Antonio Oleari
Demetrio Stratos
Gioia e rivoluzione di una voce
Aerostella,
Milano, 2009
Un libro scritto col cuore, ma senza mai indulgere al sentimentalismo,
e che attraverso l'analisi della figura di un musicista carismatico ci fa conoscere
la situazione italiana riguardo la musica pop e non solo negli anni '60 e '70. La
sorpresa maggiore riguarda l'Autore, giovanissimo esperto di musica progressiva,
non ancora nato quando Stratos morì. Eppure è capace, attraverso l'ascolto dei dischi
e le interviste con quanti gli furono - soprattutto professionalmente – vicini,
di farci amare una persona genuina, tanto più umile e dolce, quanto più decisa e
tesa verso una ricerca musicale, bruscamente interrotta dalla morte, che raggiungesse
risultati inimmaginabili.
Il libro, alla maniera di un film, parte con
un flash back degli ultimi istanti di Efstratios Demetriou, italianizzato in
Demetrio Stratos, con il cognome, dunque, che diventa nome. Nato da genitori
greci ad Alessandria d'Egitto il 22 Aprile 1945, trasferitosi nel 1962 a Milano
per iscriversi alla facoltà di architettura, spentosi al Memoria Hospital di New
York il 13 giugno 1979, dov'era stato ricoverato d'urgenza per cercare di guarire
dall'aplasia midollare. Stratos non aveva più globuli rossi, ogni sua ferita, anche
interna, non si rimarginava. L'ipotesi più probabile sull'insorgere della malattia
fu quella di un lungo indebolimento dovuto all'assunzione massiccia di sulfamidici
per combattere febbre, infiammazioni alla gola, raffreddori. Perché Stratos, temendo
un cambiamento del timbro vocale, non si era mai voluto operare di tonsille. Passando
alla parabola artistica, nel capitolo che copre gli anni che vanno dalla nascita
al 1966, scopriamo l'ambiente musicale milanese invaso, sull'onda del successo dei
Beatles, da uno stuolo di musicisti inglesi: da Brian Auger e Julie Driscoll che
si esibivano in pianta stabile al Bang Bang, mentre Demetrio quasi tutte le sere
suonava l'organo Hammond al Santa Tecla con la sua band, "Bag's Groove",
il cui nome richiamava il titolo dell'album di Miles Davis uscito nel 1954; a Ritchie
Blackmore che all'epoca lavorava come chitarrista di Ricky Maiocchi e che nel 1973,
ricordandosi di Stratos, gli propose di prendere il posto di Ian Gillan dopo la
sua uscita dai Deep Purple. Demetrio reclinò l'invito forse anche perché, dopo anni
di dura gavetta, in cui per sbarcare il lunario suonava nelle balere o nelle sale
da ballo e dopo l'avventura assieme ai Ribelli con cui aveva assaporato il successo
grazie alla canzone "Pugni chiusi", era arrivato il momento di fondare gli
Area, International Popular Group, un sostantivo - spiega nel libro il pianista
del gruppo Patrizio Fariselli - inteso non come spazio delimitato fermo,
ma spazio in movimento, preso nel 1972 da una frase di Allen Ginsberg, "Allargate
l'area della coscienza", trasformata in "Allargate l'area della consapevolezza".
Demetrio rimase nel gruppo dal 1973 al 1979 – da "Arbeit macht frei" a "Gli dei
se ne vanno, gli arrabbiati restano" che segna l'abbandono dell'etichetta CRAMPS,
assieme alla quale il gruppo aveva preso vita e che era l'acronimo di "Company Records
Advertising Management Production Service".
C'è spazio anche per un ritratto del vulcanico produttore Gianni Sassi,
dietro al quale si celava il Frankenstein degli album, in realtà, secondo un'intervista
del 2004 all'altro produttore e cofondatore dell'etichetta Sergio Albergoni,
uno pseudonimo ad indicare l'autore dei testi, scritti in realtà a quattro mani,
assieme a Sassi, ma con il contributo di tutti i musicisti.
Superata la metà, il libro passa ad analizzare l'importante e particolare
ricerca sonora di Demetrio sulla voce, influenzato, tra l'altro, dall'incontro e
la collaborazione con John Cage (1912-1992). Iniziano i lavori in questo campo come
solista, a partire da "Metrodora" (1976) – in greco la voce come "dono di madre"
-, in cui le potenzialità vocali sono indagate e manipolate, a "Cantare la voce"'
(1978), in cui verranno messe alla prova per superarne i limiti. E poi i primi esperimenti
attorno alla diplofonia o "canto difonico", una voce sdoppiata che è la riproduzione
congiunta di due suoni, quello fondamentale o bordone, e quello armonico che varia
a piacimento del cantore. E ancora le collaborazioni scientifiche con il laboratorio
di acustica dell'Università di Paris VI e con il centro di studi e ricerche di Fonetica
presso il CNR dell'Università di Padova. Per ultimo, il contatto, grazie a Cage,
con il centro di musica sperimentale dell'Università San Diego, in California, che
avrebbe dovuto portare Demetrio a tenere un corso sulle possibilità della voce,
un progetto, disgraziatamente irrealizzato, per colpa di quel male incurabile che
ci portò via un artista nel pieno della maturità creativa, che chissà a quali scoperte
sarebbe approdato.
Giovanni Greto per Jazzitalia
Inserisci un commento
Questa pagina è stata visitata 2.396 volte
Data pubblicazione: 05/04/2010
|
|