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SPLASC(H) RECORDS (CDH 666.2)

Stefano D'Anna Quartet
Carousel

1. Carousel
2. Coolwalk
3. Elena
4. Coasing
5. Seven Years
6. Hava a nice day
7. La Valse
8. Southern Comfort
(in memory of Giovanni Falcone)

Stefano D'Anna -
tenor sax
Pietro Ciancaglini -
basso
Roberto Gatto -
drums
Fabio Zeppetella -
guitar


All compositions by Stefano D'Anna

Cover: Peppo Spagnoli
Photo: Mauro D'Agati, Antonino Siracusa, Roberto Randazzo
 

Sculture di chiarezza
Vorrei dirvi tanto - tutto - di Stefano D'Anna ma non ne ho lo spazio. Vorrei suonare come lui ma i tempi d'apprendistato sarebbero interminabili e troppo dure le frustrazioni. Rimango qui e ascolto - cos'altro potrei fare, d'altronde? - "
Carousel". Vivo con profondità d'animo le venature moderne del suo tenore, i suoi gorgoglii, i fremiti cool, i grandi disgeli dei fraseggi lunghi, distesi con notine che sembrano stiracchiarsi: le testine rotonde e la gambetta affusolata in ordinata processione. Mi convinco che è sempre il vecchio Stefano. Quello omaggiato dalla guida Penguin con quattro stellette per il suo "Leapin' in" datato 1991 e firmato Splasc(h) Records (CDH 374.2): affezionato a Sonny Rollins e che pensa che i brani debbano essere sculture di chiarezza.

Sento in Stefano il prosecutore di una tradizione musicale di quando il jazz era meraviglia e curiosità. Anche, però, tanta paura.

R
isuona in questo suo lavoro quella sensazione di continua scoperta, la voglia di muoversi su un piano stabile ancorandosi a quelle poche (reali?) certezze che offre l'astrattismo musicale. Ma si coglie anche lo sguardo fiero di chi non ha paura d'esagerare perché sa di approfittare di un'abilità che gli consente di controllare anche quella dismisura: il sorpasso del livello di guardia. S'apprende da Stefano una forte carica di spontaneità e una percentuale - controllatissima e non troppo alta - di pionierismo che elettrizza.

D'Anna porta sul tenore una brillantezza che non è comune e rivela uno stile inconfondibile: chiaro, netto, levigato. Non è un perditempo, non confonde l'oro con il bronzo e sembra tenere un piede in due scarpe: è vivace il suo attaccamento nell'affrontare lo strumento con spirito d'oltreoceano così come l'attenzione - tutta italiana - per accendere la melodia. E per farlo gli basta un cerino: un veloce colpo di mano e si è già al centro della musica. Nel salotto del suono. Cattura, della sua timbrica, la trasparenza. L'essere immediato - ma quanto gli piace, a volte, prendersi gioco della pazienza dell'ascoltatore - deciso, infervorato da una simpatica follia. Ammiro, nel suo modo di comporre, la priorità ritmica e il senso di elasticità che avvolgono la melodia. La cristallina evoluzione che prevede sfere sonore a volte distanti fra loro catalogabili nei generi di cui s'imbeve il jazz, dall'hardbop ad una forma di pseudo-free caramellato (in "
Southern Comfort") e i guizzi dai
vertici della sua ancia con una particolare misura negli arrangiamenti: spazi aperti e preghiere al vento.

Stefano scandisce gli assoli con una tipica regolarità che - gira e rigira - avvicina costantemente chi ascolta a chi suona. La musica è selvaggia, libera, orgogliosa: vorrebbe fuggire e nascondersi. Vivere non solo intensamente ma anche un pochino più a lungo. È tutto un gioco: il musicista lo sa e giocando aumenta la sua creatività regalandone - tanta, tantissima - a chi ne apprezza la bravura.

"
Carousel" è così: rafforza e consuma i muscoli con una serietà mascherata. E gioca, Stefano, sempre all'attacco: in "H.a.n.d." (Have a nice day) si viene ipnotizzati da un istrione che corre a fronte alta, controvento, in un moto continuo che non prevede mai lunghe pause di riflessione ma solo respiri fisiologici.
È lui che dà il "la" e che trascina il quartetto alzando, con il suo scalpitare, nuvole di polvere per andare di nuovo all'arrembaggio.

Fabio Zeppetella lo marca a zona; a volte lo segue e sorride quando riesce a superarlo. Sfodera dagli effetti della sei corde tutto ciò che la sua fantasia gli permette di modellare. Suoni aerei e una spolverata d'elettronica per accordi d'atmosfera sono il bussare alla porta del silenzio. Un bussare che evita il fragore e diventa conciliante con la trama sonora nella quale si trova a dover operare. Parentesi soffici, suoni pneumatici, brontolii leggeri, arrabbiature celesti fanno parte del bagaglio di Fabio che si divide la torta con Stefano accomunati da un'intesa fraterna che non è mai un duello. Quando si è in formazione con Stefano tutto - è una caratteristica del personaggio - viene sottoposto ad un cambiamento "morfologico" immediato. Ogni singolo movimento deve seguire una logica caratteristica che è la sola a poter offrire la possibilità al resto dei musicisti di essere "in linea". È una regola, questa, che vale per tutte le formazioni dove ci sia un leader forte, dinamico ma non dittatoriale. Così anche il bumping di Ciancaglini - originale quanto vogliamo - sottostà ad un impulso - forte, tremendo - di nuova regolazione dove si arriva ad organizzare la stessa fantasia. Roberto Gatto non viola le regole, anzi le fa sue riproponendole in scatti elegantissimi, in balletti raffinati, in sussurri cerebrali: suoni quasi mimati. E il senso di libertà che si respira ad inalazioni costanti in questo carosello di suoni è più che mai vivo. Più che mai, raro. Più che mai, bello.
Davide lelmini - Aprile 1998



 

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Data pubblicazione: 17/08/2002





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