Jazz At Berlin Philarmonic VI
Celtic Roots
Act Music, distr. Egea (2016)
1. Opening
2. Mole In The Ground
3. Hymn and Sword Dances
4. Willie Murray's Reel
5. Lament For The Children
6. Buck Ride
7. In The Pines
8. On The Big Sea
9. Shetland Medley
10. Two Sisters
St. James InfirmAry
12. Right On Time
Knut Reiersrud - chitarre, lap steel, armonica Ale Möeller - mandola, tromba, flauto, dulcimer, harmonium Fraser Fifield - sassofono soprano, low whistle & Scottish border pipes Tuva Livsdatter Syvertsen - voce, hardanger fiddle, harmonium Aly Bain - violino Eric Bibb - voce e chitarra Olle Linder - percussioni e contrabbasso
Possiamo chiamarle (chiamarli) le frontiere del jazz; l'evoluzione
del jazz; l'altro jazz. Possiamo trovare una soluzione e un accordo su tutto, ma
il punto fermo rimane che non si debba affrontare questo – o altri dischi della
serie – con la mente (catta) avviluppata sul millenario tronco dell'ottusità. L'Act
arriva al sesto appuntamento con Jazz At Berlin Philarmonic, una serie di lavori
discografici frutto di combo costruiti per l'abbisogna, che s'apparentano sotto
lo stellone della fusione di generi.
Si badi bene, qui non si parla di una asfittica registrazione in studio con prove,
first, second e altre take: il tutto è registrato dal vivo al Berlin Philarmonie.
Le radici celtiche mettono insieme volontà musicali apparentemente differenti, ma
che – vista la resa del concerto e relativo disco – fanno scintille accecanti.
Il reel, la musica della tradizione irlandese, quella scozzese, del Nord America
suonano benissimo accanto ad arrangiamenti blues, jazz (qui l'improvvisazione c'è,
forse sottintesa, ma c'è). E la linea comune – e non di demarcazione come alcuni
si ostinano a sostenere – con la tradizione scandinava è forte, vigorosa ("Hymn
and Sword Dances", "Lament For The Children"), che ci ricorda l'utilizzo
del violino – un tempo principe nelle mani africane pronte a far danzare i colonizzatori
–, della chitarra ritmica, del flauto gorgheggiante e della voce che fa da storyteller
a passaggi di storia senza tempo.
"In The Pines" è un adamantino esempio della fusione di stili ordita da questo
insolito combo, con tromba e sax soprano che si affrontano su tempi medi, ma ruvidi
come la carta abrasiva e infiocchettano un blues rurale in scioltezza.
" St. James InfirmAry" sembra essere il giusto sigillo in ceralacca che tiene
insieme jazz, blues e le altre vie della musica. Una menzione a parte va alla voce
(e alla chitarra) di Eric Bibb, che arriva alle orecchie come un macigno.
Alceste Ayroldi per Jazzitalia
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Data pubblicazione: 18/07/2017
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