Aldevis Tibaldi & London Jazz Ensemble
Twentysix Three
Galetone Records (2015)
1. Hunting Goose
2. Twenty-Six Three
3. Do Not Panic
4. A Gardenia In Dean Street
5. Dinner Jacket
6. La lunga notte
7. Night Bus
8. Weird Nightmare
9. Barrel Tree
10. Black And Tan Fantasy
11. Mi piace
12. We See
John Eacott - tromba e flicorno Aldevis Tibaldi - sassofoni tenore e soprano Paul Taylor - trombone Liam Dunachie - pianoforte Richard Sadler - contrabbasso Chris Gale - batteria
Fin troppo spesso, ci si accorge di qualche jazzista italiano che si accasa con
buona fortuna in qualche altro paese del mondo. A far da culla artistica di Aldevis
Tibaldi c'è l'Inghilterra che lo ha accolto e ha dato lui luminose opportunità,
che Tibaldi ha colto mettendo su un ensemble londinese di particolare pregio e dove
fa bella mostra un amalgama scoppiettante.
Le composizioni sono perlopiù a firma del sassofonista, fatta eccezione per quattro
belle parentesi che mettono in chiaro quale sia la tradizione jazzistica amata dal
leader: "Weird Nightmare" di
Charles
Mingus, la splendida e significativa "Black And Tan Fantasy" di
Duke Ellington, "We See" di Thelonious Monk e, ciliegina sulla
torta, "Mi piace" di Lelio Luttazzi, che di swing ne aveva da vendere.
Il vocabolario compositivo di Tibaldi sugge da questi Giganti muovendosi tra parentesi
tra massicce dosi di blues, swing, ballad anche sbilenche, up-tempo corali, mainstream
d.o.c., come in "Night Bus" dove si ascolto un trascinante assolo di Liam Dunachie
che svolazza in legato sulla tastiera con il metronomo che viaggia a piè sospinto,
grazie alla rutilante ritmica di Sadler e Gale. Il tutto, si badi bene, non con
spocchiosa eleganza e testardo gusto del retrò, ma con una rinfrescante esecuzione,
con interessanti innovazioni timbriche e con armonizzazioni sempre pronte a stupire
e divertire.
I sassofoni di Tibaldi si alternano con pari successo, mettendo in mostra con il
tenore una personalità calda e una loquacità generosa e determinata; soavità dei
timbri, sonorità compatta e un fraseggio ritmico fluido ed equilibrato quando imbraccia
il soprano.
Tibaldi sa il fatto suo, così i suoi sodali. E la musica che viene fuori è un lungo
abbraccio al jazz: senza casacche. Solo e unicamente del buon jazz.
La domanda è: in Italia non c'è più spazio per questa musica?
Alceste Ayroldi per Jazzitalia
Inserisci un commento
Questa pagina è stata visitata 735 volte
Data pubblicazione: 11/10/2015
|
|