Jazzitalia - Elliott Caine: Blues From Mars
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Rombus Records 2006
Elliott Caine
Blues From Mars


1. Blues for the revolution
2. El nuevo dia
3. Peace and love
4. La verdad es la verdad
5. After Trought
6. Bles from Mars
7. Mambolishus
8. Fields of jazz
9. Outside in
10. I thought about you

Elliott Caine - trumpet, flugelhorn
Justo Almario - tenor saxophone
Michael Rose - baritone saxophone
John Rangel - piano
Bill Markus - bass, electric bass
Kenny Elliott - drums
Muyungo Jackson - congas
Carl Randall - tenor saxophone
Antoine Cayito Dearborn - congas
Dj Bonebrake - vibraphone
Probyn Gregory - theremin, tannerin
Innocente Alvarez - congas



Animato da un'evidente verve e da un'inventiva tanto pirotecnica da apparire talvolta quasi poco interessata alla cura strutturale del brano, "Blues from Mars" è il terzo album di Elliott Caine.



I primi due ne hanno imposto il talento nell'àmbito del miglior mainstream d'oltreoceano, quello californiano, avvolto ed impreziosito dalla brillantezza cromatica del Latin jazz, come sembrerebbe rivelare la scelta del band leader di una ritmica in cui spesso compaiono, nel corso della musica proposta, le congas così come andamenti sonori di sapore caldamente caraibico.

Anche in questa prova l'afro ed il Caribe scanditi con tanto vigore disegnano tappeti sonori su cui Elliott così come il tenorsassofonista Carl Randall ed il vibrafonista DJ Bonebrake, in ottimo interplay, tessono alchimie armoniche di suggestiva atmosfera, tutt'altro che estranea – e ciò può sorprendere – allo stile Blue Note degli anni '60, cui del resto sembrano rimandare tutti i bravissimi musicisti con cui egli ha realizzato il cd.

La spontaneità dello spirito del musicista talora può tradursi in un'istintività un po' selvaggia, in impatti emozionali postbop che egli stesso sembra quasi non poter dominare. Ad un primo ascolto ciò potrebbe apparire, mancanza di "controllo" nell'improvvisare o addirittura nell'ideare il brano stesso. In realtà, a parere di chi scrive, gli effetti vocalizzanti del gioco dei mezzi pistoni e dei glissandi, così come la precisione nel registro sovracuto risultano frutto di ricerca dell'essenzialità del suono, come nell'irruenza e nel nitore di "La verdad es la verdad".

L'opera è non di rado connotata da un furore ritmico e da assoli brillantissimi che paiono dimostrare quanto il trombettista consideri importante più una propria crescita continua che l'iterazione all'infinito di "colpi di scena" di grande effetto e pari, immaginabile, presa sul pubblico.

Ecco allora che può essere colta, dal lato compositivo, una raziocinante inventiva, un'organizzazione dell'ensemble molto accurata, senza che mai i soli perdano in spontaneità, suscitando in chi ascolta l'emozione provata più volte nei fraseggi di un Clifford Brown, di un Fats Navarro o, come più intuibile, nell'inquieta e magnifica creatività di un Lee Morgan, uno di quegli strumentisti che nell'uso della tromba realizzò una voce individuale, irripetibile ed inimitabile.

Elliott appare coscientemente debitore tanto all'impeto ritmico quanto alla varietà timbrica di cui il trombettista di Philadelphia è ancor oggi maestro, e che sintetizzò in "The Sidewinder" cogliendo quasi alla sprovvista la critica americana. Morgan morì a 33 anni, ucciso a revolverate da una sua ex amante, di fronte al locale in cui si esibiva. Morì come aveva vissuto. La vicenda impressionò il pubblico che lo elesse a figura eterna d'artista inquieto e "maledetto". Elliott non manca di ricordarlo nei contrasti stilistici con i suoi sassofonisti, nella profonda espressività della sua sintassi jazzistica, nell'eleganza passionale del suo "tocco" Blue Note sì, ma così personale e, a ben sentire, profondamente introspettivo.

Varrà dunque la pena prestare attenzione a ciò che il talento del nostro potrà ancora offrire in futuro, augurandoci che anche in Europa abbia egli la volontà di esibirsi, se questi sono gli esordi…
Fabrizio Ciccarelli per Jazzitalia














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Data pubblicazione: 26/05/2007

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