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Simone
Guiducci Gramelot Ensemble
Cantador
1.
Danza mantovana in 5/4 - 7:26
2. Cantador - 6:24
3. Al Saltafòs - 6:10
4. L'alba del bambino (a Giorgio)
5. Soèh (Suite in tre movimenti) - 8:08
6. Filastrocca senza nome - 9:43
7. Il fiume di pastaciutta - 10:23
Tutti i brani sono composti da Simone Guiducci
Simone Guiducci (chitarra acustica)
Fausto Beccalossi (accordion)
Achille Succi (clarinetto; clarinetto basso)
Salvatore Majore (contrabbasso; violoncello)
Roberto Dani (batteria;
percussioni)
photo by ARCIMMAGINE, Luciano
Rossetti
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Guiducci,
evitando quelle facili definizioni che rinchiudono in angusti limiti la musica,
permettendone però scambio e commercio, facile identificazione sugli scaffali,
ama definire la sua con un termine caro all'amico e maestro Gianni Coscia,
folclore immaginario. Niente di più efficace per sonorità che trovano le
proprie radici in un repertorio musicale folkloristico/popolare che, sedimentato
nel profondo, necessita di uno sforzo immaginativo per riaffiorare a memoria.
L'estro del chitarrista mantovano e dei suoi compagni di viaggio muove
proprio da questa premessa, e da qui procede per la costruzione di itinerari
musicali che sembrano direttamente scavati (neuronalmente e geneticamente,
direi) nei recessi del più lontano passato. Lontano in due diverse direzioni;
innanzitutto in un tempo socialmente diverso, in cui il legame tra musica e
vita, tra vita e natura, era più stretto e semplice, il tempo dei nostri nonni
probabilmente. Individualmente lontano in quanto interna voce intima vicina
all'infanzia e ad una concezione più ludica dell'esistenza, il tempo della
nostra fanciullezza. Non a caso il titolo del nuovo disco del Simone Guiducci
Gramelot Ensemble è "Cantador",
che in dialetto mantovano significa cantastorie; dove ancora ritorna il tema del
raccontare e, quindi, dell'esercizio dell'immaginazione e della memoria.
La
musica del Gramelot non è però mero gusto retrò; non si tratta di un'operazione
nostalgica o commemorativa; contaminandosi con sonorità fresche e con ritmi
spesso inusuali, i motivi godono di un vigore tutto odierno e di un'immediatezza
melodica che ha pochi eguali nel panorama contemporaneo.
Di tutti i dischi registrati dal gruppo quest'ultimo è sicuramente il più
riuscito. La maturazione procede al passo con il tempo e, se nel primo episodio
("Gramelot",
Esagono) era già presente quella poetica della memoria e della narrazione
che era andata consolidandosi nel secondo disco ("Sciarivarì",
Iktius), in questo terzo capitolo le fantasie poetiche dei cinque
musicisti, le strutture melodiche, armoniche e ritmiche di tutte le composizioni
sembrano muoversi nel tentativo di restituire un affresco unitario, granitico e
multicolore, segno di un'ispirazione continua e di un lavoro meticoloso.
Innanzitutto le composizioni.
I temi sono efficaci e melodicamente riusciti: il disco si apre con una
splendida introduzione di violoncello che accompagna l'ascoltatore verso il tema
di "Danza mantovana in
5/4" esposto da
fisarmonica e chitarra. Il clima che si crea è appena vellutato ed impalpabile;
all'energico solo di chitarra segue il sottile ed armonioso solo di accordion.
Il tema conclusivo si apre al pezzo successivo, "Cantador",
che, partendo in sordina, sfoga, dopo aver accennato al tema, in un leggero
ritmo di danza. Il tema, esposto da fisarmonica e clarinetto basso, si chiude
con uno splendido guizzo melodico su cui, per contrasto, si apre il solo di
chitarra.
Il
pezzo successivo, "Al
saltafoss" (pezzo già
presente nel disco di Guiducci con Mauro Negri: "Trios",
Velut Luna), introdotto da una fremente scossa percussiva di Dani,
sembra ricalcare la danza precedente, anche se ne incalza il ritmo e ne comprime
il fraseggio; (splendido nel tema l'ostinato con archetto di basso e il suo
successivo contrappunto). Al tema segue uno splendido solo di basso a cui segue
quello di clarinetto che non è da meno. La fine in crescendo di questo brano e
l'innesto per contrasto del lento successivo è una delle perle del disco.
"L'alba del bambino (a
Giorgio)", dedicato da
Guiducci al figlio, si apre con una suggestiva introduzione di chitarra che
converge ad esporre il tema. Un brano dal sapore raffinato in perfetto
equilibrio tra ballata e ninna nanna (da notare lo splendido assolo di
fisarmonica del sempre più sorprendente Beccalossi).
Con
il quinto pezzo, "Soèh",
è come se si aprisse una seconda parte apparentemente più articolata, più cupa e
austera, ma di non meno spessore della prima. Un reiterato accordo al
violoncello è la carta d'ingresso su cui si articola un ritmo e un'armonia che
ci ricorda vagamente la sonorità di Metheny con qualche nota del Rota felliniano
e di certo cinema italiano anni settanta; al tema segue un solo di chitarra e un
affascinante e curioso episodio d'insieme che prepara alla lirica entrata del
violoncello di Majore; a fine brano si riprende il tema iniziale con
qualche semplice variazione ritmica.
"Filastrocca
senza nome" inizia con
un'efficace, quasi oscura introduzione (circa due minuti) di sola fisarmonica
che sembra riprendere quelle sonorità balcaniche care a Klucevsek. Alla buia
introduzione sembra opporsi la luminosità del tema e nel complesso ne risulta
un'atmosfera dai toni cangianti ed inusuali in cui, alle tipiche sonorità
Gramelot, si alternano sonorità orientaleggianti. Ancora soli, chitarra, basso e
clarinetto basso, per poi tornare all'esposizione del tema iniziale, fino a
chiudere con un contrabbasso che sembra annunciare l'incalzare del brano
successivo.
Il disco si chiude
con "Il fiume di
pastasciutta"; un brano
che ad una cadenza quasi ossessiva contrappone la svogliata vaghezza del tema;
la festa dell'ozio di un dopo sbronza a pancia piena. Da notare come Guiducci
riesca, metamorfizzando temi già presentati in altri lavori, a trovare uno stile
e un gusto del tutto personali (in questo caso il "b", il ritornello del tema, è
un'abile ed efficace trasfigurazione di quel "Troublant Boléro" di Django
Reinhardt già presente nel disco con Gianni Coscia ("Scherzi,
Guizzi & Nuove Danze",
Iktius).
Ogni pezzo sembra essere sviluppo successivo a quello che lo precede e, nel
complesso, all'ascolto il disco risulta fresco e piacevole. Il Gramelot Ensemble
con questo lavoro ha raggiunto la piena maturità (si ascolti il bell'episodio
d'insieme al termine del solo di chitarra in "Soèh")
così come Guiducci, che firma tutte le composizioni del disco, ha scarnificato
le sue melodie portandole all'essenziale.
Rocco Maria Delillo
Il chitarrista/compositore intreccia sette composizioni che spandono una
fragranza popolare. Il suo è, da tempo, un folk-jazz che esalta la dimensione e
gli strumenti acustici, privilegiando chitarre, clarinetti, fisarmoniche,
contrabbasso, violoncello e percussioni. Popolare è, quindi, la cornice sonora (Danza
mantovana in 5/4,
Al Saltafòs)
ma l'operazione è raffinata, passa attraverso il jazz e la musica improvvisata.
Il nome del gruppo spiega tutto: "Gramelot" è una lingua inventata,
artificiale, che suona come una lingua esistente, è una metalingua.
Con
Fausto Beccalossi, Achille Succi, Salvatore Majore e
Roberto Dani, Guiducci tesse materiali vividi e colorati, morbidi nel
profilo melodico, appena più ruvidi nei soli, originali, d'autore. È un
post-moderno Cantador, sincero nell'ispirazione e felice nelle scelte sonore (Soèh,
suite in tre movimenti).
Il Manifesto
- Luigi Onori
(n. 24 del 17 06 2000)
The
"Simone Guiducci Gramelot Ensemble" intermingle Italian folk-ish themes with generous doses of
improvisation, modern jazz structures and well-orchestrated small group arrangements on this charming and thoroughly enjoyable effort
titled, Cantador.
Led by guitarist/composer Simone Guiducci, the musicians pursue catchy melodies and gleefully romantic Italian style themes to coincide with harmonious interplay and sharp
soloing. Guiducci is an ex-student of the legendary Mick Goodrick, which must have paid huge dividends given his
fleet-fingered, sonorous lines and extraordinary capabilities as an agile rhythm
guitarist. Yet the musician’s camaraderie and sense of oneness shines as accordionist Fausto
Beccalossi, clarinet/bass clarinetist Achille Succi, bassist/cellist Salvatore Majore and
drummer/percussionist *Roberto Dani round out this unique and rather modish group sound. On compositions such as
"Danza Mantovana" and "Al
Saltafos" the musicians turn in memorably melodic passages, crisp
soloing, jubilant motifs and vibrant dialogue atop the often complex, yet toe-tapping
rhythms. Here and throughout, the band is tight yet often maintain a lose
vibe, witnessed on sprightly pieces such as, “L’alba del bambino (a Giorgio)” and “Soeh (Suite in tre movimenti)” while exchanging lofty unison
choruses, along with pensive interludes that generally segue into momentous and
albeit, cheerful sequences.
Overall, the band skillfully injects cross-cultural statements and fresh concepts into traditional formats as the music and notions exhibited on Cantador expounds upon the ever
resourceful, non-complacent and seemingly restless Italian music scene.
Recommended! - * * * * All About Jazz, USA
- Glenn Astarita
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Data ultima modifica: 05/01/2008
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