Con Andrea Padova ci troviamo di fronte ad un artista diventato
famoso per i suoi virtuosismi al pianoforte, interpretando i grandi del repertorio
classico.
Le precedenti incisioni, ugualmente uscite per la
Stradivarius, gli hanno meritato i favori della critica al punto
che nel 1998 è stato invitato a esibirsi nel
tempio della musica americana, la
Carnegie Hall.
Aveva destato interesse fin dall'inizio, ma è esploso nel
1997 grazie alle "fantasie di Bach" e,
poi, con la monografia su Ferruccio Busoni, arrivando a competere con i migliori
pianisti contemporanei, Schiff e Murray.
Con il cd "Landscape in Motion"
Andrea Padova propone brani per pianoforte "solo" e si presenta nella
duplice veste di compositore e interprete, sembrando, con ciò, voler ampliare la
propria esperienza artistica o rompere con il passato.
Il disco si apre con un brano dedicato a Bruce Springsteen, le
atmosfere e i ritmi sono quasi pop e introducono all'ascolto con facilità. Si prosegue
con un brano dedicato a Nick Drake, uno dei
più interessanti. La traccia in cui si può rinvenire qualche elemento di jazz in più
è però il n. 8, dove trova spazio una bella dialettica tra linea di basso (mano
sinistra) e melodia (mano destra). Conclude il disco una dedica a
Bill Evans.
A un primo ascolto sembra utilizzare armonie e linee melodiche piuttosto
prevedibili, ma l'impressione cambia via via che si approfondisce l'ascolto, e lo
si apprezza maggiormente.
Da subito nascono spontanei i paragoni con
Jarrett,
Nyman, Einaudi,
Allevi,
ecc., ma alla fine si scopre che in realtà le composizioni assomigliano più a temi
filmici alla Piovani, e non si tratta di un disco di Jazz. Anche se viviamo
in un'epoca in cui il termine jazz ha un significato amplissimo (e si applica ad
esempio anche a un
Allevi,
che riempie i
Blue Note del mondo dopo aver inciso con scarso successo per etichette
di area pop definendosi un classico contemporaneo), Padova a rigore non può
essere definito un pianista jazz, ritmicamente non fa mai uso di quelle pause e
di quegli anticipi tipici del linguaggio jazz, né ha swing.
Nel complesso il disco risulta piacevole e Andrea Padova si conferma
sicuramente pianista raffinato, virtuoso, di assoluto valore artistico anche se
piuttosto distante dal jazz.
Luca Vitali per Jazzitalia
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Data pubblicazione: 08/07/2007
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