Intervista a
Pietro Vitale
di Marco Losavio
Un CD con vari colori, dall'Africa (come suggerisce il brano di apertura), all'America Latina, passando anche per suggestivi affreschi più nostrani con dolci melodie, un omaggio ad Elvin Jones, e poi blues e bop.
Ma c'è molto altro in questo CD che, come dice lo stesso autore nelle note di copertina, è un insieme delle esperienze finora vissute.
Pietro, dici che ogni brano ha una storia alle spalle legata ad un momento particolare della tua vita.
Vuoi raccontarci qualcuna di queste storie?
Mah! Potrei scrivere un'enciclopedia con continui volumi di aggiornamento per tutti i momenti della mia vita che ho bloccato nelle mie composizioni. D'altronde la vita di noi tutti è un po' così.
Per questo c'è il pezzo triste, quello allegro, quello romantico, quello malinconico, quello sentimentale. Questo anche grazie a tutta la musica e a tutti i grandi maestri che ho ascoltato: non a caso la mia composizione
Elvin, che tu hai citato, dedicata al grande maestro Elvin Jones, uno dei musicisti che mi hanno maggiormente influenzato.
Comunque, volendo cercare, tra le tante, qualche storia che ha per me un significato particolare, devo sicuramente citare il periodo trascorso in
Brasile: il contatto con quella cultura e quella gente, il condividere con loro una concezione così unica della musica e della vita stessa ha tracciato in me un solco profondo e indelebile. Non posso raccontarti tutti i momenti e
le esperienze che ho vissuto ma posso dirti che, al mio ritorno in Italia, ho tratto la conclusione che veramente non abbiamo nessun diritto di lamentarci.
Spero prossimamente di fare un viaggio in Africa.
In questo CD emerge, a mio avviso, una ricerca più mirata ad un risultato sonoro che nell'insieme travolge e coinvolge l'ascoltatore. Ognuno è attore principale e fornisce un contributo essenziale al risultato finale al punto da diventare parte integrante di queste storie e dei loro brani. Rispetto ad Entao
Està ci sono state delle conferme e dei nuovi inserimenti.
Una bella conferma il giovane pianista Julian Oliver Mazzariello (22 anni) che si destreggia anche in un pirotecnico solo all'organo nel brano che dà il titolo al
CD e in un melodico e efficacissimo solo alla diamonica (armonica a tastiera)
nel tango "Un soffio di Passione", una piacevole sorpresa, tuo figlio, il giovanissimo
Luigi Vitale (18 anni) al vibrafono oltre agli eccellenti Marco Brioschi
(tromba), Nicola Ferro (trombone), Aldo Vigorito (contrabbasso), Roberto
Martinelli (sax), Emidio Ausiello (percussioni), Dario De Nicola (fisarmonica) e
Dario Triestino, basso su Such Monkey.
Insomma un bel da fare tenerli insieme: vuoi dirci qualcosa sull'organico?
Mi fa molto piacere quello che dici: "un risultato sonoro che nell'insieme travolge e coinvolge
l'ascoltatore". Sono convinto che ascoltare un bel brano è una sorpresa ma, riuscire a sentirlo dentro nell'animo è un qualcosa di magico ed è quello che mi interessa più di tutto.
Del fatto che ogni musicista è attore principale e diventa parte integrante del mio progetto è stato e sarà sempre quello che cerco da ognuno di loro: non mi interessa la parte del leader ma, l'insieme col quale si costruisce il tutto. Le conferme di alcuni musicisti, quali il ventiduenne pianista Julian Mazzariello è la conferma di ciò che dicevo prima: "bisogna suonare quello che si sente non quello che si sa".
La scelta degli tutti i compagni che mi hanno affiancato è stata guidata da questo principio; del resto, ciò che ne
è scaturito credo sia stato il risultato di una collaborazione paritetica e piacevole per tutti coloro che vi sono stati coinvolti; non posso che essere più che soddisfatto del grandissimo lavoro svolto e del fatto che tutti si sono immersi con tutta l'anima in questo progetto.
Quindi grazie a loro in particolar modo a Roberto che ha un'anima profondissima e bellissima, (vedi il solo al soprano in Teti), oltre a un gusto e una coltura musicale notevoli.
Pietro, il CD è autoprodotto? E' una scelta?
Non si è trattato propriamente di autoproduzione, bensì della produzione di una neonata piccola etichetta indipendente campana:
AltreMenti s.a.s. di Napoli, che ha prodotto anche il musicista e amico
Giancarlo Perna ed alla quale ho ceduto anche le edizioni di molte mie composizioni.
Comunque in merito a tutto il settore delle produzioni in Italia e della politica messa in atto dai nostri bravi produttori
(…) ci sarebbe un bel discorso da fare, che, tra l'altro, prenderebbe tantissimo spazio. Basti dire che questi cosiddetti imprenditori non sanno cosa sia il "rischio d'impresa", non investono assolutamente una lira nella loro presunta attività imprenditoriale, lavorano con i soldi dei musicisti (per pubblicarti un album ti chiedono di comprarne 300 copie, al loro prezzo e pagandole anticipatamente) intascano gli eventuali diritti delle vendite e l'artista, se gli va bene, dopo le prime 1000 copie vendute (sulle quali non percepisce nulla), comincia a ricevere qualche briciola dei frutti del suo lavoro e dalla sua creatività. È che parliamo di musica non commerciale, sulla quale i profitti sono molto modesti, ma questi signori, non rischiando niente, se gli va bene realizzano dei profitti e, se gli va male, impinguano almeno il loro catalogo e fanno la figura dei Mecenati e ricevono pubblici riconoscimenti perché, grazie a loro, cresce e si sviluppa la musica e la cultura in Italia.
E la chiudiamo qui perché la piaga è già abbastanza aperta e altrimenti non si rimargina più.
E' un discorso importante. Cercheremo in seguito di approfondirlo in modo
più appropriato. Come giudichi la scena jazzistica italiana? Com'è il livello globale dei musicisti italiani?
La scena jazzistica italiana è notevolmente migliorata e non ha nulla da invidiare ai compagni di oltreoceano.Vorrei solo avere tanti soldi per poter ascoltare tutti gli amici che hanno messo su dei dischi, autoprodotti e non. Mi accontento di andarli ad ascoltare in qualche locale ed apprezzare la loro musica.
E i giovani? Ci sono gli spazi per suonare, le scuole, gli insegnanti, i festival…
I festival: altra piaga italiana. Anche in questo campo operano personaggi disposti a pagare profumatamente musicisti stranieri e a non invitare affatto noi italiani per i quali spenderebbero la quinta o forse anche la decima parte della somma.
Proprio l'altro giorno un musicista che è il direttore artistico di uno dei tanti festival italiani mi ha risposto che lui invita solo musicisti internazionali e quindi potevo anche mandargli il disco se volevo, ma non poteva promettermi nulla per quanto riguarda l'inserimento nella sua programmazione.
Le scuole, i conservatori: ancora un punto dolente. Meno male che molte cattedre sono state occupate da giovani musicisti, che senz'altro hanno delle vedute molto più ampie di alcuni maestri che per cinquant'anni hanno distrutto la musicalità dei ragazzi. Convinti che la musica è tecnica pura, hanno frustrato le aspirazioni di tanti promettenti allievi, trasformando lo studio in sofferenza e non dando a chi si rivolgeva a loro la possibilità di penetrare veramente i linguaggi, non fornendo gli strumenti per esprimersi in libertà.
La musica è arte e allora lasciamo all'arte la sua spontaneità, non tarpiamole le ali!!! Con questo voglio esortare i giovani a continuare, ad andare avanti sempre, con convinzione nelle proprie aspirazioni e fiducia nei propri mezzi.
Un piccolo gioco: tre cose che faresti se fossi il ministro della musica!!
La prima cosa sarebbe organizzare e trasmettere vari festival nazionali. Non solo Sanremo, ma tutto ciò che è musica. Dal Rock, al Blues, al Jazz, Folk, Tango e chi più ne ha più ne metta.
Far vivere il popolo italiano in mezzo alla musica in qualsiasi momento, costruire strutture dove si suona sempre in qualsiasi attimo della giornata. Si vivrebbe molto più in armonia, come ha scritto mio figlio Walter davanti la porta dello studio di casa: "Prima di entrare mettere in armonia la vostra mente".
E ora un consiglio ai giovani batteristi che vogliono suonare jazz.
Non posso e non mi sento di dare nessun consiglio ai giovani batteristi perché credo che a chi ha una sensibilità sia inutile dare consigli.
L'unica cosa che posso dire, forse, è di ascoltare molta buona musica e suonare insieme ai grandi. Intendo suonare sui dischi dei grandi maestri, quali Coltrane, Monk, Parker ecc.
E poi studiare, ma farlo con la massima rilassatezza e di badare molto più alla musicalità che alla velocità. Un atteggiamento questo che molti ragazzi di oggi non hanno perché cercano sempre di far vedere quanto sono bravi a fare un rullo a velocità supersonica non rendendosi conto che forse il pianista stava cercando un momento di pianissimo o era un attimo di riflessione.
In conclusione: ascoltare sempre di più.
Per chiudere: insomma Pietro, ti piace questo CD?
Mah! Sacc' manch'ie…:-)