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 Thelonious Monk, uno dei maggiori capiscuola del jazz moderno, è stato spesso 
ricordato da molti musicisti nonostante lo si possa considerare borderline 
di tutte le correnti stilistiche. Pioniere del bop con Parker, Powell
e Gillespie, la sua originalità fu tale che ogni generazione di strumentisti 
ha tratto stimoli differenti dal suo modo d'intendere l'armonia e la struttura.
 
 
 Gabriele Orsi, giovane e talentuoso chitarrista all'esordio discografico 
come band leader, ne mutua l'eccentrica tecnica pianistica – volutamente 
modulata secondo andamenti solo apparentemente artigianali – la stessa che ebbe 
giusta sorte nel periodo hard bop: ritmo martellante, stile dissonante e 
a volte spigoloso, incipit stranianti, chiudendo ogni via all'ovvietà e ponendo 
sfacciatamente in primo piano (cappello in testa e barbetta incolta) l'essenzialità 
delle strutture.
 
 Monk, uomo lontano dal sentimentalismo, teso spesso alla realizzazione di 
un controcanto che eludesse la quadratura ritmica, parodiando nella chiusa l'approssimarsi 
dell'accordo finale. Molte sue composizioni risultano imprendibili, scarne e genialmente 
introverse, tanto da mettere spesso in difficoltà il solista, l'improvvisatore. 
Pochi jazzmen sono riusciti nell'impresa (non si trattava solo di "capire" 
il testo dello svagato di Rocky Mount, quanto soprattutto "sentirlo"):
Milt Jackson, Art Blakey, talora
Sonny Rollins.
 
 Non molti, in effetti.
 
 Forse temerario accostarsi al mondo di Monk, interpretarne i percorsi 
accidentati, allo stato brado, gli accenti spiazzanti. Tanto più significativo, 
allora, l'omaggio quanto più si faccia caso che a farlo è un chitarrista che ne 
intende sperimentare la vastissima gamma di voli pindarici. Dal primo brano dell'album
("Bluesonius", chiaro il programma) 
alla convincente rilettura di "Reflection", 
a "Barba e cappello", carica di fatalismo antitradizionalista 
ed improntata ad un groove ascendente, robusto e allo stesso tempo melodico, 
sottolineato dalla timbrica scelta (fra Abercrombie, Frisell ed i bluesmen 
elettrici degli anni '70 e
'80), fra le intense modulazioni dell'Hammond 
dell'ottimo Joey De Francesco, il pianismo sinuoso di 
Fulvio Ferrari, 
il pathos fuggente e composto del double bass di Daniele Petrosillo 
e l'estro propulsivo e ricco di fluidità dinamica della batteria di Francesco 
Di Lenge.
 
 Ciò che convince è l'originalità del sound, in cui il modello di partenza 
viene desunto come esperienza emotiva irripetibile: le idee di Orsi sono 
fresche, meditata la scrittura, valido lo spingersi in territori timbrici al limite 
ed al di sopra delle blue notes. E tale "irregolarità" ne fornisce il saldo 
inquadramento formale, elaborato ed elegante, di un metro estroverso e del tutto 
moderno. Varrà la pena approfondire queste sensazioni con Gabriele stesso.
 
 Perché la scelta di un omaggio a Thelonious Monk?
 
 Tutto è nato quando ho composto "Mr. T.": 
volevo da tempo dedicargli un brano, alla fine gli ho dedicato tutto il disco. Sono 
anni che ascolto Thelonious, mi piace il modo di comporre, il suo modo di 
accompagnare e soprattutto il suo improvvisare intorno alla melodia. Ho avuto anche 
la fortuna di suonare con tanti altri musicisti ai quali piace Monk, quindi 
ho affrontato spesso i suoi pezzi. È stato quando ho visto il film "Straight 
no Chaser" che ho cominciato a pensare ad un disco dedicato a lui, sono rimasto 
affascinato, viveva completamente immerso nella sua musica. Come ti ho già detto 
non volevo fare solo i suoi pezzi, anche perché ci hanno già pensato in tanti e 
con risultati altissimi (Steve 
Lacy, Paul Motian,
Dave Liebman, 
ecc…). Volevo comporre qualcosa di mio, cercando di farlo prendendo spunto dalle 
sue composizioni.
 
 Senz'altro un linguaggio jazzistico che, pur fedele alla 
tradizione, presenta qualcosa di nuovo…
 
 Il linguaggio… sono un assiduo ascoltatore; oltre a Thelonious adoro in particolare
John Scofield 
e Bill Frisell.
Ho consumato un buon numero di dischi! Ora meno, ma mi piaceva rovistare nei 
negozi in cerca di nuovi cd e mi son fatto una discreta discografia. Blues, rock, 
funk, fusion, jazz, chitarristi vari ecc..cercavo nuovi stimoli e volevo avere 
tutti i grandi dischi che hanno fatto storia. Quando leggevo le varie storie del 
jazz mi accorgevo di non conoscere questo o quel musicista. Cosi mi mettevo in cerca. 
Ora è tutto più facile, con la tecnologia puoi avere la discografia completa in 
poco tempo, anche se son convinto che non sempre serve. Meglio due dischi ascoltati 
fino in fondo che milioni di mp3 tanto per averli. Penso che il linguaggio derivi 
in larga misura da quello che ho ascoltato. Ho comunque passato tante ore con la 
chitarra, ho studiato armonia, improvvisazione, ho trascritto musica, ho seguito 
seminari e stage con grandi musicisti, ho suonato tutte le volte che potevo.
 
 I registri scelti talvolta non sono tipici nell'uso della 
chitarra jazz, sembrano essere frutto di una scelta che indica altre strade ed alcuni 
ricordi…
 
 Il dover diversificare il suono per armonizzare altri strumenti, quando suonavo 
con sassofonisti o trombettisti, l'esigenza di far uscire comunque il suono della 
chitarra pur rimanendo in secondo piano e sicuramente il mio gusto personale, mi 
hanno portato a cercare un suono grezzo, con un pizzico di distorsione, evidenziando 
il registro medio, nasale forse per cercar di renderlo più morbido. Ma non sono 
molto convinto che sia una scelta precisa. Penso che la ricerca del suono sia una 
cosa importante, forse fondamentale per farsi riconoscere. Tutti i chitarristi che 
mi piacciono li riconosco dopo due sole note proprio perché hanno una loro voce. 
E' una cosa su cui sto lavorando, ma non credo di esserci ancora riuscito.
 
 Perché l'aggiunta al quartetto dell'hammond di Joey 
De Francesco? Quale risultato volevate ottenere?
 
 Nel cd suoniamo "Mr.T"., "Ba-Lue-Bolivar", 
e "Bluesonius" in trio (chitarra, hammond
e batteria), gli altri pezzi sono in quartetto (chitarra, piano, contrabbasso 
e batteria). Problemi di tempo, di budget e altro mi hanno impedito di fare tutto 
il disco con Joey. E' stata una lunga trattativa……ma penso che non interessi 
a nessuno. Il risultato comunque mi soddisfa, in trio abbiamo una sonorità più
bluesy che con il piano non sarei riuscito ad ottenere, viceversa con il 
piano abbiamo alcune soluzioni un po' più monkiane.
 
 Cosa ricordi dell'esperienza con Joey De Francesco?
 
 Fantastica!!! Abbiamo suonato come se ci fossimo già incontrati altre volte. Un 
grande, ascoltavo spesso il disco di McLaughlin "After 
the rain" e mi piaceva molto. Avevo anche trascritto delle parti e ora 
avevo l' occasione di chiedere lumi a chi aveva registrato quel disco. Ha un approccio 
alla musica molto diretto e coinvolgente, sembrava avesse già visto i miei pezzi, 
gli ha dato un'occhiata, ha voluto sentire la melodia..fine, abbiamo registrato. 
Tutto quasi buono alla prima!! Solo su "Mr. T." 
aveva dei dubbi per la melodia nella sezione "B", mi ha chiesto spiegazioni, 
gli ho detto che era un pezzo dedicato a Monk e costruito in maniera tale. 
Ha detto "OK", si è seduto e ha suonato come mi sarebbe piaciuto lo suonasse. Naturalmente 
poi "Ba-Lue….." la sapeva a memoria! E' stata una esperienza 
indimenticabile, non ci credevo. Per me era il primo cd e lo stavo registrando con 
uno dei musicisti che ascoltavo nei dischi, non ho detto niente a nessuno finché 
non ho visto il cd stampato.
 
 Riguardo alle sonorità evocate dalla tua chitarra vengono 
in mente certi andamenti bluesy o jazz rock tipici degli anni '70 e '80. Scelta 
consapevole?
 
 Ho cercato uno studio analogico, c'erano ancora le bobine che giravano, niente computer, 
niente cuffie, il trio lo abbiamo registrato nella stessa stanza per ricreare una 
sonorità più live.
 Solo con il contrabbasso abbiamo usato le protezioni per i rientri. Ho usato 
una Gibson 347 e il mio fedele Fenderino, un paio di pedalini e una 
piccola (e comoda) pedaliera per i vari effetti.
 Il suono della chitarra con il senno di poi lo cambierei un po'. L'ho cercato 
e quando eravamo in sala sembrava buonissimo, si impastava a meraviglia sia col 
piano che con l' hammond, dai primi ascolti era "yeah!! good sound!!", 
come diceva Joey, poi con il master finale ha perso un po'di armonici, come 
del resto anche la batteria e si è un po' impastato tutto…pazienza, imparerò per 
la prossima volta. Consapevole o no la sonorità deriva dal fatto che ho sempre ascoltato 
tutti i grandi chitarristi di quei periodi e ho cercato di copiarli all' infinito….forse 
in qualche caso anche troppo.
 
 Le improvvisazioni sono frutto di accordi preliminari o 
sono nate nel momento?
 
 Entrambe le cose: in "Get Down" per esempio 
siamo partiti da una linea melodica su cui poi io e Francesco abbiamo improvvisato 
liberamente. "Ma tu cosa suoni su G7" è costruito sui modi, sono quattro 
scale che ho usato sia per la melodia che per i soli, "Bluesonius" 
classico blues, "Orsi Blu" un blues un 
po' rivisto nella struttura, "Barba e cappello" 
e "Mr. T." sono costruiti alla maniera 
di Monk. "Gira, gira, gira" ha il giro 
di basso che è una ripresa di "Bemsha Swing", 
ma rifatto funk e la struttura semplice su un pedale, tanto per ricordare che mi 
piace un certo chitarrista…
 
 Ricordi particolari nell'incisione dell'album?
 
 Si! Eravamo tutti infreddoliti (era dicembre) e la sala non si era ancora scaldata,
Joey era seduto all' hammond con le braccia conserte, ma muoveva i 
piedi sulla pedaliera e suonava i bassi, noi non li vedevamo…..ci siamo accorti 
poi che era lui, eravamo convinti di sentire un disco: Grande!!
 
 Progetti …
 
 E' da poco uscito "Beat Light" a nome di tutti 
e quattro i musicisti (io, Fulvio, Daniele e Francesco). Il 
disco è una diretta conseguenza di "Mr.T." anche se nella musica gli assomiglia 
poco. L'idea di farlo ha preso corpo dal vivo. "Gira, gira" era il pezzo 
che più ci divertivamo a suonare, quindi abbiamo deciso di registrare un disco Jazz/Funk, 
dove ognuno di noi ha scritto dei brani.
 Altre collaborazioni: aggiungendo al quartetto il sassofonista Biagio Coppa 
abbiamo costruito un repertorio di brani di Monk, rivisti e riarrangiati, 
con cui abbiamo fatto molte serate e stiamo progettando di farne un disco. Con il
C.O.D. Trio (Coppa, Orsi, Di Lenge) abbiamo appena registrato, rifacendo 
in chiave jazz progressive classici del rock. Il titolo del disco sarà "We will 
rock you, we will jazz you", e uscirà a breve. Suono spesso con Santino Carcano, 
con lui mi piacerebbe un giorno registrare qualcosa magari con la collaborazione 
di Maurizio Signorino e Silvano Serighelli. Sto lavorando ad un nuovo 
progetto a mio nome, spero presto di finire le composizioni e concretizzarle in 
studio.
 
 Fabrizio Ciccarelli per Jazzitalia
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
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| Questa pagina è stata visitata 1.696 volte Data pubblicazione: 26/10/2008
   
 
 
 
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