Renato Meucci
Strumentaio
Il costruttore di strumenti musicali nella tradizione occidentale
Venezia, Marsilio, 2008
392 pp.,euro 29,00
La casa editrice veneziana inizia, con questo agevole manuale, la collaborazione
con la Fondazione Cologni dei mestieri d'arte, un'istituzione milanese privata non
profit, che si prefigge di salvaguardare e rilanciare i mestieri d'arte, una realtà
più che mai vitale e ricca di potenzialità per il futuro. L'Autore traccia un percorso
dal Medioevo ai nostri giorni, indagando sulla figura poco conosciuta dell'artefice
degli strumenti musicali, "lo strumentaio", la cui abilità tecnica è sempre passata
in secondo piano, travolta dal fascino del musicista-esecutore di gran fama. La
scelta di non esaminare i periodi più antichi, premette Meucci, deriva dal
fatto che solo a partire dal tardo Medioevo le fonti ci consentono di ricomporre,
pur se in maniera ancora lacunosa, l'ambiente e le modalità di costruzione, in particolare
per quanto riguarda organi e campane. Il libro, riccamente illustrato, si legge
tutto d'un fiato, alla maniera di un appassionante romanzo storico, grazie ad un'esposizione
chiara, una prosa non prolissa, e al tentativo, riuscito, di far capire anche al
lettore non particolarmente esperto, invenzioni e termini tecnici, essenziali nell'evoluzione
costruttiva. In ognuno dei cinque capitoli nei quali è suddiviso il volume – il
Medioevo, il Rinascimento, l'epoca barocca, Illuminismo e Romanticismo, il Novecento
– troviamo annotate le innovazioni che rivoluzioneranno la vita di uno strumento.
Alcuni esempi. L'irruzione, nel Medioevo, sulla scena
degli strumenti a corda, dell'archetto, proveniente, pare, dall'Asia centrale, dove
venivano prodotti e utilizzati eccellenti archi da caccia. L'idea potrebbe essere
nata strofinandone uno sulle corde degli strumenti a pizzico di allora – pensiamo
alla lira – traendone un nuovo tipo di suono. Questo efficace arnese avrebbe raggiunto,
percorrendo la via della seta, dapprima l'oriente musulmano e bizantino attorno
all'anno 900, poi la Spagna e quindi l'Italia meridionale, a partire almeno dalla
metà del decimo secolo. Proseguendo la lettura, scopriamo le due principali e radicate
invenzioni, datate verso la fine del XV°secolo, sugli strumenti a corde dotati di
manico: 1) la costruzione della cassa in più parti separate assemblate insieme ("in
carpenteria"); 2) l'adozione del ponticello arcuato. Basandosi su di esse, nel primo
‘500 si arriverà all'invenzione del violino e della viola da gamba. Risale al primo
‘400, invece, l'adozione di un progetto o disegno tecnico preliminare alla realizzazione
dello strumento musicale. Interessante, nel '700, la graduatoria d'importanza degli
strumenti, che corrispondeva ad una parallela gerarchia sociale dei musicisti che
a quegli strumenti si dedicavano. Al primo posto troviamo l'organo, poi gli strumenti
a pizzico o ad arco, infine gli strumenti a fiato. I percussionisti e, di conseguenza,
i costruttori di strumenti a percussione, non risultano inclusi, probabilmente perché
erano inquadrati in ambito civile o militare, e dunque la menzione in testi dedicati
alla musica d'arte appariva inappropriata.
Molto spazio è dedicato al pianoforte, lo strumento che ha subito le maggiori
trasformazioni, inventato da Bartolomeo Cristofori (1655-1732) alle soglie
del '700. Ad esso è dedicata un'appendice, nella quale è riportato un estratto da
"Cyril Ehrlich, the piano. A history" (1990), dove si descrive l'impresa
innovatrice, di fondamentale importanza, degli Steinweg/Steinway, la celebre ditta
fondata nel 1853. L'Autore, infine, analizza le nuove sonorità apparse nel Novecento,
un secolo caratterizzato da un cambiamento epocale, la possibilità di amplificare,
registrare e riprodurre i suoni. Tra gli strumenti sono sinteticamente descritti
gli organi elettrici, destinati al teatro e alle grandi sale di proiezione, di
Rudolph Wurlitzer (1831-1914), i mitici Hammond di Laurens Hammond
(1895-1973), il cui prototipo fu costruito nel 1934, mentre il modello B3 con percussione
incorporata, apparso nel 1955, risulta l'organo più venduto nella storia dello strumento.
Le chitarre elettriche Gibson (Orville Gibson 1856-1918), Fender (Leo
Fender 1909-1991), la Les Paul, soprannominata "the log", "il tronco",
uno strumento a corpo pieno, "solid body", cioè fatta di legno non scavato, quelle
dello svizzero Adolph Rickenbacher (1886-1976) e la Gibson Les Paul del 1952,
in competizione agguerrita con la Fender Stratocaster del 1950, forse la chitarra
più famosa al mondo. E ancora, il piano Fender Rhodes, nato da un'alleanza tra
Leo Fender e Harold Rhodes (1910-2000). Non poteva mancare il moog
di Robert Moog (1934-2005), inventato nel 1964, mentre la versione mini che
risale al 1971, dette il via, grazie ad una commercializzazione di massa, ad un
impiego dilagante dello strumento da parte delle rockstar internazionali: un nome
fra tutti, Keith Emerson, degli ELP.
Pensiero finale. Un libro appassionante e utile, che potrebbe stimolare ulteriori
ricerche su autori, strumenti, epoche e contesti sociali.
Giovanni Greto per Jazzitalia
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COMMENTI | Inserito il 19/5/2010 alle 12.14.30 da "lorenzo_frati" Commento: Il libro è adottato anche al corso di Organologia del Dams di Firenze, ha un approccio alla materia molto diverso e innovativo rispetto al manuale "storico" di Curt Sachs, meno sistematico e più tematico. Un difetto? il prezzo... | |
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Data pubblicazione: 25/01/2010
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