3. Luna y el Sol (“Luna and the Sun”)
4. A Emiliano Salvador (“For Emiliano Salvador”)
5. Por Ti (“Because of You”)
6. Nuevo Amanecer (“New Dawn”)
7. Yemayà, Goddess of the Sea
8. Suenos de Otono (‘ Autumn Dreams ‘)
9. Green Horizons (“ Verdes Horizontes”)
10. Lighting the World (“Iluminando al Mundo”)
11. Mi Palabra (“My Word”)
Ole Mathisen - Sax Pablo Vergara - Piano, Rhodes & Keyboards Waldo Chavez - Bass Aryam Vazquez - Perc Alex Garcia - Drums & compositions
Guest musicians:
Manuel Valera - Piano & Rhodes Desmar Guevara - Piano Jorge Fernando Rodriguez - Guitar Jorge Castro - Sax Jorge Bringas - Bass Yordamis Megret - Vocals
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Batterista influenzato tanto dai ritmi caraibici quanto dal linguaggio
hardbop , Alex Garcia è l'ideatore del progetto Afromantra,
band attiva da tempo tra il celebre Studio 54, l'Arka Lounge, il Jazz
Gallery e l'intera area newyorkese, alla costante ricerca di un'espressività
che sembra assumere le forme di uno spiritualismo progressivo, intendendo arricchire
l'animo con il groove dinamico, talora esplosivo, delle proprie scelte musicali,
ponendosi in luce come uno degli ensemble più interessanti nell'àmbito del
Latin jazz.
"Upliftingspirit" sembra essere il punto
d'arrivo di un percorso filologico dominato da un'intenzionalità poliritmica ed
equilibrata, perseguita con deciso senso creativo e con l'idea di un jazz dalle
movenze quanto mai eclettiche.
Indubbiamente le influenze del Caribe a volte risultano dominanti,
del resto Alex ha vissuto a Cuba prima di giungere a New York, e fluiscono
possenti nel suo drumming così come negli arrangiamenti di molti brani, emanando
un piacevole senso di "positività" sia nelle improvvisazioni più sensibili ad un
timing rapido, incalzante quasi, sia nel lirismo delle ballads, connotate
da una sensibilità espositiva intensa e meditante. Rileva Luc Delannoy in
"Una historia del jazz latino" quanto gli Afromantra siano celebri
per "le combinazioni di armonie arricchite dai suoni e dai sapori potenti dell'America
del Nord e di quella Latina", e non solo nell'area continentale.
Di particolare spessore appaiono gli interventi del sassofonista Ole
Mathisen, ancor più efficace quando al soprano (per un'inquietudine quasi di
coltraniana memoria), così come il walking del pianista e tastierista
Pablo Vergara, bravo nel tessere andamenti chiaroscurali nei cantabili,
nelle scelte di accordi e fraseggi dall' andamento impalpabile, vibrante di
spirituale creatività; in tal senso non distante, a parere di chi scrive, dallo
stile fluente e formalmente rigoroso di un
McCoy Tyner.
Le performances della band vengono descritte come esperienze
trascinanti per il pubblico, coinvolgenti e distanti da ogni cliché.
I temi spesso vengono sorretti da una progressione armonica scandita da un collettivo
in grado di fornire trame sonore ricche d'invenzione melodica: l'affiatamento all'interno
della band sembra tale da sostenere con semplicità talora sorprendente la
variegata alternanza di climi espressivi.
L'identità del gruppo appare forte, non si notano appannamenti nella vena
solista dei musicisti, le cui idee sembrano tutt'altro che confuse: la loro capacità
interpretativa si muove con vivacità e prontezza esecutiva, con piacevole spontaneità,senza
particolari virtuosismi ma con un significativo denominatore comune…la formula mistica
dell'invocazione, lo strumento del pensiero nel Brahamanesimo, il Mantra,
che non sembra affatto parola scelta a caso…
Fabrizio Ciccarelli per Jazzitalia
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Data pubblicazione: 07/01/2007
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