Pacific Coast Jazz
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Marco Bittelli
Libera
1. Gennaio 1997
2. Nudo
3. Vento Sulla Palouse
4. Nexus
5. Pulses
6. Libera
7. Brel
8. Something To Remember
9. Gennaio 1997 (Reprise)
Marco Bittelli - Guitar
Horace Alexander Young - Tenor sax, flutes
Charles Argersinger - Piano, Rhodes piano
David Snider - Double bass, electric bass
David Jarvis - Drums
Ruth Boden - Cello
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"Libera" è opera prima e coraggiosa di Marco
Bittelli, chitarrista bolognese allievo di Jimmy Villotti e Joe Pass, con esperienze
di studio e lavoro sparse tra Italia e Stati Uniti. L'album è composto da nove originals
tutti a firma dal chitarrista ad eccezione di Something To Remember, condiviso
con Horace Alexander Young: un sassofonista dall'attacco morbido e dal suono
ovattato, con chiare inflessioni da soul jazz player (Brel, Something
to Remember). La duratura collaborazione tra i due preme con forza su tutto
il disco: buona parte degli soli sono ripartiti tra chitarra, sax e flauti.
L'interesse di Bittelli sulla forma («Sono stato influenzato dalla tradizione
popolare italiana, dove le canzoni sono spesso scritte dall'inizio alla fine senza
ripetizioni delle parti», si legge sul comunicato stampa), si concretizza nel
strutturare i brani ricorrendo a sezioni dilatate e a lunghi archi melodici, come
capita ad esempio in Gennaio 1997 (una sorta di "canzone strumentale" a cui
mancano solo le parole) e Nudo. Vento Sulla Palouse, organizzato sul
trio chitarra-flauto-violoncello, è un cammeo vagamente cameristico teso a esplorare
l'amalgama dei timbri, risultando un po' flamenco e un po' colonna sonora da film
di Sergio Leone.
Per il primo accenno di swing bisogna attendere Nexus (timbriche alla Larry
Carlton quelle che bollano il solo del medesimo brano): le prime battute, come già
fatto notare in altre recensioni, incrociano Giant Steps e Birdland
dei Weather Report. Con la solitaria Libera saltano all'orecchio i referenti
didattici di Bittelli (vedi Joe Pass).
Si può avvertire un certo grado di eclettismo dall'ascolto complessivo. Questo polistilismo
può derivare dal fatto che i brani sono stati scritti lungo un esteso lasso di tempo;
dieci anni separano Gennaio 1997 — primo brano del Cd — dalla seduta di registrazione,
quasi a delineare un inaspettato span cronologico.
Luca Civelli per Jazzitalia
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Data pubblicazione: 24/04/2010
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