Mathias Claus, Ayako Shirasaki & Bob Albanese
Best of 1st International Jazz Solo Piano Festival 2009
Copyright-Jan Matthies Music Management (884502228991) Record Label: Jan Matthies Records
1. Hymn for the lost souls (Mathias Claus)
2. Old Folks (Mathias Claus)
3. Softly as in a Morning Sunrise (Mathias Claus)
4. Manhattan (Bob Albanese)
5. Time remembered (Bob Albanese)
6. Morning Nocturne (Bob Albanese)
7. Con Alma (Ayako Shirasaki)
8. Someday My Prince Will Come (Ayako Shirasaki)
9. Lennies Pennies (Ayako Shirasaki)
Mathias Claus - piano
Bob Albanese - piano
Ayako Shirasaki - piano
A Berlino, a marzo del 2009, si è svolto
un festival jazz riservato alle performances di solo piano. Si sono esibiti in quelle
serate tre pianisti non molto noti, almeno in Italia, ma con un'eccellente preparazione
tecnica. Il disco racchiude, appunto, una sintesi dei loro concerti. L'approccio
alla musica afro-americana, da parte dei protagonisti della rassegna germanica,
è di tipo illustrativo, celebrativo, si potrebbe dire. Sanno suonare il jazz e lo
dimostrano con la proposizione di brani "strabattuti" di repertorio, ma anche con
2 temi originali, rivelando perizia, buona conoscenza della materia specifica e
della storia del jazz in generale. Inizia il tedesco Mathias Claus. La sua
interpretazione dei due standards scelti più un "original" discende direttamente
dalla lezione di Art Tatum o di Oscar Peterson. All'esposizione dei temi, in termini
letterali, con un numero contenuto di note, si alternano scorribande sulla tastiera
con un virtuosismo non celato, ma neppure ostentato. Siamo di fronte ad un pianista
classico, con i piedi ben piantati nella tradizione dello swing e di tutto il movimento
precedente alla rivoluzione della fine degli anni quaranta con l'avvento del be
bop e del cool.
L'americano Bob Albanese raccoglie il testimone
dal "campione di casa" con competenza. Qui il riferimento è allo stile di
Bill Evans,
di cui tra l'altro viene ripreso un tema, "Time remembered", e al pianismo
neo-romantico in auge negli anni cinquanta-sessanta. Si avverte, insomma, l'influenza
di Errol Garner in particolare. Anche in questo caso non si possono sollevare dubbi
sulle capacità tecniche del musicista statunitense, che predilige un procedimento
discorsivo da "storyteller" e disegna atmosfere pensose o danzanti.
Chiude il disco la più interessante fra i tre, Ayako
Shirasaki. La pianista giapponese possiede un timbro sicuro, ben definito e
mantiene un pieno controllo delle dinamiche. Si sbizzarrisce, infatti, con le accelerazioni
e i rallentandi e fa risaltare, in ogni situazione, i piani e i forti. In più costruisce
frasi che lascia, riprende, ripete, costruendo una struttura ritmica dei vari brani
decisamente affascinante.
Siamo, in definitiva, davanti ad un disco che può incontrare
i favori di specialisti dello strumento e di studiosi che sognino di perfezionare
la loro tecnica un giorno alla "Berklee School of music". Il piano solo,
però, è una pratica complicata, difficile e può contare su autentici capiscuola
ancora in attività. Pensiamo a Jarrett e a Corea, prima di tutti. Una rassegna di
questo genere può, sì, servire a mettere in luce alcuni brillanti solisti, ma il
jazz con la J maiuscola, quello che guarda in avanti, che può aprire nuovi e inediti
scenari, non passa da queste parti.
Gianni B.Montano per Jazzitalia
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Data pubblicazione: 25/07/2010
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