Prodotto da Adam Nitti, Brent Truitt Distribuzione: www.bernhardlackner.com Registrato e missato da Brent Truitt presso “Unpainted huffines”, Nashville, nel novembre 2005 e marzo, aprile e maggio 2006. Foto e grafica: Niko Papasideris Codice: 0486
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Bernhard Lackner
Those days
1. Italojazzer (Bernhard Lackner) 7.07
2. We try to fly (Bernhard Lackner, Scott Bernard) 5.09
3. It’s time to go (Bernhard Lackner) 4.39
4. You never know (Bernhard Lackner, Earthworm Jim) 4.24
5. Four winds drive (Bernhard Lackner) 2.46
6. It’s our world (Bernhard Lackner) 6.12
7. Song for you (Bernhard Lackner) 5.52
8. Those days (Bernhard Lackner) 5.09
Bernhard Lackner - basso elettrico Jeff Coffin - sax Scott Bernard - chitarre Blair Masters - tastiere Derico Watson - batteria Earthworm Jim - rap
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That's fusion
di Massimiliano Cerreto
La hall di un albergo, il caldo dell'estate, e la stanchezza della giornata
precedente trascorsa girando in lungo e in largo Villa Arconati (Castellazzo di
Bollate, Milano) per seguire i concerti (e gli artisti) della rassegna "Noi Bassisti
in Villa". Ecco come ricordo l'incontro con questo ragazzone austriaco. Che
è un musicista lo capisco dalla custodia del basso appoggiata al bracciolo della
sua poltrona. Mi racconta di Adam Nitti, uno dei più grandi bassisti al mondo,
con cui ha studiato a Nashiville, la città che tutti conoscono per essere la capitale
del country. E del suo primo disco solista, inciso con alcuni dei migliori sessionmen
americani. Tornato a casa, qualche giorno e molti chilometri dopo, inserisco il
cd nel lettore. Ed è una bella sorpresa. Innanzitutto, per l'eccellente qualità
audio, spesso considerata un aspetto marginale. I missaggi e la masterizzazione
del disco, entrambi ad opera di Brent Truitt, permettono all'ascoltatore
di distinguere molto bene i suoni di tutti gli strumenti. Il bilanciamento tra le
frequenze della grancassa e quelle del basso, ad esempio, è un piccolo capolavoro
di equilibrio.
Ed è la parola equilibrio quella più indicata per raccontare
Those days. Armonie e strutture propriamente jazzistiche,
ritmiche funk e melodie di grande ariosità, nonostante la presenza di notevoli masse
sonore in continua evoluzione e movimento: queste le ragioni per cui, mai come in
questo caso, si possa parlare di fusion. Ovvero, qualcosa che ha una sua precisa
identità e non solo un incontro di generi musicali diversi. E c'è equilibrio anche
nella scaletta dei brani. Non sentirete mai l'esigenza di saltarne qualcuno perché
non in linea con il vostro stato d'animo. E' un disco che può davvero essere ascoltato
dall'inizio alla fine, in altre parole. Veniamo proprio alle composizioni, tutte
rigorosamente originali. Come è mia abitudine, dopo aver ascoltato Those days,
ho chiesto a Bernhard Lackner, di raccontarmi come sono nate, e del significato
che vi attribuisce.
(Italojazzer) "Mi sono ispirato al modo di
comporre e di suonare di
Rocco Zifarelli,
spesso in coppia con il bassista
Pippo Matino"
(B.L.) Non solo in questo brano, ma anche negli altri si percepisce un modo
di intendere la fusion, che è molto europeo. Ci sono momenti in cui si potrei addirittura
parlare d'influenze mediterranee (ma non nascondo che potrei essere stato influenzato
dall'ascolto di molti artisti partenopei). A fare la differenza, rispetto alle produzioni
discografiche di casa nostra, è lo stile esecutivo dei musicisti coinvolti nel progetto.
Ancora in merito a "Italojazzer", il solo di sassofono di Jeff Coffin,
il prezioso contributo di Blair Masters sul finale e il modo di far girare
il groove di Derico Watson sono tipici della migliore "scuola" americana.
Senza dimenticare la particolare tecnica di slap usata da Bernhard Lackner
nel passaggio tra la parte A e quella B.
(We try to fly) "E' soltanto una jam intorno
ad un groove con un feel shuffle, che è introdotta dalla chitarra di Scott Bernard"
(B.L.) Poche parole per descrivere il brano più funk del disco. Nella sua
apparente semplicità, ci sono dei momenti molto interessanti. Ad esempio, l'interazione
tra Derico Watson e Bernhard Lackner e il ruolo di guida assunto dalla
chitarra di Scott Bernard. Attenzione alla parte finale.
(It's time to go) "Questa composizione l'ho
scritta pensando ad un periodo difficile con una ragazza. In realtà, non ci sarebbe
molto da dire ancora (sorride)!" (B.L.) Usando un linguaggio jazzistico,
potrebbe essere definita una ballad, ma un po' più spigolosa. L'unico solo è proprio
quello di Bernhard Lackner.
(You never know) "L'ho scritta oltre due
anni fa e, in studio di registrazione, l'ho riarrangiata in modo completamente nuovo.
Tutto si basa sull'alternanza di momenti decisamente diversi. Un po' come i momenti
belli e brutti della vita, che non puoi mai prevedere". (B.L.) Aldilà
della grande presenza sonora del sax di Jeff Coffin, sono molto interessanti
sia il rap di Earthworm Jim sia l'intervento solistico di Derico Watson
(grandissimo). Qui, Bernhard Lackner, oltre a dimostrare una notevole creatività
compositiva, usa il basso a cinque corde.
(Four winds drive) "E' un brano interamente
per basso, che è dedicato ad Adam Nitti, mio grande amico e sostenitore"
(B.L) Ma si tratta di un basso o di una chitarra? Semplicemente da ascoltare!
(It's our world) "E' un pezzo molto
duro contro la politica ambientale degli Stati Uniti d'America. Qui, ho usato molto
la tecnica dello slap." (B.L.) La mia personalissima opinione è che
Bernhard Lackner si sia ispirato, almeno in parte, al grande
Marcus Miller.
Ed è qualcosa di positivo. Ci sono molte affinità con "Italojazzer", ma la
chitarra di Scott Bernard è ancora più adorabilmente rock. Grandi lezioni
di stile vengono dall'incredibile drumming di Derico Watson. Tutto è reso
possibile, però, dalla solidità dei tappeti melodici di Blair Masters.
(Song for you) "E' una ballad dedicata ai
miei genitori. E' qualcosa che è nato da se, un bel giorno." (B.L.) Probabilmente,
è il brano più bello del disco. Forse, a qualcuno ricorderà alcune composizioni
di Kenny G.
(Those days) "E' la titletrack, ma anche
il mio modo di chiudere il disco. Ho semplicemente pensato a tutti i momenti belli
della mia vita." (B.L.) Non so darvi una spiegazione razionale, ma questo è
il mio brano preferito. Per il groove che gira in modo fantastico. Per il modo in
cui tutti i musicisti interagiscono sino quasi a jammare. Sarebbe interessante ascoltarlo
dal vivo.
Ecco, infine alcune righe scritte dallo stesso Bernhard Lackner sui
musicisti che hanno suonato in Those days:
(Jeff Coffin, sax) Suona in tournèe con Bela Fleck and the Flecktones.
Ha registrato tre dischi a suo nome, è un grande solista e ha un suono incredibile
con tutti i sassofoni.
(Derico Watson, batteria) Suona con la Victor Wooten Band. Ha un timing
perfetto, un grande suono, interagisce moltissimo e ha delle magnifiche idee in
tema di arrangiamento.
(Scott Bernard, chitarra): E' il chitarrista di Adam Nitti Group. Il suo
modo di suonare la chitarra fa scintille e mi ha aiutato anche negli arrangiamenti
e nelle sovraincisioni.
(Blair Masters, tastiere) E' uno dei migliori tastieristi di Nashville
e ha sempre il suono giusto per ogni brano. Ha un timing perfetto e le sue idee
si rivelano sempre perfette.
(Earthworm Jim, rap) E' arrivato in studio e ha subito capito quello
di cui avevo bisogno. E' un vero rapper e ha una grande sensibilità per ogni genere
musicale.
Se vi piace la fusion, quella vera, e se siete abbastanza coraggiosi dall'ascoltare
un disco di un giovane artista di grande talento, visitate il sito
www.bernhardlackner.com
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Data pubblicazione: 15/01/2007
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