|
Marius Neset
Birds
Edition Records, 2013
1. Birds
2. Reprise
3. Boxing
4. Portuguese Windmill
5. Spring Dance
6. Field of Clubs
7. The Place of Welcome
8. Introduction to Sacred Universe
9. Sacred Universe
10. Math of Mars
11. Fanfare.
Marius Neset - saxophones Ivo Neame - piano Jim Hart - vibes Jasper Høiby - double bass Anton Eger - drums Ingrid Neset - flute, piccolo flute Daniel Herskedal - tuba Bjarke Mogensen - accordion Tobias Wiklund - trumpe Ronny Farsund - trumpet Peter Jensen - trombone Lasse Mauritzen - French horn
Marius Neset, sassofonista norvegese rivelazione, incanta con i suoi
Birds
Probabilmente, l'unico affiancamento possibile tra i due sassofonisti norvegesi
Marius Neset e
Jan Garbarek
è la copertina vermiglia del loro passaporto. E sia detto con pieno e identico rispetto
e apprezzamento di entrambi. Le lame di ghiaccio di Garbarek sono distanti dal fuoco
terragno e quasi latino di questo giovane vulcanico compositore, nonché eccellente
sassofonista (tenore e soprano), che consegna il suo terzo album, "Birds" a soli
ventotto anni.
Un lavoro avviluppante, con frequentissimi cambi di ritmo, ispirazione, una composizione
a tratti disorganica e furibonda, come fosse davvero difficile per Neset contenersi
entro questa acqua in ebollizione e dovesse continuamente cambiare rotta. Molto
difficile, se non impossibile, annoiarsi o distrarsi: questo è un album che chiede
concentrazione anche per la varietà di strumenti scelti da Neset per le composizioni
in aggiunta alla sua solida band scandinavo-britannica con Anton Eger (NO)
alla batteria – e coautore di due brani – Ivo Neame (UK) al piano, Jasper
Høiby (DK) al contrabbasso e, infine, Jim Hart (UK) al vibrafono.
Qualsiasi cosa scriverà nel futuro, e per quanto lunga sarà la sua carriera, la
title track resterà per sempre la sua "Birdland". "Birds" è un pezzo che
contiene stimoli musicali da ogni direzione, un continuo cambiare di tempi, ispirazione,
tonalità; eppure profondamente coerente, come una vera sinfonia. Con generosità
e intelligenza usa ogni strumento e lo fa avanzare in modo imprevedibile, creando
un effetto da "zoo musicale", una corale quasi disneyana con cromatismi esplosivi
continui, come un'artistica composizione di fuochi d'artificio. Il ritmo cresce
fino a circa metà del pezzo, per assorbirsi in un momento di jazz soffuso, quasi
solo il pastoso sax di Neset su un tappeto di percussioni fino al fantastico atterraggio
sul rilancio sinfonico, a cui segue una finta conclusione che riapre invece una
nuova pausa quasi filmica dove domina un flauto traverso (suonato da Ingrid Neset,
sorella di Marius) estremamente descrittivo. Il brano sfuma in dissolvenza su quello
a seguire ("Reprise"), continuando gershwiniano e delicato fino a formare quasi
un brusio musicale cupo e incantato. E tutti i temi di questa colossale apertura
vengono come spiegati nei brani successivi, dove viene declinato dal bop
alla fusion, dal folk alla musica da banda, da quella cinematografica alla pastorale.
Il terzo brano, "Boxing" sembra proprio imitare l'intonazione della lingua norvegese,
quasi fosse una chiacchierata intramezzata da un segmento centrale più simile a
un'improvvisazione di jazz vicina al free, ricca del vibrafono di Jim Hart.
"Portuguese Windmill" è uno dei pezzi dove più si apprezza Neset come sassofonista,
che si esprime all'inizio con un sommesso sapore coltraniano, che atterra poi invece
in un suono fusion ampissimo pieno di cambi ritmici, fino al nuovo affondo di dolcezza
finale.
E dopo "Spring Dance", un brano dal sapore folkloristico con virtuosismi da musica
popolare alta,
"Fields of Club" cambia nuovamente le carte in tavola alternando il bop alla fusion,
con un groove che fa venire voglia di ballare se non fosse per un mix di tempi impossibile
da seguire.
"The place of welcome" è uno dei brani più puliti e lirici dell'album, dove risalta
il magnifico contrabbasso di Høiby e il vibrafono di Hart; sarebbe stato perfetto
con le sue note struggenti per chiudere l'album, se non ci fosse stata una soluzione
ancora migliore per farlo.
"The Sacred Universe", preceduto dalla sua "Introduction", ha un respiro molto largo
e filmico, con un sapore vagamente francese, ma anche se gradevoli e scorrevoli
(e se si apprezzano l'ottimo contrabbasso di Høiby, il piano di Neame e la batteria
di Eger), sono forse quelli meno interessanti sotto il profilo compositivo.
Titolo perfetto per la decima composizione, "Math of Mars", che ha un'atmosfera
stellare e notturna, con un senso malinconico e nostalgico che trascina la melodia
in un crescendo un po' marziale, come da scena di anticlimax conclusivo di un film
fumettone di fantascienza. E sulla coda della batteria marcettosa comincia il pezzo
conclusivo dell'album, "Fanfare", che riprende i temi di "Birds" in modo giocoso
e un po' circense, da big band della festa nazionale, per ritrovare completamente
la meraviglia irresistibile della title track negli ultimi due minuti conclusivi.
Marius, complilmenti, prima di tutto. Il tuo album è stato nominato come uno
dei migliori del 2013 da Ian Patterson di All
About Jazz's, meritatamente. Che ne pensi?
Grazie tantissime!, Sono sempre felicissimo che la mia musica venga apprezzata
dagli altri è la ragione per cui la facciamo: toccare il cuore delle persone, generare
felicità e altre sensazioni.
Ti piace più comporre o suonare i tuoi strumenti?
C'è una differenza, per me, ma allo stesso tempo, sono anche due cose che vivo
nella stessa maniera. Il modo in cui strutturi il pensiero, la forma, le melodie,
i ritmi e le armonie, seguono gli stessi principi sia nella composizione che nell'improvvisazione.
Da dove prendi maggiormente ispirazione? La tua musica è davvero ricca di immagini
cinematografiche. È qualcosa che attrae la tua attenzione?
Grazie. Parte della mia musica è molto cinematografica, a volte la testa mi si
riempie di immagini quando la genero, mentre in altre occasioni è un ambiente che
mi stimola la composizione, quindi immagino sia per questo che parte della mia musica
sia molto cinematografica.
C'è qualche musicista per il quale senti un "debito" di gratitudine particolare?
Sì, ho ascoltato tanti musicisti, ma quelli che sono stati maggior fonte di ispirazione
per me sono Charlie Parker,
Michael
Brecker,
Keith
Jarrett, Django Bates e
Wayne Shorter.
Inserisci un commento
Questa pagina è stata visitata 430 volte
Data pubblicazione: 16/03/2014
|
|