Zone di Musica - 2006
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Alessandro Bonanno, Francesco Mazzeo
Non c’è duo senza tre
1. Aperitivo
2. Sweet land
3. There is no greater love
4. Tutti i bambini dormono
5. Zio Michele
6. Rush Hour
7. Very early
8. The star crossed lovers
9. L'ora del vino
10. Digestivo
Alessandro Bonanno - pianoforte Francesco Mazzeo - chitarra acustica, elettrica
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E' decisamente piacevole trovarsi di fronte ad una concertazione d'intenti
– quella di Bonanno (pianoforte) e Mazzeo (chitarra acustica, elettrica)
– accorta e delicata come quella riscontrabile in "Non c'è duo senza tre".
Va da sé che garante del buon risultato è il portamento stilistico dei due protagonisti
che, anche se non di spicco nel panorama italiano, dimostrano di essere in grado
di raggiungere livelli artistici di tutto rispetto. Ce li ricordiamo infatti già
all'opera, anche se in quartetto, nella produzione del precedente "Novecose",
accompagnati al tempo da Pintucci al basso e Bonioli alla batteria;
ora invece, dopo una sorta di benintenzionata "epurazione" o, se si preferisce,
una efficace sintesi dell'organico, ecco presentarsi i nostri in forma di duo con
cui dare vita ad un disco semplice ma di ampio respiro, dal tocco libero, rilassato,
delicato e dalla grande acutezza stilistica. A far loro compagnia compare saltuariamente,
solo in quattro brani, Davide Grottelli che si giostra fra sax (alto, tenore
e soprano) e clarinetto basso.
Chiariamo subito che il disco non vuole puntare tecnicamente troppo in
alto: i nostri due confezionano una serie di brani, alternando composizioni originali
di Bonanno o Mazzeo a tre più classici artisti (Bill
Evans, Ellington, Jones).
Ottengono poi, attraverso un certo sforzo compositivo, interessanti esempi
del jazz più morbido e sensuale, lasciando però intendere già solo dai titoli il
desiderio di suonare musica da sottofondo, senza eccessive smanie di protagonismo
all'interno di un ambiente di cui però vengono a costituire un elemento essenziale.
Si tratta insomma, da un certo punto di vista, di una musica "Ambient" nel
senso meno stilistico e più formale del termine, in quanto presenta l'innegabile
capacità di trasfigurare il luogo in cui viene suonata (anche solo riprodotta),
di diventarne asse portante, tema musicale di momenti mondani: non è un caso dunque
trovare titoli come "Aperitivo", "Tutti
i bambini dormono", "L'ora del vino"
in questo contesto.
Sebbene all'interno vi siano esempi mirabili delle capacità dei singoli
musicisti, in testa a tutti Bonanno, non si è spinti a leggere il disco per
parti sovrapposte, ma come un insieme fluido e ben coeso rispetto al quale alle
volte ci si lascia volentieri assorti, altre invece si preferisce considerarlo più
indirettamente. Dovrebbe essere ben chiaro che così non si sta celando alcun tipo
di critica riguardo all'efficacia di un brano piuttosto che un altro, né si vuole
esprimere un giudizio qualitativo; è importante comprendere però che ciò significa
che ci si può addentrare nell'ascolto del disco in modi ben differenti: attivamente
o passivamente (il che non significa superficialmente). Se uno dei valori più importanti
della musica più bella è quello di afferrare le emozioni e pure le sensazioni dell'ascoltatore,
plasmarle e lasciarlo un po' in balia del pathos, allora senza dubbio questo
disco è un ottimo esempio di bella musica, fermo restando la possibilità di soddisfare
l'occhio – o meglio orecchio – del critico fiscale e rigoroso attraverso momenti
pregevoli: oltre all'ottimo sound di Bonanno, distribuito generosamente su
tutto il disco, compaiono i fiati di Grottelli su "Rush
hour" o "L'ora del vino", o la costante
presenza di Mazzeo che trova anche spazi di espressione solista (la conclusiva
"Digestivo").
Volendo però leggere questo lavoro appunto come concertazione, l'attenzione
ricade su altri brani in effetti appaiono come i meglio riusciti: "Sweet
land", "Zio Michele", "Very
early". Molto piacevoli anche la già citata "L'ora del vino" e
l'ellingtoniana "The star crossed lovers".
Il risultato finale dunque è un lavoro estremamente sensibile e accorto
con cui i musicisti offrono la spesso agognata possibilità di costruire un momento
di calma, rilassata e profonda sospensione, durante il quale fermarsi, assaporare
piccoli gesti o situazioni comuni sotto una luce differente, magari con luci soffuse
ed un buon bicchiere di Martini bianco alle labbra.
Achille Zoni per Jazzitalia
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Data pubblicazione: 14/04/2007
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